Categoria: ARGOMENTI TECNICI TELESCOPI

Retrofit rifrattore apocromatico con ottica Zen 145/1500

Durante tutto il periodo dedicato alla costruzione della nuova montatura equatoriale, il mio impegno era condiviso con il progetto di retrofit del rifrattore apocromatico che prevedeva la sostituzione del tubo ottico e l’ inserimento di una nuova flangia basculante sul fuocheggiatore della Feather Touch, acquistato sei anni fa per sostituire il Vixen mod. 102M.

L’ obiettivo, inserito su una doppia cella in alluminio Anticorodal nero anodizzata, e’ un tripletto ED (di vecchia data)  a contatto in olio che presenta una apertura utile di 145 mm e una lunghezza focale di 1500 mm, pari ad un rapporto di f 10. L’ elemento anteriore prevede un vetro tipo Ohara S-FPL 51 associato a due vetri Flint a dispersione anomala di cui uno asferico.  La scelta della focale di 1500 mm  permette una correzione dello sferocromatismo al limite di diffrazione per le  righe “C” (656nm – rosso), “e” (5,46nm – verde), “F” (480nm – blu),  “g” (436nm – violetto).  Le due superfici aria–vetro sono trattate antiriflesso con un monostrato al fluoruro di magnesio (MgF2) di colore azzurro. La spaziatura in olio forma un monoblocco omogeneo e trasparente, a dimostrazione che questo metodo di protezione contro le riflessioni, col passare del tempo, non pone alcuna problematica sulle superfici vetrose.

 


L’obiettivo inserito nella doppia cella

Il tubo ottico in alluminio  ha un diametro esterno di 210 mm ed e’ spesso 5 mm ( per parte). Tutte le flangie di interfacciamento con la cella dell’ obbiettivo, con il supporto del fuocheggiatore e i sei diaframmi sono stati realizzati dal pieno. Il tubo e’ stato lavorato e portato a misura al tornio, in modo da eliminare l’ ovalizzazione interna e poter quindi inserire alle due estremita’ la controcella e la flangia basculante con il minimo gioco possibile. I diaframmi sono stati dimensionati per avere sul piano focale un cerchio di luce di 20 mm e sono fissati al tubo ottico tramite grani a 120°. Sulla superficie interna delle flangie di interfacciamento e sul paraluce, sono presenti numerosi microsolchi che, assieme al velluto nero posizionato su ogni parte del tubo ottico, consentono di minimizzare i riflessi interni.


Il paraluce inserito sul tubo ottico. Si notino i microsolchi sulla superficie interna

Il fuocheggiatore e’ un Feather Touch della serie 3545 con messa a fuoco a pignone e cremagliera coniche, completamente rotante e dotato di demoltiplica 09:01. Il progetto costruttivo, molto impegnativo dal punto di vista meccanico, elimina parte dei giochi e non obbliga serrare eccessivamente il sistema, che risulta essere fluido e regolare. Gli accessori da due pollici vengono bloccati sul piano focale tramite un meccanismo autocentrante, ma per avere una presa sicura, e’ opportuno utilizzare barilotti con profilo privo di scanalatura. Il draw tube ha una escursione di 114 mm ed e’ provvisto di una scala graduata millimetrica che permette di raggiungere grossolanamente il fuoco nelle varie configurazioni. Con un collimatore il fuocheggiatore ha evidenziato un punto dolente: il draw tube non e’ esattamente ortogonale al fascio ottico e durante l’ escursione si sposta dal suo centro ideale. Per correggere il disallineamento e’ stata inserita tra il fuocheggiatore e il tubo ottico una pesante flangia basculante che mi permette inoltre di controbilanciare il peso dell’ ottica.

Date le circostanza ho ritenuto opportuno bloccare definitivamente il collare filettato che tiene in sede l’accoppiamento filettato flangiato a profilo conico. Per eseguire la rotazione a 360° è stato realizzato un congegno meccanico che viene collegato sul terminale filettato Witworth (24 filetti per pollice) del draw tube (End Cap). Con questo accorgimento non si ruota tutto il fuocheggiatore, come da progetto, ma solo gli accesori. Questa modifica accorcia il back focus di 27mm.


