Categoria: ARGOMENTI TECNICI TELESCOPI

Consumismo astronomico, a chi giova?

Sicuramente non al cliente. Dal nostro punto di vista l’argomento va inquadrato con una impostazione ben precisa e che analizza a fondo i desideri e le esigenze dell’astrofilo moderno.
Quali sono i motivi che portano alla sostituzione del proprio strumento? E’ necessario sostituire il proprio telescopio o una parte di esso? Quanto puo’ valere il cambio in termini di resa finale e in termini economici? Sono una serie di domande a cui non è facile rispondere, in quanto molto soggettive e vincolate dalla situazione personale di ciascuno. Vediamo di approfondire, parzialmente sicuramente, ma comunque di trarre degli spunti interessanti.
Gli astrofili si dividono in molte categorie, in parte obbligate in funzione delle proprie conoscenze tecniche (non economiche), in parte da situazioni contingenti (luogo di osservazione e tempo disponibile), assunti questi due termini possiamo quindi partire dal neofita in tutti i sensi per finire poi al piccolo gruppo di astrofili super specializzato in grado di fare ricerca scientifica, o al singolo con medesime capacità.
Chiedersi perché si cambia strumento se si è neofiti è molto semplice: si aspira a qualcosa di più completo, o si deve per forza eliminare il “bidone” del primo acquisto fatto in buona fede. Economicamente parlando un neofita sta di norma in cifre modeste, come è giusto che sia, visto che a priori non sa se e quanto durerà la sua passione e, soprattutto, non ha ancora le conoscenze tecniche per disquisire in modo corretto sui vari settori osservativi (che si legano indissolubilmente allo schema ottico scelto). Purtroppo si parte da neofiti e con la strumentazione di conseguenza che il mercato “consumer” mette facilmente a disposizione a pochi euro, per poi continuare a riempirsi di paccottiglia spendendo tempo e risorse, senza mai concludere in molti casi con un set up modesto ma degno di un marchio qualitativo/prestazionale. Naturalmente non è sempre così, per fortuna alcuni prendono coscienza dei vari prodotti presentati nel mercato e cercano, limitatamente alle proprie risorse logistico/amministrative, di salire a gradini superiori.
Il mercato degli strumenti astronomici è saturo. Oggi, indipendentemente dalla disponibilità finanziaria, è possibile trovare di tutto e di più. Non a caso i produttori orientali continuano nella discesa dei prezzi: hanno saturato il mercato e sta diventando difficile mantenere i volumi per loro vitali alla sopravvivenza. Questa discesa dei prezzi ha corrispondenza anche con una discesa qualitativa. Quando un prodotto orientale si avvicina alla qualità occidentale non è più economico e concorrenziale. Ecco apparire giocattoli curiosi, magari con marchi automobilistici, insignificanti tubetti in composito lunghi 10-20 cm., livree coloratissime e quant’altro. Insomma si cerca di stimolare il ricambio dello strumento, ma – fondamentalmente – il prodotto è sempre il medesimo, non cambia nulla o quasi. Da questa mania consumistica vengono colpiti spesso e volentieri i meno esperti e i più giovani che dissipano così le risorse disponibili in un bene che non è sicuramente duraturo.
Giova ricordare come sia difficile prendere coscienza di quello che si sta acquistando. Ad esempio un telescopio da 400 mm. venduto a 2500 euro è molto allettante e viene comperato con molto entusiasmo. Di solito qua si inserisce il discorso volere e non potere……..perché poi si scopre che l’ottica è rugosa come la carta vetro, che il tubo flette, che la messa a fuoco è sghemba, che quando lo vendo come usato lo svendo, e via discorrendo. Nei vari testi inseriti nella nostra piccola bibliografia stiamo cercando di impostare un “modello comportamentale” il più corretto possibile, che accompagni anche chi, avendo poca esperienza, è impaurito da certe richieste finanziarie.
Non è questo il momento di discorrere sul fatto che un diametro o uno schema è meglio di un altro, che vedo di piu’ o vedo di meno, che lo posso autocostruire ecc.. Sono argomenti che esulano da questa questione per il momento.
Alla fine, se parliamo dell’astrofilo singolo, quello che conta è la valutazione del luogo osservativo (adeguato, inadeguato, mobile o fisso), il resto è strettamente legato a questo parametro. Cioè se si compera un dobson da 300 mm. e si abita a Milano, va da se che per usarlo proficuamente ci si dovrà spostare, e quindi lo si userà raramente e si dovrà essere disposti a molti compromessi. Non potrà comunque essere uno strumento definitivo, perché a Milano è possibile anche usare un rifrattore più piccolo per osservazioni del Sistema Solare, tutte le sere che se ne ha voglia.
Così c’è chi si compera strumenti esteticamente molto belli, ma pesantissimi, e dopo tre volte che ha fatto lo spostamento li lascia nelle scatole ad impolverarsi, o subito li rivende. Magari spendendo anche cifre ragguardevoli, perché oltre al tubo ci vuole la montatura, il sensore fotografico (classico questo, gli astrofili di oggi sembrano attratti solo da questa attività ripetitiva), la ruota portafiltri, il portatile e via discorrendo. Parliamo qua di strumenti da 300-400 mm. di apertura, e cioè di questioni importanti, ma che il mercato orientale ha reso accessibili a prezzi molto bassi. Questo spesso vale anche per diametri minori, ecco un turbinio immenso nel mercato degli usati, siti specializzati traboccano di materiale simile e – casualmente – gli strumenti di pregio qualitativo sono pochi e subito spariscono.
Con l’avanzare degli anni e quindi delle esperienze personali di ciascun astrofilo, si viene a delineare e a consolidare una preferenza personale sulla tipologia delle osservazioni, sulla logistica, sul giudizio degli strumenti. C’è chi rimane nel mercato “consumer” per scelta personale sia perché non ritiene il proprio hobby importante da richiedere certe spese, o più semplicemente perché in ogni caso non può affrontare questi costi. Ma – purtroppo – c’è anche chi vi rimane perché, preso dalla foga di provare sempre telescopi nuovi, non ha ancora capito le potenzialità di quanto ha comperato in precedenza, una forma di “shopping compulsivo” a tutto beneficio dei distributori.
Possiamo affermare senza ombra di dubbio che, superata la fase iniziale e di orientamento, l’astrofilo che investa i propri denari in strumenti di pregio ha fatto e farà sempre un buon investimento sia per il ritorno su di un eventuale usato (che verrà lontano nel tempo), ma anche e soprattutto perché un buon tubo ottico o una buona montatura non fanno sentire la mancanza di qualche centimetro in piu’ di apertura, magari traballante e precario.
L’essenziale e fondamentale è prendere coscienza delle potenzialità del proprio strumento e questo lo si può fare solo con lo studio e la sperimentazione, in una buona esecuzione i campi di applicazione sono immensi e l’unico vincolo è quello dettato dall’ottica (apertura e schema), se poi una montatura adeguata permette di spremere al massimo il diametro dell’obiettivo, siamo propensi a garantire che il ricambio strumentale non verrà sentito molto presto. A quel punto si dovrà fare un salto anche in termini di apertura e il nostro vincolo sarà solo il cielo disponibile e la postazione osservativa.
In definitiva è lecito affermare che superati i primi momenti di smarrimento in cui si cerca il telescopio più grande possibile al prezzo più basso possibile, la fase successiva dovrebbe essere orientata a strumenti di indubbia qualità ottica e meccanica che permettano al proprietario di esplorare in continuazione tutti i domini osservativi consentiti.

