Quando si legge e si discute con astrofili relativamente alla qualità del proprio telescopio, quasi tutto il discorso verte sulla qualità delle ottiche in dotazione. Raramente viene affrontato l’argomento della meccanica che le sostiene e ne permette un corretto funzionamento.
Immaginiamo un telescopio riflettore, con un’ottica corretta di alta qualità, per esempio P-V 1/10 di Lambda, il che equivale ad un errore massimo sul fronte d’onda di 56 nm. Tralasciamo la parte relativa alla collimazione e al mantenimento della stessa, affrontiamo piuttosto le problematiche relative alle deformazioni delle superfici ottiche, comportate dal proprio peso rispetto al centro di gravità e/o a forze non controllate introdotte da pezzi meccanici. L’entità degli errori ammessi è piccolissima (1 nm = 1/1.000.000 di mm.), di per se non controllabile facilmente nemmeno con meccaniche molto sofisticate. Gli stessi valori di dilatazione del metallo possono introdurre errori sistematici. Ragioniamo sul fatto che in passato molti problemi venivano risolti, nei telescopi riflettori, con vetri molto spessi (per esempio tipico per un 300 mm. un vetro da 60 mm.), con le relative inerzie termiche e masse “poderose” richieste. Ma è anche vero che una volta era piu’ facile avere un telescopio in posizione fissa. Oggi un astrofilo è molto fortunato se puo’ disporre di un osservatorio fisso, e prevalentemente si deve spostare per le proprie osservazioni. Se prendiamo ad esempio uno specchio di 250 mm., con uno spessore di 50 mm. pesa ben 4,5 kg. circa, con uno spessore di 30 mm. circa 2,5 kg. Evidentissima la differenza tra le due masse. Resta che il primo puo’ anche essere sostenuto da una meccanica molto approssimata (esempio 6 punti di appoggio), il secondo è molto esigente in ogni componente che riguarda la sua cella di contenimento. In un altro articoletto di questa bibliografia viene spiegato grossolanamente in che modo si calcolano i punti di appoggio di una cella per telescopio riflettore, e si dimostra molto chiaramente come – in molte ottiche commerciali – sia perfettamente inutile spingersi a valori di correzione elevati, che vengono poi normalmente vanificati dalla meccanica economica ed approssimativa. Parlando di specchi primari non sempre viene posta la giusta cura nella collocazione e nel numero dei supporti flottanti (quando ci sono) del disco di vetro, e ancor meno si parla dei supporti laterali spesso causa di astigmatismo, scollimazioni, immagini stellari dalle forme piu strane. Talvolta, anzi quasi sempre, la regolazione del piano di una cella avviene con molle (commerciali) o con viti che tirano e spingono. Voi credete che le deformazioni sulla superfice metallica siano inferiori al grado di correzione P-V del vostro specchio? Non crediamo proprio, e talvolta ottiche buone vengono classificate come scadenti per questo problema. I supporti laterali sono un ulteriore punto dolente. Sono stati condotti molti studi interessanti su questo argomento. Purtroppo diventa molto difficile – in telescopi di piccolo diametro e che hanno dei budget di spesa ristretti – trovare soluzioni ben funzionanti e semplici. In grandi dobson vengono usate cinghie (o meglio cavi), ma questa soluzione vale solo per quel tipo di telescopio e per diametri sostenuti: avete mai pensato ad un RC da 250 mm. con il primario sostenuto da una cinghia? In telescopi commerciali si ricorre a tre viti poste a 120° serrate in modo impreciso e altrettanto collocate in modo impreciso. Purtroppo la collocazione di queste viti, il loro grado di compressione, il modo in cui incontrano il vetro, sono elementi importanti che vanno studiati e ponderati, senza poter – sfortunatamente – ricorrere a sistemi piu’ performanti (autocompensatori). Le forze che operano sulla cella non devono mai, in nessun caso, interferire con la massa vetrosa, ed inoltre – il disegno della meccanica deve permettere al vetro di raggiungere e mantenere la stasi termica il piu’ facilmente possibile. Ad una buona cella si deve accoppiare un buon tubo. Questa è la seconda regola fondamentale. Molti telescopi amatoriali soffrono di tubi che torcono e flettono sotto il proprio peso o quello di accessori che vengono applicati. Chi lavora con web cam o piccoli sensori di ripresa sa bene di cosa si sta parlando, e di come – in funzione del punto in cui è direzionato il telescopio – si assistano a strani fenomeni, a peggioramenti dell’immagine, a fuori fuoco quasi incontrollabili. Realizzare un buon tubo richiede in teoria la libertà di non avere vincoli di peso. Anche qui il problema dell’astrofilo moderno è che è principalmente itinerante. La conseguenza pratica è che si deve ricorrere a soluzioni progettuali complesse e costose se si vogliono prestazioni e pesi ridotti. Un buon tubo