Il congegno meccanico che consente la rotazione a 360°

Costruito in alluminio Anticorodal lavorato dal pieno e complementato con due cuscinetti assiali a rullini di 95 mm di diametro, il dispositivo presenta una lunghezza di 40 mm, un diametro massimo di 112 mm e un peso complessivo di 500 grammi. Il progetto si basa sul principio della rotazione tramite albero-boccola.

L’albero in questo caso è forato al centro e opportunamente dimensionato per permetttere al cono di lkuce di arrivare su piano focale. Il movimento è ulteriormente stabilizzato per mezzo dei due cuscinetti assiali a rullini che sono contrapposti fra loro e precaricati. Le tre manopole zigrinate posizionate a 120° hanno il solo compito di bloccare gli accessori nella posizione desiderata durante l’osservazione.

Il telescopio e’ montato all’ interno di due anelli di supporto “RING NortheK” molto resistenti. Il lato esterno di questi anelli, e la relativa struttura, permette il collegamento di qualsiasi piastra tipo Losmandy o Vixen. Per facilitare il bilanciamento del telescopio in declinazione, e’ stato inserito tra la slitta Losmandy  e il morsetto, un congegno meccanico a traslazione con lettura della posizione, utile per spostare il telescopio anche di pochi millimetri e per evitare improvvisi scivolamenti della slitta.


Il congegno meccanico collegato sul draw tube

Il cercatore e’ un Meade 8X50 con messa a fuoco elicoidale. Il telescopio ha un peso di 30,2 chilogrammi  (comprensivo di anelli, barra tipo Losmandy, cercatore e paraluce) e raggiunge la lunghezza di 165 centimetri con fuocheggiatore retratto e paraluce (320 mm) inserito a pressione.

L’interferenza delle inerzie termiche sulle prestazioni del proprio telescopio è poco considerata tra gli appassionati. Tuttavia non esiste telescopio che non sia esente dal dilemma delle correnti d’aria dentro il tubo e dei differenziali termici tra il vetro e l’ambiente esterno. Il problema è molto complesso e sarebbe opportuno porre rimedio dapprima, in fase di progettazione iniziale. Il generoso diametro del tubo ottico protegge la corona più esterna del fascio ottico dall’azione di disturbo dei moti turbolenti.

Per minimizzare la turbolenza strumentale e locale, il telescopio, a riposo, è collocato in un stabile in lamiera coibentata, ben ancorato sul cemento armato. Per osservare invece, viene posizionato nel prato erboso lontano dall’abitazione.

La collimazione preliminare dello strumento è stata eseguita in due fasi utilizzando un collimatore autocostruito. Nella prima fase, si posiziona il collimatore sulla flangia di interfacciamento del fuocheggiatore: regolando le tre coppie di viti della cella, si fa coincidere il centro dell’obiettivo con quello del tubo ottico (e dei diaframmi).


Il collimatore posizionato sulla flangia di interfacciamento del fuocheggiatore

Nella fase successiva, il collimatore viene inserito sul fuocheggiatore: regolando le tre coppie di viti della flangia basculante, (in questo caso e’ possibile osservare e correggere contemporaneamente) si fa coincidere il centro dell’obiettivo e del tubo ottico precedentemente collimati, con quello del draw tube. La collimazione preliminare e’ terminata quando, i riflessi portati a coincidenza con il centro dell’ obiettivo, rimangono tali passando dalla posizione intra-focale a quella extra-focale e viceversa. Per perfezionare la collimazione (osservando una stella ad alti ingrandimenti) si deve agire sulle tre coppie di viti della cella.