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Qual’è il miglior strumento per l’alta risoluzione?

(Testo liberamente tradotto da Massimo Boetto su autorizzazione di Thierry Legault, il medesimo testo è disponibile in francese e inglese al sito dell’Autore: www.astrophoto.fr)

Un celebre astronomo ha dichiarato “la peggior parte dello strumento è l’atmosfera”. Questo era certamente vero per gli strumenti che utilizzava, ma in realtà la maggior parte delle immagini lunari e planetarie amatoriali sono più limitate dallo strumento che dall’atmosfera. Lo strumento è l’elemento più importante, e occorre prestargli una grande attenzione.

Il tipo di strumento.

Ugualmente se delle leggere differenze possono apparire tra i vari telescopi, tutti i tipi di strumento sono capaci di dare dei buoni risultati in alta risoluzione: rifrattori, Newton, Cassegrain, Schmidt-Cassegrain, ecc. La qualità ottica e meccanica del telescopio è più importante che il suo schema ottico.

La qualità ottica e meccanica.

Tenendo conto delle piccole dimensioni dei sensori CCD e delle lunghe focali utilizzate in alta risoluzione i campi sono molto ridotti. Di conseguenza non abbiamo bisogno di avere uno strumento capace di dare una immagine puntiforme su di un campo piano molto grande. La sola cosa veramente importante è la qualità dell’immagine che deve essere perfetta.
La qualità dell’immagine data da un telescopio dipende egualmente dalla sua qualità meccanica, specialmente dai suoi sistemi di vincolo delle parti ottiche e dal sistema di messa a fuoco. Se lo strumento è difficile da collimare, se le sue ottiche sono mal posizionate o ancora se il suo sistema di messa a punto manca di precisione, uno strumento così, anche se munito di una eccellente ottica non produrrà mai buoni risultati.
Per saperne di più sulla valutazione di uno strumento, vedere Star Testing Astronomical Telescope.

Il diametro dello strumento.

