Categoria: TELESCOPI COMPLETI

NortheK 230

Una famiglia di strumenti per l’astrofilo.

NortheK, tra i vari prodotti realizzati e in fase di costruzione, ha adottato la politica di lavorare in funzione del diametro ottico, e da quest’ultimo ricavare una intera famiglia di telescopi.
Questa scelta è motivata dal fatto di poter aumentare la tiratura dei tanti pezzi comuni e di ridurre il costo di conseguenza, dando quindi il massimo della qualità possibile in quella fascia di prezzo.
Attualmente la famiglia “230” mm è composta da:

  • Ultra 230 – un newton classico 230 mm f 6 – all carbon
  • D.K  230 – un dall kirkham 230 mm f 12 – sia in alluminio che in carbonio
  • Scout 230 – un astrografo 230 mm f 3,8 – all carbon

Ogni strumento ha le sue prerogative e i suoi ambiti d’uso. Così il newton f 6 rimane molto universale e utile per qualsiasi impiego, il Dall Kirkham sfrutta una focale non esasperata ma un tubo corto, l’astrografo sfrutta la sua grande luminosità (aumentabile fino a 2,8 con apposito correttore spianatore) per chi vuole fare il pieno di grezzi in una notte.

La serie 230 utilizza messe a fuoco Feather Touch da 2″, provviste di demoltiplica.

 

Le ottiche sono garantite e certificate, costruite in Suprax di basso spessore per consentire un adeguamento termico veloce e ridurre il peso di tutto lo strumento. Tipicamente la correzione di base è PtoV 1/10 – rms 1/30 – Strehl 0,96. Il costruttore è Oldham Optical, manifattura inglese di lunga esperienza e che è diventata oramai partner affidabile di NortheK.

Il costruttore ha cercato dunque di realizzare un telescopio semplice, molto robusto e facile da trasportare. Il costo è un elemento fondamentale per questa fascia di utenza e in questo caso non è ovviamente paragonabile ad un prodotto orientale, ma piuttosto ad uno strumento definitivo venduto a prezzi ancora abbordabili per molti appassionati.

Un altro elemento importante è, ad esclusione dello Scout 230 per ovvi motivi, il desiderio di poter montare questi tubi anche su montature economiche. La struttura in carbonio molto robusta e un peso contenuto consentono di sfruttare gran parte dei supporti in commercio, con grandi vantaggi per chi fa – ad esempio – solo osservazioni visuali.

Il modello Ultra 230 f 6 si presta ottimamente per diverse applicazioni d’uso.

 

Naturalmente, per economie di scala, anche su questa serie di telescopi vengono montati elementi che si trovano in telescopi di diametro maggiore (la serie 250): messa a fuoco Feather Touch, supporto per secondari ad alta precisione AxyS e cella a elementi flottanti. Sempre per questa ragione non si sono montati i micrometri di collimazione posteriore ma si è mantenuta la classica regolazione con viti push pull a microfiletto. Nelle nuove produzioni viene anche montata la ventilazione forzata di serie, assente fino agli ultimi esemplari.

Tutti i modelli si assomigliano nei componenti, anzi sono praticamente uguali , variando solo alcune misure meccaniche, questo ha permesso di abbattere fortemente i costi di produzione, tanto che il costruttore garantisce la assenza di torsioni o flessioni della intubazione entro i carichi prescritti dalla messa a fuoco.

Il modello Scout 230 è provvisto di serie della motorizzazione Feather Touch, applicabile come optional anche in tutti gli altri modelli

 

Il primo di questa famiglia è il DK  230, un Dall Kirkham 230 mm f 12 (2700 mm) con ostruzione contenuta e di altrettanto contenuto ingombro. Questo telescopio da grandissime soddisfazioni nella osservazione visuale o nell’imaging planetario, pur montandolo su montature di fascia bassa (il modello in lega pesa 12 kg, il modello in carbonio pesa 9 kg). Va in temperatura molto velocemente, è facile da usare ed è praticamente pronto all’impiego. L’unico accessorio consigliato in caso di imaging planetario o in generale è la motorizzazione della messa a fuoco, venduta a parte.