Lo strumento finalmente è pronto e l’anticiclone ha nel frattempo conquistato la Pianura Padana. La notte del 16 Giugno ho verificato la collimazione osservando Arturo in visione diretta, con un oculare NLV da 2,5 mm a 600 ingrandimenti: l’ottica è risultata collimata. Con un oculare ortoscopico da 4 mm di focale e barilotto da 24,5 mm a 370 ingrandimenti, ho osservato le immagini di diffrazione in intra ed extra focale, vicino al fuoco, evidenziando (come da sempre) anelli ben definiti con una buona distribuzione della luce in modo uniforme, in assenza di colori spuri e virtualmente identiche.


Il collimatore posizionato sul draw tube del fuocheggiatore

Non si percepiscono tensionamenti e astigmatismo. Osservando la stella a fuoco  si vede il disco di Airy circondato da un sottile e debole anello di diffrazione. Anche le precedenti osservazioni del pianeta Venere avevano confermato una correzione cromatica nel visuale molto spinta, indice che l’ottica è stata progettata con un buon compromesso tra la correzione del colore, dell’aberrazione sferica e del controllo dello sferocromatismo.

A prescindere dalle attitudini individuali per un osservatore visuale planetario sono necessarie molte ore all’oculare prima di percepire i particolari prossimi al limite di risoluzione e sebbene per molti appassionati questa pratica sembra abbia fatto il suo tempo, ci sono ancora coloro che consapevolmente perseguitano questa antica tradizione che ci ha insegnato a osservare il cielo e le sue meraviglie. Si può rimanere esterrefatti di fronte a certe foto planetarie ricche di dettagli, ma la sensazione che si prova all’oculare di quello che si guarda è impagabile.

La luna è uno degli  oggetti del sistema solare che più amo osservare. Sul suolo lunare cerco di scovare quei dettagli ostici che in certe condizioni di illuminazione e librazione favorevoli si possono osservare, anche per pochi attimi. La perseveranza in questo caso assume un ruolo importante. L’osservatore che si applica con costanza acquista una maggiore esperienza di quello saltuario, o coloro che in una notte (e ne conosco parecchi) “saltellano” con il loro strumento da un oggetto celeste all’altro. La sera successiva ho puntato il telescopio su Saturno osservando con il binoculare Mark V e una coppia di oculari Ortho Genuine 12,5 mm a 120 ingrandimenti.

 


Per sostenere un rifrattore di 30 chilogrammi e di leva consistente, serve una solida montatura realizzata secondi i canoni della precisione meccanica

Per percepire meglio i colori e i dettagli superficiali, ho iniziato le osservazioni al crepuscolo, con il cielo ancora abbastanza chiaro. Il pianeta degli anelli esibisce tutto il suo fascino, esaltato anche dall’illusione di tridimensionalità che viene fornita dal visore binoculare. A fronte di un buon seeing ho forzato gli ingrandimenti a 205X, con la stessa coppia di oculari e un correttore ottico 1.7X.

Il buon potere risolutivo dello strumento ha permesso di ammirare l’anello B, il tenue anello a velo C, il minimo di Encke e alcune bande sul globo. Successive osservazioni di Saturno eseguite ad intervalli sino alla fine del mese hanno evidenziato immagini di grande tranquillità e una buona resa dei dettagli anche ad alti ingrandimenti, fino a 315X, con la stessa coppia di oculari e un correttore 2.6X.

Chi oggi ha barba e capelli bianchi ricorda certamente il mitico rifrattore acromatico da 120 – 150 mm di diametro, a fuoco f 15, montato adiacente al grosso riflettore negli osservatori astronomici di tutto il mondo e usato principalmente per osservazioni planetarie, lunari e di stelle doppie.

Con l’evoluzione degli schemi ottici, che ha reso possibile la costruzione di  rifrattori apocromatici con rapporti di apertura sempre più spinti, questi gloriosi strumenti sono stati ritenuti superati e perfino declassati dalla maggior parte degli appassionati.