Le leggi sulla diffrazione della luce ci confermano che la dimensione dei dettagli piu’ fini che possiamo rilevare in un telescopio è inversamente proporzionale al suo diametro. A pari qualità uno strumento grande mostra teoricamente più dettagli di uno piccolo.
Ma il grande strumento è più affetto dalla turbolenza atmosferica, e per conseguenza la sua efficacia è ridotta in modo importante. Inoltre, l’immagine osservata in un grande telescopio appare meno stabile, questo vuol giustamente dire che il rendimento relativo del telescopio di grande diametro è meno elevato. E egualmente la sua superiorità è minima nelle medesime condizioni, a meno di concentrare più luce, da cui tempi di posa più corti (un vantaggio molto importante nella lotta contro la turbolenza!). La sua superiorità diventa evidente nei momenti in cui la turbolenza si calma. Questa è la ragione per cui diaframmare uno strumento non migliora il suo potere risolutivo, salvo si tratti di un’ottica di cattiva qualità.
Il problema è che è molto difficile produrre una buona ottica, e soprattutto, tenendo conto dei problemi di affidabilità meccanica, equilibrio termico e di regolazione, è ugualmente molto difficile padroneggiare uno strumento di grande diametro. In fin dei conti va meglio un ottimo piccolo strumento ben padroneggiato che un mastodonte mal utilizzato! La corsa al diametro ha i suoi limiti….

Rifrattori o riflettori?

Una discussione senza fine! Bene se si incontrano degli ayatollah dei rifrattori vi giureranno che in tutte le circostanze un rifrattore dà migliori risultati, non è ragionevole essere così categorici. Ogni tipo di strumento ha i suoi vantaggi e i suoi inconvenienti, ed è più o meno adattato all’uso per il quale è destinato.
Per l’alta risoluzione, il rifrattore presenta i seguenti vantaggi:

  1. un rifrattore di lunga focale dona una immagine più stabile, meno sensibile alla turbolenza atmosferica.
  2. Il tubo di un rifrattore è chiuso, il vento non vi entra e l’aria contenuta all’interno è più stabile (tuttavia, certi riflettori come gli Schmidt-Cassegrain condividono questo vantaggio).
  3. Il fascio luminoso attraversa una sola volta il tubo del rifrattore, contro le due volte di un Newton o tre volte di un Cassegrain o Schmidt-Cassegrain. I movimenti d’aria nel tubo, dovuti a una messa in temperatura imperfetta, hanno meno influenza sulla qualità delle immagini.
  4. Una deformazione (termica e meccanica) di una superfice ottica si traduce in una deviazione del fascio luminoso quattro volte inferiore in una lente rispetto a uno specchio.
  5. Un rifrattore non possiede l’ostruzione centrale dovuta allo specchio secondario.
  6. La tolleranza per la messa a punto è più ampia su di un rifrattore che su di uno specchio primario molto aperto come quello di uno Schmidt-Cassegrain.

L’assenza della collimazione in un rifrattore di piccolo diametro è un elemento di comodità, non un vantaggio tecnico.
Senza dubbio, un rifrattore sarà di impiego più facile e fornirà in alta risoluzione dei risultati un po’ migliori che un riflettore della medesima apertura, soprattutto sui pianeti. Ma comparare un rifrattore e un rifrattore di diametro uguale non è interessante che per un ottico, non per l’amatore il cui scopo è di ottenere le migliori performances possibili con un budget limitato. Ad un prezzo uguale, i vantaggi di un riflettore, in cui il diametro è nettamente più importante (da due a tre volte), sono i seguenti:

  1. Il supplemento di diametro compensa ampliamente gli effetti dell’ostruzione e permette di ottenere una migliore risoluzione e un miglior contrasto. Un rifrattore, per quanto perfetto sia, non può superare le leggi della diffrazione, le sue performances sono limitate dalla sua apertura.
  2. Il supplemento di diametro permette di raccogliere più luce, e questo è un vantaggio importante in fotografia e in riprese CCD (la diminuzione dei tempi di posa permette di lottare meglio contro la turbolenza) cosi’ anche nell’osservazione visuale (l’occhio ha bisogno di luce per distinguere bene i contrasti deboli).

A prezzo uguale, un buon telescopio, benché più esigente (collimazione accurata, messa in temperatura più vincolante), permetterà di ottenere migliori risultati in alta risoluzione se ci si prenderà la pena di padroneggiarlo. Il rapporto risoluzione/prezzo è più favorevole al riflettore. Jean Dragesco ha mostrato, in High Resolution Astrophotography, che le migliori immagini ad alta risoluzione realizzate negli anni passati da amatori (G. Thérin, D. Parker, I. Miyazaki, C. Arsidi) sono state tutte prese con dei telescopi da 200 mm. a 400 mm. anche ostruiti a più del 30%.
La massima attenzione deve essere posta alla correzione cromatica di un rifrattore, soprattutto se si tratta di un acromatico semplice, in quanto i sensori CCD correnti sono essenzialmente sensibili nel rosso e nell’infrarosso prossimo. Dei test devono essere effettuati ed un filtro freddo (KG3) deve eventualmente essere installato davanti alla camera, l’inconveniente di un tale filtro è che diminuisce la sensibilità effettiva del sistema di un fattore 2 circa.

 Thierry Legault ®

www.astrophoto.fr