Viene fornito con due anelli molto robusti e una barra Losmandy assistita da un’altra piastra contrapposta che è utile per applicare strumenti in parallelo (gli anelli sono costruiti in modo da poter ospitare una o più piastre in qualsivoglia posizione). Il DK  230 è un telescopio nato per chi ha difficoltà logistiche o di spazio ma vuole comunque avere uno strumento ben performante che sia di ampia soddisfazione per molti anni. Nulla viene lasciato al caso, si pensi che il tubo in alluminio è ricavato da un estruso di 10 mm di spessore portato a 4 mm e a 7 mm nei punti di rinforzo. Se questo può sembrare esuberante per i carichi del tubo medesimo, non lo è quando applichiamo carichi paralleli o pretendiamo che il sistema di supporto del secondario operi in modo corretto durante la collimazione.

Il Dall Kirkham 230 mm f 12 è un ottimo strumento per uso planetario.

 

Il secondo modello della serie 230 è Ultra 230, un newton classico f6, un lungo fuoco dunque che non estremizza gli impieghi ma diventa il classico e amato newton tuttofare. Realizzato in fibra di carbonio per contenere i pesi (15 kg) e dare resistenza alla flessione del tubo, Ultra 230 ha un secondario di dimensioni ancora contenute (ostruzione circa 30%) che permette ottimi lavori sia in alta risoluzione che in deep sky. A richiesta si montano altri secondari. Ultra 230 è un buon telescopio per chi ha una postazione semi fissa, per esempio in giardino, e si deve prendere solo l’onere di caricare il tubo sulla montatura. Questo telescopio può essere considerato uno strumento definitivo (magari con in parallelo il rifrattore acromatico da 100 mm f 13 per il Sole e la Luna) per gli appassionati che non vogliono o non possono sovraccaricarsi di strumentazione pesante, costosa e difficile da utilizzare. 230 mm è già un’ottima apertura che può dare grandi soddisfazioni e d’altro canto non richiede accessoriamenti particolarmente costosi (esempio sensori ccd molto grandi), rimanendo dunque in un ambito di strumento strettamente amatoriale di alta esecuzione tecnica.

Il suo trasporto è comunque facile e accessibile, anche con una utilitaria, per potersi posizionare in cieli più bui o dal seeing favorevole. La focale primaria di 1380 mm consente, con l’interposizione di barlow 2-3x di raggiungere focali adeguate alla fotografia planetaria, inoltre in visuale non obbliga all’uso di scomodissimi oculari dal fuoco troppo corto.

Anche Ultra 230 ha il corredo come il DK  230. Tutti i modelli di questo costruttore si intendono pronti all’uso, con anelli, cercatore, piastre di aggancio ecc.

La versione Dall Kirkham è disponibile in alluminio o in carbonio, completa di anelli, barra Llosmandy/Vixen e contropiastra.

 

Il terzo e ultimo modello della famiglia è il più sofisticato e dedicato agli astroimager di buona esperienza. Il costo non è molto popolare, tuttavia rimane un telescopio specialistico e studiato per sensori medio piccoli (diametro del campo corretto e spianato con correttore apposito, circa 20 mm). Si tratta di un newton 230 mm f 3,8 che può essere utilizzato con un semplice correttore commerciale, oppure con un correttore dedicato da 2”  più costoso, ma che ne riduce il rapporto focale a f 2,7. Uno strumento dalle prerogative tecniche ben chiare (la collimazione è un pilastro fondamentale per poterlo usare a f 2,7), ma estremamente utile per raccogliere grandi quantità di grezzi da elaborare successivamente. Questo strumento è studiato per sensori ancora ben reperibili dagli astrofili, mentre per sensori maggiori si è optato per un modello da 250 mm (NortheK NW 250 EVO con correttore da 3”), e carichi sulla messa a fuoco modesti. Questo a vantaggio della trasportabilità e compattezza.

Il costruttore sottolinea come questo telescopio, con rapporti focale cosi estremi, evidenzia in modo impietoso ogni problematica relativa anche ai sensori o ai sistemi di supporto (ruote portafiltri), tanto che prima di scegliere tutto il setup consiglia un incontro per comprendere bene le prerogative dello strumento e ottimizzare gli acquisti.