Nel corso degli anni ho avuto occasione di osservare all’oculare di rinomati TMB e Astro Physisc a fuoco f6 – f7 (fra i migliori dell’ottica apocromatica) riscontrando con sorpresa che il contrasto e la correzione ottica erano alla pari del mio strumento, che ciononostante presenta un obiettivo costruito con metodi di lavorazione di trenta anni fa.

Questi apo corti inoltre hanno il problema dello sferocromatismo residuo di progetto che si manifesta come una maggiore sensibilità alla turbolenza e fa perdere il fuoco molto facilmente. Osservare all’oculare di uno strumento dove spesso e volentieri sei tentato di rifuocheggiare non è certamente il massimo, soprattutto per un visualista puro dell’alta risoluzione.

La qualità ottica di questo tripletto di 145 mm di diametro,  aperto a f 10 e lenti a contatto in olio, è molto buona. Sebbene sia stato costruito con vetri ritenuti superati, lo strumento, quanto a immagini planetarie, è in grado di rivaleggiare con un lussuoso apocromatico di ultima generazione.  Il tubo ottico è stato realizzato con la massima cura e attenzione alle tolleranze di lavorazione.

Saluto e ringrazio Massimo e Mauro Boetto per la collaborazione offerta, grazie del Vostro aiuto.

 Caratteristiche ottiche Specifiche tecniche
Schema ottico Tripletto superacromatico a contatto in olio
Apertura ottica effettiva 145 mm
Lunghezza focale 1500 mm
Rapporto focale f. 10
Vetri obiettivo Flint asferico*  –  Flint*  –  S-FPL 51
Trattamento antiriflesso Fluoruro di Magnesio (MgF2)
Diametro del campo di piena luce 20 mm
Back Focus 160 mm
Caratteristiche meccaniche Specifiche tecniche
Cella obiettivo Registrabile per collimazione
Diametro massimo del tubo ottico 210 mm
Diaframmi interni al tubo ottico Nr. 6
Diametro del paraluce a innesto cella 220 mm
Diametro del paraluce all’ obiettivo 180 mm
Lunghezza del paraluce 320 mm
Lunghezza massima del tubo esclusi accessori 1650 mm
Messa a fuoco (registrabile per collimazione) Feather Touch FTF 3545 (senza rotazione a 360°)
Cercatore standard 8X50
Peso del tubo ottico senza accessori 30,2 Kg.
 * Il costruttore si riserva di specificare le caratteristiche ottiche

 

Roberto Milan 

Retrofit Dall Kirkham 316 mm f 20 Costruzione Ottiche Zen

Sono appassionato in osservazioni di Luna e pianeti da sempre e ho iniziato ad osservare nel lontano 1980 con il Konus Alcor, un Newton da 114 mm, sostituito poi dal glorioso rifrattore Vixen 102M acromatico.

Dieci anni dopo ho acquistato un rifrattore apocromatico, ottica Zen con obiettivo spaziato in olio da 150 mm f 10, intubato in conto terzi e ceduto probabilmente a causa di una controversia tra il cliente (il telescopio era in un osservatorio) e il costruttore che ha eseguito l’intubazione. Quest’ultima infatti era a dir poco oscena, a vedere il tubo mi son sentito male….ricordo che aveva i diaframmi ritagliati con una cesoia da lattoniere, per non parlare poi del fuocheggiatore e di tutto il resto! Comunque accettai l’offerta ben sapendo che dovevo rifare l’intubazione e, a distanza di vent’anni sono il felice possessore di uno splendido apocromatico che mi ha dato, e mi da ancora, grandi soddisfazioni.

Le condizioni di seeing dal cielo  sotto cui osservo, zona pianeggiante lontano da laghi e catene montuose, mi permettono di osservare molte notti all’anno e questo mi ha spinto ad acquistare, due anni fa dal costruttore Romano Zen , un riflettore Dall Kirkham da 316 mm con primario a f 5 e 6 metri di focale.