abbinato ad una buona cella per primario, riescono a mantenere la collimazione in qualsiasi condizione d’uso e anche con l’applicazione di accessori pesanti fuori baricentro. Proviamo ad applicare ad un tubo precario (tipicamente calandrato in metallo sottile), qualche accessorio, magari al fuoco newton, un telescopio guida e un pesante cercatore. Il risultato non sarà dei migliori, anzi, esperienze come in rinomati telescopi fotografici (neppure economici), hanno mostrato proprio li – a causa delle torsioni e flessioni del tubo – i loro punti deboli. Oggi – in strumenti di pregio (forse per il prezzo piu’ che per la costruzione), vengono applicati accessori molto pesanti: messa a fuoco da 3 o 4 pollici, oculari molto pesanti, oppure ruote porta filtri, CCD, DSLR , sistemi di ottica adattiva…….Molta tecnologia la cui gestione è estremamente complessa, soprattutto se quello che la sostiene non è adeguato. Il terzo elemento fondamentale è il sostegno dello specchio secondario. Ci sono studi molto approfonditi che esaminano in dettaglio quali siano gli schemi degli spikes con rendimenti migliori. Non sono questi esempi di buon senso progettuale e di “logica” costruttiva. Chiunque è in grado di capire che un secondario incollato si deformerà in continuazione, in funzione della dilatazione della base metallica e del modulo elastico della colla o del biadesivo. A questo punto le nostre ottiche ben corrette cosi’ non sono piu’, e se poi ci mettiamo anche un oculare da 3-400 euro pensando di sfruttarne le potenzialità…….beh è solo una pia illusione. Quando progettiamo il supporto per uno specchio secondario, è necessario prevedere tutti i gradi di libertà che richiede per poter ottenere una collimazione precisa e abbastanza stabile nel tempo, ma anche e soprattutto, prevenire le torsioni che l’asse centrale subisce a causa del proprio peso in funzione del posizionamento del nostro tubo. Commercialmente si risolve il problema, per modo di dire, con un tondino di alluminio o plastica tagliato e fissato su di uno snodo metallico, con tre vitine a 120°. Ne piu’ ne meno quello che si faceva 50 anni fa. Oggi le tecnologie moderne permettono ben altro, la correzione delle ottiche richiede ben altro, la qualità dei sensori e degli oculari esige ben altro. E’ fondamentale che il cono di luce che torna dal primario entri perfettamente nello spazio del secondario, previsto a progetto, e che da questo venga restituito corretto o perlomeno senza l’aggiunta di deformazioni. Se il nostro secondario non sarà in grado di mantenere il proprio asse meccanico, avremo un asse ottico sghembo e conseguentemente un costante fuori asse rispetto al centro del porta oculari. Non lavoreremo mai sfruttando al massimo le prestazioni dell’oculare. La messa a fuoco è un ulteriore elemento di disturbo, soprattutto quando non è realizzata con criteri di precisione adeguata. Se il nostro tubo flette o torce, gli assi non saranno ortogonali o allineati e anche la messa a fuoco porterà la sua parte di danni. Abbiamo testato alcune messe a fuoco cryford di prestigio e di alto costo (da 350 a 700 euro) ed abbiamo constatato come la qualità sia estremamente bassa, rivelando dei fuori asse di 0,6-0,8 mm. costanti! Peggio ancora per messe a fuoco di classe inferiore. In queste condizioni pensare di lavorare al “top”, magari dopo aver speso 10.000 euro, è un po’ un eufemismo…….la nostra vita osservativa sarà costellata di tribolati momenti passati a rimediare o a ricordare i problemi del nostro set up meccanico. sono grandi marchi – grandi intesi come qualificazione di prodotto e non come dimensione – che hanno un buon equilibrio tra qualità costante e prezzo di vendita. Altri hanno prezzi e qualità fortemente sbilanciati e non giustificati. Osserviamo molti telescopi commerciali e semi-artigianali. L’enfasi è posta soprattutto su di una presupposta qualità meccanica ed ottica, presupposta perché poi a strumento smontato si puo’ scoprire quanto questa qualità manchi. Si punta molto sulla resa estetica del prodotto, l’apparire è piu’ importante dell’essere, e a questo si devono imputare dei costi ben superiori al valore materiale del prodotto. Ci Se si vogliono capire fino a che punto i soldi richiesti dal costruttore hanno una valenza in rapporto al prodotto proposto, basta osservare – ad esempio – la parte meccanica. Ci riferiamo ad una intubazione per qualunque telescopio riflettore: il nostro tubo è ottenuto con un foglio calandrato e saldato? Se si, si sappia che questo è il sistema piu’ economico in assoluto per costruire una intubazione, si sappia che è anche il meno preciso ed il meno rigido.Abbiamo condotto alcuni esperimenti e ci siamo costruiti una tabella indicativa del valore prestazione di ogni tipo di intubazione per telescopi riflettori. Questa tabella prende in considerazione le questioni meccaniche e non ottico-meccaniche. |