Orientativamente i tre modelli oscillano tra i 9 e i 15 kg di peso complessivo, con la variante della leva per il fuoco newton. Ciascun modello richiede – a seconda delle proprie disponibilità – la scelta della montature idonea. Per il resto sono praticamente molto simili e con poca pratica si possono padroneggiare spremendoli fino all’ultimo fotone.

La serie “230” è praticamente un sistema dedicato a chi vuole spendere per uno strumento definitivo, che lo appaghi per molto tempo, senza essere ammorbato da mode, costruzioni approssimative e poco versatili. Questi telescopi sono pensati per chi opera da normali cieli europei e nel caso dello Scout 230 quando deve trasferirsi può produrre una grande quantità di materiale da elaborare poi con calma, sfruttando al massimo il viaggio e la notte favorevole.

I secondari sono provvisti del micrometro centesimale per l’esatta collocazione dello specchio secondario.

 

I modelli “230” sono ovviamente customizzabili e accessoriabili secondo le richieste del cliente.

NortheK ™

Elementi differenziali e di costo sulla intubazione di un telescopio riflettore

Quando si legge e si discute con astrofili relativamente alla qualità del proprio telescopio, quasi tutto il discorso verte sulla qualità delle ottiche in dotazione. Raramente viene affrontato l’argomento della meccanica che le sostiene e ne permette un corretto funzionamento.

Immaginiamo un telescopio riflettore, con un’ottica corretta di alta qualità, per esempio P-V 1/10 di Lambda, il che equivale ad un errore massimo sul fronte d’onda di 56 nm. Tralasciamo la parte relativa alla collimazione e al mantenimento della stessa, affrontiamo piuttosto le problematiche relative alle deformazioni delle superfici ottiche, comportate dal proprio peso rispetto al centro di gravità e/o a forze non controllate introdotte da pezzi meccanici.

L’entità degli errori ammessi è piccolissima (1 nm = 1/1.000.000 di mm.), di per se non controllabile facilmente nemmeno con meccaniche molto sofisticate. Gli stessi valori di dilatazione del metallo possono introdurre errori sistematici.

Ragioniamo sul fatto che in passato molti problemi venivano risolti, nei telescopi riflettori, con vetri molto spessi (per esempio tipico per un 300 mm. un vetro da 60 mm.), con le relative inerzie termiche e masse “poderose” richieste. Ma è anche vero che una volta era piu’ facile avere un telescopio in posizione fissa. Oggi un astrofilo è molto fortunato se puo’ disporre di un osservatorio fisso, e prevalentemente si deve spostare per le proprie osservazioni.

Se prendiamo ad esempio uno specchio di 250 mm., con uno spessore di 50 mm. pesa ben 4,5 kg. circa, con uno spessore di 30 mm. circa 2,5 kg. Evidentissima la differenza tra le due masse. Resta che il primo puo’ anche essere sostenuto da una meccanica molto approssimata (esempio 6 punti di appoggio), il secondo è molto esigente in ogni componente che riguarda la sua cella di contenimento.

In un altro articoletto di questa bibliografia viene spiegato grossolanamente in che modo si calcolano i punti di appoggio di una cella per telescopio riflettore, e si dimostra molto chiaramente come – in molte ottiche commerciali – sia perfettamente inutile spingersi a valori di correzione elevati, che vengono poi normalmente vanificati dalla meccanica economica ed approssimativa.

Parlando di specchi primari non sempre viene posta la giusta cura nella collocazione e nel numero dei supporti flottanti (quando ci sono) del disco di vetro, e ancor meno si parla dei supporti laterali spesso causa di astigmatismo, scollimazioni, immagini stellari dalle forme piu strane.

Talvolta, anzi quasi sempre, la regolazione del piano di una cella avviene con molle (commerciali) o con viti che tirano e spingono. Voi credete che le deformazioni sulla superfice metallica siano inferiori al grado di correzione P-V del vostro specchio? Non crediamo proprio, e talvolta ottiche buone vengono classificate come scadenti per questo problema.