Il tubo, in alluminio calandrato da 3 mm, è lungo 1350 mm e ha un diametro esterno di 350 mm. Internamente sono presenti due anelli ad inizio e fine tubo che servono per sostenere il supporto del secondario e la culatta. Su quest’ultima non ci sono le ventole di raffreddamento e lo spazio tra il tubo e la periferia del primario è di soli 15 mm. Sebbene lo strumento fosse posizionato all’esterno in un capanno, la turbolenza strumentale, generata probabilmente da colonne d’aria insistenti nel tubo e da una termostatazione della massa vetrosa difficile da raggiungere, rendeva lo strumento utilizzabile solo per poche notti all’anno.

Le immagini fornite sono decisamente meno stabili e incise che nel rifrattore, anche nelle notti di buon seeing. Di fatto, è inevitabile che più grosso è il telescopio, più il medesimo risenta della turbolenza atmosferica che cancella dettagli che pure sarebbero alla portata dello strumento, ma è anche vero che da sola non può rendere invisibili quei dettagli che un telescopio più piccolo riesce a mostrare in condizioni analoghe.

Il problema a questo punto si fa complesso: che fare?  Durante una ricerca sul web ho scoperto per caso il sito della NortheK, una azienda che realizza ottiche, meccaniche e materiali compositi in campo astronomico, che non avevo mai sentito nominare nei vari forum popolari e nelle riviste astronomiche. Dopo aver letto attentamente gli argomenti tecnici pubblicati sul sito, mi resi conto che forse avevo trovato una risposta al mio problema e così ho chiamato Massimo Boetto, consulente tecnologico del Maxproject Team, e da quel giorno è iniziato un rapporto di amicizia e di collaborazione sia con Massimo che con Mauro (progettista in meccanica di precisione).

Mi hanno consigliato di assemblare le ottiche del mio Dall Kirkham con una intubazione a traliccio del progetto modulare UnitorK 35 e di sostituire il supporto dello specchio secondario (quest’ultimo era incollato) con il modello AxyS A1.

Nel frattempo, avendo la possibilità di lavorare alle macchine utensili e con l’aiuto di un amico tornitore, decisi di sostituire la cella e il paraluce del primario.Quest’ultimo era avvitato direttamente sulla culatta senza nessuna possibilità di centrare lo specchio primario che veniva poi bloccato, in tensione, dalla ghiera. Il fuocheggiatore, un cryford della JMI da 400 euro, era avvitato direttamente sulla culatta, niente di particolare ovviamente, ma c’era un problema: tra i vari pregi presenta un difetto che si riscontra più o meno in quasi tutti i fuocheggiatori commerciali, ossia che tra il corpo e il cannotto di scorrimento della messa a fuoco c’è uno scostamento, nel mio caso, di ben 5 decimi! In questo caso se il fuocheggiatore è collegato direttamente sulla culatta succede che il corpo è in asse, mentre il cannotto, dove poi si inseriscono gli accessori risulta spostato proprio di 5 decimi.

Con le modifiche apportate, la cella del primario, il suo paraluce e il fuocheggiatore sono inscritti in un sistema meccanico ben preciso e registrabili indipendentemente. In questo modo tutte le regolazioni meccaniche permettono il mantenimento delle assialità e il set ottico andrà così portato alla regolazione con lievi movimenti di tutti gli elementi, compresa anche la messa a fuoco che adesso è collegata alla culatta del telescopio con una flangia basculante.

Consegnatomi il truss, completo di supporto AxyS A1, ho montato e regolato tutti i componenti meccanici con un calibro a cursore da 300 mm  cinquantesimale ed infine ho inserito le ottiche e collimato il tutto. Lo strumento ha un peso complessivo di 32 kg. Ho potuto apprezzare pienamente la realizzazione, le finiture e il materiale usato della struttura a traliccio in stile “naked”, un serrurier totalmente aperto e con barre in alluminio (il progetto originale utilizza barre in carbonio). La struttura ha una lunghezza di 1335 mm, una larghezza di 500 mm e un peso di 18 chilogrammi. Ogni parte della intubazione è realizzata con materiale idoneo allo scopo cui è destinata: i materiali usati sono lega di alluminio Halo 25, l’acciaio e i tecnopolimeri a matrice autolubrificante. Una nota molto interessante sono le barre tipo Losmandy (AW 361), robustissime, installate di serie (2).