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Tav. 1 – Qualificazione di una intubazione per telescopio riflettore (da 250 mm.) | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
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(*) f 15/5 è focale risultate, focale del primario, variando il secondo parametro variano i risultati. | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Abbiamo preso in esame questi due schemi, perché facilmente attuabili in laboratorio. Con che criterio si è stilata questa grossolana tabellina? Naturalmente senza nessuna presunzione di studio scientifico che richiederebbe ben altre metodologie e protocolli ben precisi. Si sono stabilite – costruendole – tutte le masse necessarie (e quindi celle, messe a fuoco ancorché non di qualità, e intubazioni), poi si sono eseguite delle prove pratiche misurando le flessioni e le torsioni dei tubi stessi, posizionandoli su di un supporto altazimutale e non osservando direttamente il cielo, ma basandosi su di una stella artificiale. Ovviamente la scientificità sta da un’altra parte. A conforto dei criteri con cui si sono svolti i test si è utilizzato un software di simulazione professionale che si utilizza normalmente nella costruzione meccanica e dei materiali compositi. |
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Tav. 2 – tabella esplicativa dei valori di giudizio. |
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(*) si considera come variazione dell’asse ottico, quando quest’ultimo ha spostamenti superiori a 0,05 mm. | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Tav. 3 – elementi strutturali presi in considerazione. |
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Tralasciamo ora la parte relativa alla intubazione, per non essere prolissi, e affrontiamo, sempre per poter ponderare accuratamente quanto vale in moneta sonante il nostro tubo ottico, e passiamo alla configurazione delle celle per primario e secondario.
La cella per primario puo’ essere realizzata in molti modi, rimandando alla lettura di un altro articoletto (Criteri sulla realizzazione di una cella per telescopi riflettori), le basi che guidano alla progettazione di questo importante componente, possiamo soffermarci sulla discriminazione finanziaria e prestazionale di vari tipi di cella |
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Tav. 4 – alcuni tipi di celle per telescopi riflettori (da 250 mm.) |
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A complicare le cose c’è ovviamente la problematica dei punti di appoggio laterali. Questi vanno realizzati a controllo, perché un posizionamento errato rispetto al centro di massa del primario introduce astigmatismo. Nei sistemi a monotubo il problema è scavalcato ma si deve ricorrere o a specchi conici o a specchi molto spessi, in caso contrario le flessioni stesse della lastra provocano errori di forma. In prossimità del tubo centrale si sviluppano deformazioni di forma, indipendentemente dallo spessore del vetro. Per questi appoggi laterali il loro posizionamento consente un errore massimo di 0,5 mm. rispetto al centro di gravità dello specchio, la parte che appoggia al vetro non deve essere puntiforme, ma quanto piu’ ampia possibile rigida ma “deformabile” e che segue il raggio r dello specchio. Non vogliamo disquisire ulteriormente sull’argomento, perché a questo punto occorrerebbe parlare della progettazione vera e propria di una cella…….. Le celle in legno dei molti telescopi dobson sono frequentemente portatrici di astigmatismo ed altre problematiche, tuttavia il fruitore di questi telescopi (molto aperti) non ha esigenze molto particolari al di là del centro dell’asse ottico, il dobson è intrinsecamente e psicologicamente uno strumento economico a cui vengono perdonate molte problematiche. |
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Tav. 5 – Alcuni tipi di supporto per specchi secondari |
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Al termine di questa rimescolanza di dati, ciascuno è in grado di (parlando di pura meccanica):
Il discorso si puo’ ampliare, ad esempio, valutando in che modo viene costruito il tubo calandrato, o tornito o il truss tube, anche qua ci sono molti elementi da valutare. Ricordiamo che ad una maggiore precisione corrisponde un maggior costo di lavorazione e una migliore qualità dei materiali. Spesso si adottano –in strumenti di prestigio – soluzioni molto economiche, perché si fa leva sulla valenza del marchio piuttosto che sulla qualità finale di un prodotto specifico |
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Elementi differenziali e di costo sulla intubazione di un telescopio riflettore