I supporti laterali sono un ulteriore punto dolente. Sono stati condotti molti studi interessanti su questo argomento. Purtroppo diventa molto difficile – in telescopi di piccolo diametro e che hanno dei budget di spesa ristretti – trovare soluzioni ben funzionanti e semplici. In grandi dobson vengono usate cinghie (o meglio cavi), ma questa soluzione vale solo per quel tipo di telescopio e per diametri sostenuti: avete mai pensato ad un RC da 250 mm. con il primario sostenuto da una cinghia? In telescopi commerciali si ricorre a tre viti poste a 120° serrate in modo impreciso e altrettanto collocate in modo impreciso. Purtroppo la collocazione di queste viti, il loro grado di compressione, il modo in cui incontrano il vetro, sono elementi importanti che vanno studiati e ponderati, senza poter – sfortunatamente – ricorrere a sistemi piu’ performanti (autocompensatori).
In fase di progetto meccanico la cella del primario è fondamentale per poter usare ottiche ben corrette. Ovviamente in un grosso dobson con montature in legno e ottiche corrette a 1/5 di P-V, magari in vetro BK7 con forte dilatazione termica, questo discorso è un po’ ininfluente, ci sono ben altri problemi……

Le forze che operano sulla cella non devono mai, in nessun caso, interferire con la massa vetrosa, ed inoltre – il disegno della meccanica deve permettere al vetro di raggiungere e mantenere la stasi termica il piu’ facilmente possibile.

Ad una buona cella si deve accoppiare  un buon tubo. Questa è la seconda regola fondamentale. Molti telescopi amatoriali soffrono di tubi che torcono e flettono sotto il proprio peso o quello di accessori che vengono applicati. Chi lavora con web cam o piccoli sensori di ripresa sa bene di cosa si sta parlando, e di come – in funzione del punto in cui è direzionato il telescopio – si assistano a strani fenomeni, a peggioramenti dell’immagine, a fuori fuoco quasi incontrollabili. Realizzare un buon tubo richiede in teoria la libertà di non avere vincoli di peso.  Anche qui il problema dell’astrofilo moderno è che è principalmente itinerante. La conseguenza pratica è che si deve ricorrere a soluzioni progettuali complesse e costose se si vogliono prestazioni e pesi ridotti.

Un buon tubo abbinato ad una buona cella per primario, riescono a mantenere la collimazione in qualsiasi condizione d’uso e anche con l’applicazione di accessori pesanti fuori baricentro.

Proviamo ad applicare ad un tubo precario (tipicamente calandrato in metallo sottile), qualche accessorio, magari al fuoco newton, un telescopio guida e un pesante cercatore. Il risultato non sarà dei migliori, anzi, esperienze come in rinomati telescopi fotografici (neppure economici), hanno mostrato proprio li – a causa delle torsioni e flessioni del tubo –  i loro punti deboli. Oggi – in strumenti di pregio (forse per il prezzo piu’ che per la costruzione), vengono applicati accessori molto pesanti: messa a fuoco da 3 o 4 pollici, oculari molto pesanti, oppure ruote porta filtri, CCD, DSLR , sistemi di ottica adattiva…….Molta tecnologia la cui gestione è estremamente complessa, soprattutto se quello che la sostiene non è adeguato.

Il terzo elemento fondamentale è il sostegno dello specchio secondario. Ci sono studi molto approfonditi che esaminano in dettaglio quali siano gli schemi degli spikes con rendimenti migliori.
Purtroppo – per telescopi trasportabili – non è sempre possibile applicare il disegno migliore.
Per risolvere il problema di tubi leggeri e flessibili, di solito si ricorre a supporti dello specchio secondario molto leggeri e un po’ ballerini, addirittura in plastica per gli SC commerciali, e addirittura per la gran parte con lo specchio incollato o fissato con nastro biadesivo.

Non sono questi esempi di buon senso progettuale e di “logica” costruttiva. Chiunque è in grado di capire che un secondario incollato si deformerà in continuazione, in funzione della dilatazione della base metallica e del modulo elastico della colla o del biadesivo. A questo punto le nostre ottiche ben corrette cosi’ non sono piu’, e se poi ci mettiamo anche un oculare da 3-400 euro pensando di sfruttarne le potenzialità…….beh è solo una pia illusione.