Parte integrante del sistema UnitorK è il supporto per specchi secondari AxyS A1, un pezzo meccanico molto complesso dotato di traslatore orizzontale centesimale, di un doppio supporto in lega Halo 25 e di una crociera a tre razze in acciaio che irrobustiscono tutto il sistema in modo adeguato. L’ottica viene posizionata su un barilotto che nella sua parte anteriore ha un sistema di tenuta ammortizzato su o-ring in gomma, mentre nella parte interna appoggia su pezzi di feltro per lasciare il disco di vetro libero di dilatarsi in modo opportuno. Il centraggio all’interno del barilotto avviene tramite grani laterali con un sistema per il controllo delle dilatazioni termiche.

La grande lunghezza focale di questo strumento lo rende particolarmente adatto alle osservazioni visuali e per l’imaging ad alti ingrandimenti. L’ostruzione è del 32% un rapporto certamente elevato, ma bisogna tenere presente che il diametro e la lunghezza dei paraluce dei due specchi sono stati calcolati  per sopprimere la luce laterale che potrebbe entrare direttamente nel campo dell’oculare e questo provocherebbe una degradazione delle performances dello strumento ben superiori di quelle che avrebbe comportato una ostruzione inferiore.

Per sopprimere i riflessi che generano luce diffusa, il paraluce del primario è stato costruito con sette diaframmi a cono di luce opportunamento calcolati, mentre il paraluce del secondario è stato costruito con un diaframma che porta il cono di luce a 79 mm. Per eliminare eventuali difetti di forma sulla periferia dello specchio primario, bordo ribattuto o rialzato, è stato posizionato poco sopra di esso un anello in alluminio tornito che riduce l’apertura a 310 mm.

In una delle foto pubblicate, noterete che tra il fuocheggiatore e la torretta binoculare c’è un collegamento insolito: si tratta di un pezzo meccanico precisissimo opportunamente  disegnato per mantenere in asse qualsiasi accessorio e, al suo interno, è stato ricavato un diaframma disegnato a cono di luce. E’ una proposta alternativa ai classici raccordi standard da 50.8 mm che, nella maggior parte dei casi, sono costruiti con tolleranze molto ampie, con il risultato di avere accessori e oculari sempre fuori asse.

Altro pezzo meccanico molto utile e pratico da utilizzare è il sistema micrometrico inserito tra il morsetto e la slitta Losmandy (AW 361) che facilita l’operazione di bilanciamento del telescopio in declinazione (il sistema è ancora in fase di progettazione e deve essere migliorato esteticamente). Quanti di voi sarebbero capaci di bilancare l’asse in declinazione su una montatura equatoriale alla tedesca che ha sul groppone un telescopio da 32 chilogrammi? Scommettiamo che non ci riuscite? Con questo accessorio invece l’operazione viene eseguita tranquillamente da una sola persona e in tutta sicurezza, provare per credere!

Prova sul campo.

Lo star test è stato eseguito osservando una stella alta sull’orizzonete in una serata di buon seeing a 1150X, usando il diagonale a specchio con un oculare Pentax XL 5,2 mm. La meccanica adesso mi permette di collimare il treno ottico in maniera precisa e semplice anche a folli ingrandimenti! Le immagini di diffrazione intra e extrafocale sono quasi perfettamente identiche, non è stato percepito nessun errore zonale, ne aberrazione sferica residua. Incredibilmente la turbolenza atmosferica è sparita e le immagini stellari a fuoco sono molto secche e performanti, l’obiettivo quindi è stato brillantemente raggiunto, e nel corso delle notti di osservazione non ho più notato gli effetti tipici delle colonne d’aria calda e piume di calore a cui ero purtroppo abituato.