Quando progettiamo il supporto per uno specchio secondario, è necessario prevedere tutti i gradi di libertà che richiede per poter ottenere una collimazione precisa e abbastanza stabile nel tempo, ma anche e soprattutto, prevenire le torsioni che l’asse centrale subisce a causa del proprio peso in funzione del posizionamento del nostro tubo. Commercialmente si risolve il problema, per modo di dire, con un tondino di alluminio o plastica tagliato e fissato su di uno snodo metallico, con tre vitine a 120°. Ne piu’ ne meno quello che si faceva 50 anni fa. Oggi le tecnologie moderne permettono ben altro, la correzione delle ottiche richiede ben altro, la qualità dei sensori e degli oculari esige ben altro.

E’ fondamentale che il cono di luce che torna dal primario entri perfettamente nello spazio del secondario, previsto a progetto, e che da questo venga restituito corretto o perlomeno senza l’aggiunta di deformazioni. Se il nostro secondario non sarà in grado di mantenere il proprio asse meccanico, avremo un asse ottico sghembo e conseguentemente un costante fuori asse rispetto al centro del porta oculari. Non lavoreremo mai sfruttando al massimo le prestazioni dell’oculare.
In tal caso ben venga un lieve aumento di peso e di ostruzione se in cambio avremo un fascio ottico ben allineato e non perturbato.

La messa a fuoco è un ulteriore elemento di disturbo, soprattutto quando non è realizzata con criteri di precisione adeguata. Se il nostro tubo flette o torce, gli assi non saranno ortogonali o allineati e anche la messa a fuoco porterà la sua parte di danni. Abbiamo testato alcune messe a fuoco cryford di prestigio e di alto costo (da 350 a 700 euro) ed abbiamo constatato come la qualità sia estremamente bassa, rivelando dei fuori asse di 0,6-0,8 mm. costanti! Peggio ancora per messe a fuoco di classe inferiore. In queste condizioni pensare di lavorare al “top”, magari dopo aver speso 10.000 euro, è un po’ un eufemismo…….la nostra vita osservativa sarà costellata di tribolati momenti passati a rimediare o a ricordare i problemi del nostro set up meccanico.

sono grandi marchi – grandi intesi come qualificazione di prodotto e non come dimensione – che hanno un buon equilibrio tra qualità costante e prezzo di vendita. Altri hanno prezzi e qualità fortemente sbilanciati e non giustificati.

Osserviamo molti telescopi commerciali e semi-artigianali. L’enfasi è posta soprattutto su di una presupposta qualità meccanica ed ottica, presupposta perché poi a strumento smontato si puo’ scoprire quanto questa qualità manchi. Si punta molto sulla resa estetica del prodotto, l’apparire è piu’ importante dell’essere, e a questo si devono imputare dei costi ben superiori al valore materiale del prodotto.

Ci Se si vogliono capire fino a che punto i soldi richiesti dal costruttore hanno una valenza in rapporto al prodotto proposto, basta osservare – ad esempio – la parte meccanica. Ci riferiamo ad una intubazione per qualunque telescopio riflettore: il nostro tubo è ottenuto con un foglio calandrato e saldato? Se si, si sappia che questo è il sistema piu’ economico in assoluto per costruire una intubazione, si sappia che è anche il meno preciso ed il meno rigido.Abbiamo condotto alcuni esperimenti e ci siamo costruiti una tabella indicativa del valore prestazione di ogni tipo di intubazione per telescopi riflettori. Questa tabella prende in considerazione le questioni meccaniche e non ottico-meccaniche.

Tav. 1 – Qualificazione di una intubazione per telescopio riflettore (da 250 mm.)
D primario
rapp. Focale
tipo di intubazione
considerazioni
valore
250 mm f 5 newton alluminio calandrato sufficiente (sp. min. 3 mm.) 6
250 mm f 5 newton alluminio tornito ottima  (sp. min. 4 mm.) 10
250 mm f 5 newton carbonio unidirezionale scadente (sp. 1,5 mm.) 2
250 mm f 5 newton carbonio unidirezionale a/m ottima (sp. min. 2,5 mm.) 10
250 mm f 5 newton truss tube alluminio 8 barre ottima 9
250 mm f 5 newton truss tube legno 4 barre scadente 4
250 mm f 15/5 cass Alluminio calandrato insufficiente (sp. 3 mm.) 6
250 mm f 15/5 cass Alluminio tornito buona (sp. min. 4 mm.) 8
250 mm f 15/5 cass. Carbonio unidirezionale scadente (sp. 1,5 mm.) 2
250 mm. f 15/5 carbonio unidirezionale a/m ottima (sp. 3 mm.) 10
250 mm. f 15/5 truss tube alluminio 8 barre ottima 9
(*) f 15/5 è focale risultate, focale del primario, variando il secondo parametro variano i risultati.
 

Abbiamo preso in esame questi due schemi, perché facilmente attuabili in laboratorio. Con che criterio si è stilata questa grossolana tabellina? Naturalmente senza nessuna presunzione di studio scientifico che richiederebbe ben altre metodologie e protocolli ben precisi. Si sono stabilite – costruendole – tutte le masse necessarie (e quindi celle, messe a fuoco ancorché non di qualità, e intubazioni), poi si sono eseguite delle prove pratiche misurando le flessioni e le torsioni dei tubi stessi, posizionandoli su di un supporto altazimutale e non osservando direttamente il cielo, ma basandosi su di una stella artificiale. Ovviamente la scientificità sta da un’altra parte. A conforto dei criteri con cui si sono svolti i test si è utilizzato un software di simulazione professionale che si utilizza normalmente nella costruzione meccanica e dei materiali compositi.

 

Tav. 2 – tabella esplicativa dei valori di giudizio.

Valore 1 = totalmente insufficiente flessioni assiali e radiali dell’asse ottico.
Valore 2 = totalmente insufficiente flessioni assiali e radiali dell’asse ottico in presenza di carichi e variando il baricentro del tubo
Valore 3 = come sopra ma solo in presenza di carichi importati (esempio: telescopio guida o parallelo).
Valore 4 = come sopra, ma anche legato al materiale utilizzato.
Valore 5 = come sopra, meno deleterio ma comunque (*) influente sull’asse ottico.
Valore 6 = restando a valori di carico limitato l’asse ottico rimane nella tolleranza richiesta. Sconsigliati tubi in parallelo di notevole peso
Valore 7 = l’asse ottico rimane al suo posto anche con accessori pesanti.
Valore 8 = lievissime variazioni rilevabili. L’asse ottico rimane al suo posto. Il peso è notevole.
Valore 9 = praticamente non rilevabili variazioni dell’asse ottico, a parte le dilatazioni termiche. Buona capacità di carico per accessori e strumenti.
Valore 10 = nessuna variazione dell’asse ottico, assenza di dilatazioni termiche. Buona capacità di carico per accessori e strumenti. Costo elevato
 (*) si considera come variazione dell’asse ottico, quando quest’ultimo ha spostamenti superiori a 0,05 mm.
 

Tav. 3 – elementi strutturali presi in considerazione.

Alluminio calandrato = Anticorodal UNI 6060 – laminato
Alluminio tornito = Anticorodal UNI 6060 – estruso e tornito
Carbonio unidirezionale = unidirezionale 12 K – costruito con la tecnica del Wrapping
Carbonio unidirezionale a/m = unidirezionale 12 K + 3 K alto modulo – come sopra
Truss tube in alluminio = Anticorodal UNI 6060 – estruso diam. 30/28
Truss tube in legno = barre fresate ad angolo in legno duro
Peso della massa vetrosa = kg. 2,5
Peso della cella = kg. 4,5 (uguale per tutti gli strumenti)
Peso della messa a fuoco = kg. 0,380 (uguale per tutti gli strumenti)
Peso del supporto secondario = kg. 1,7 (uguale per tutti gli strumenti)
Peso del cercatore = kg. 0,600 (uguale per tutti gli strumenti)
Peso simulante gli acc. = kg. 2,0 (uguale per tutti gli strumenti)
Peso del telescopio par. = kg. 4,7 (uguale per tutti gli strumenti)
Tralasciamo ora la parte relativa alla intubazione, per non essere prolissi, e affrontiamo, sempre per poter ponderare accuratamente quanto vale in moneta sonante il nostro tubo ottico, e passiamo alla configurazione delle celle per primario e secondario.