 

Martina (11 anni) con il telescopio del suo papà. Autorizzazione del Sig. Roberto Milan

 

Sebbene lo specchio primario conico, molto spesso nella parte centrale ed esile ai bordi, abbia dei differenziali di stabilizzazione termica non uniformi, la soluzione proposta dai consulenti della NortheK, di lasciare le ottiche completamente esposte all’aria, si è rivelata una scelta positiva.

Per avere un tiraggio sufficiente per poter impiegare il binoculare Mark 5 ho regolato il back focus ruotando la manopola del traslatore orizzontale centesimale di AxyS A1 e ho osservato Saturno con una coppia di oculari Ortho Genuine da 18 mm a 340X.

Per verificare se la meccanica mantiene gli assi e quindi la collimazione, ho messo il pianeta perfettamente a fuoco da un lato del meridiano e ho provato a ribaltare il telescopio sul lato opposto: incredibilmente Saturno era ancora perfettamente a fuoco! Il diametro generoso di questo strumento lo rende particolarmente adatto all’osservazione lunare. Ho utilizzato il Mark 5, ormai irrinunciabile per le mie osservazioni visuali, con oculari Ortho Genuine da 12.5, 9 e 7 mm (480X – 670X – 860X) provando quella sensazione di tridimensionalità che questo accessorio offre e sopratutto, ho notato la totale assenza di luce diffusa. Adesso lo strumento è in grado di fornire immagini  molto dettagliate e contrastate con parecchi dettagli fini come le rimae, i massici montuosi, i corrugamenti e molti craterini che prima erano “invisibili” sono ad un tratto “risolti”….. La “sfida” con l’apocromatico questa volta la vince e non poteva essere altrimenti, il riflettore!

Alla prossima!

(seguono fotografie e scheda tecnica)

Il telescopio sulla montatura equatoriale alla tedesca autocostruita

 


Giunto sul sistema UnitorK 35. Si noti l’accuratezza e la precisione della lavorazione


Il supporto AxyS A1 visto dallo specchio secondario, si noti l’assenza delle riflessioni all’interno del paraluce


Il sistema micrometrico inserito tra il morsetto e la slitta AW 361 utile per eseguire in tutta sicurezza il bilanciamento dell’asse di declinazione


L’insolito collegamento fra il fuocheggiatore e il diagonale prismatico Zeiss


Il nuovo paraluce: si noti l’anello o-ring in gomma da 8 mm di diametro che tiene fermo lo specchio primario

Caratteristiche ottiche Specifiche tecniche
Schema ottico Dall Kirkham
Apertura ottica effettiva 310 mm
Spessore del vetro primario 51 mm
Diametro del secondario 85 mm
Spessore del vetro secondario 15 mm
Vetro specchio primario e secondario Pyrex
   
Focale primario 1500 mm
Rapporto focale f 5
Fattore di moltiplicazione del secondario 4x
Focale equivalente 6000 mm
Diametro del campo illuminato 79 mm
Campo di piena luce 18 mm
Back Focus 320 mm
Ostruzione effettiva comprensiva della meccanica 32%
   
Diaframmi paraluce primario 7+1
Supporto specchio secondario NortheK AxyS A1
Truss tube NortheK Unitork 35 (alloy version)
Diametro massimo della struttura 500 mm
Lunghezza massima della struttura esclusi accessori 1335 mm
Aggancio coda di rondine/piastra di aggancio NortheK AW361
Cercatore standard 8×50
Messa a fuoco Crayford JMI EV1c (corsa 16 mm)
Supporto messa a fuoco Regolabile in asse e basculante
Cella Regolabile in asse e basculante
Paraluce primario Regolabile in asse e basculante
   
Peso specchio primario 5 kg
Peso cella primario compreso paraluce 5,5 kg
Peso UnitorK 35 + 2 piastre AW361 18 kg
Peso AxyS A1 con specchio secondario 1,9 kg
Peso fuocheggiatore EW1 con raccordo flangiato 0,9 kg
Peso tubo ottico senza accessori 32 kg

 

Roberto Milan  ©