La cella per primario puo’ essere realizzata in molti modi, rimandando alla lettura di un altro articoletto (Criteri sulla realizzazione di una cella per telescopi riflettori), le basi che guidano alla progettazione di questo importante componente, possiamo soffermarci sulla discriminazione finanziaria e prestazionale di vari tipi di cella

 

Tav. 4 – alcuni tipi di celle per telescopi riflettori (da 250 mm.)

Tipo di cella costo ipotetico note
Monotubo portante per strumentia fuoco posteriore 2 Semplice ed economico sistema usato negli Sc commerciali e in molti strumenti anche di pregio. Esistono problematiche di deformazione della superfice ottica soprattutto con vetri sottili, scarse
possibilità di centraggio.
Piastra piana con punti di appoggio non flottanti 0.5 economicissima, per strumenti scadenti
Piastra piana con punti di appoggioflottanti  (9-18) e regolazione del piano con molle o viti tira/spingi 4 arcaica, deformazioni sul piano, ma
funzionante con vetri spessi.
Piastra piana con punti di appoggio flottanti (9-18) e regolazione del pianocon sistemi a traslazione e riduzione

 

 

8 all’avanguardia, nessuna deformazione
del piano e nessuna interferenza con i
vetri. Molto costosa in quanto richiedetolleranze costruttive molto strette.
A complicare le cose c’è ovviamente la problematica dei punti di appoggio laterali. Questi vanno realizzati a controllo, perché un posizionamento errato rispetto al centro di massa del primario introduce astigmatismo. Nei sistemi a monotubo il problema è scavalcato ma si deve ricorrere o a specchi conici o a specchi molto spessi, in caso contrario le flessioni stesse della lastra provocano errori di forma. In prossimità del tubo centrale si sviluppano deformazioni di forma, indipendentemente dallo spessore del vetro.
Per questi appoggi laterali il loro posizionamento consente un errore massimo di 0,5 mm. rispetto al centro di gravità dello specchio, la parte che appoggia al vetro non deve essere puntiforme, ma quanto piu’ ampia possibile rigida ma “deformabile” e che segue il raggio r dello specchio.
Non vogliamo disquisire ulteriormente sull’argomento, perché a questo punto occorrerebbe parlare della progettazione vera e propria di una cella……..
Le celle in legno dei molti telescopi dobson sono frequentemente portatrici di astigmatismo ed altre problematiche, tuttavia il fruitore di questi telescopi (molto aperti) non ha esigenze molto particolari al di là del centro dell’asse ottico, il dobson è intrinsecamente e psicologicamente uno strumento economico a cui  vengono perdonate molte problematiche.
 

Tav. 5 – Alcuni tipi di supporto per specchi secondari

Tipo costo ipotetico note
Cilindro in plastica, con secondario incollato 1 praticamente, aggiungendo il perno (vite) a snodo e le tre vitine a 120° si ottiene qualcosa che
funziona, ma male. Altamente sconsigliato.
Cilindro in alu, con secondario fermato da 3 griffe 3 come sopra, ma con notevoli miglioramenti, soprattutto sulla de-formazione del piano ottico.
Cilindro in alu, con secondario fermato da griffe o anello, traslazione su perno in acciaio micrometrica, sistema antitorsione del piano.

 

 

 

10 molto sofisticata, inderogabile per strumenti qualificati, costo molto alto. In questa classe vanno anche incluse quelle con traslatore elettronico dello shift
 

Al termine di questa rimescolanza di dati, ciascuno è in grado di (parlando di pura meccanica):

  1. discriminare il grado di sofisticazione del proprio tubo ottico;
  2. porre meglio le condizioni che ne giustificano e non ne giustificano la differenza di prezzo rispetto ad un tubo concorrente;
  3. effettuare una scelta piu’ ponderata e rispondente alla proprie aspettative.

Il discorso si puo’ ampliare, ad esempio, valutando in che modo viene costruito il tubo calandrato, o tornito o il truss tube, anche qua ci sono molti elementi da valutare. Ricordiamo che ad una maggiore precisione corrisponde un maggior costo di lavorazione e una migliore qualità dei materiali. Spesso si adottano –in strumenti di prestigio – soluzioni molto economiche, perché si fa leva sulla valenza del marchio piuttosto che sulla qualità finale di un prodotto specifico

NortheK ®
Tutti i diritti riservati – vietata la riproduzione.