Categoria: OTTICA

Descrizione

Il disco di Airy

Che cos’è e perché non si puo’ evitare

(libera traduzione di Giorgia Giarbardo per NortheK ® su autorizzazione della Oldham Optical)

Potrebbe essere un’amara sorpresa quella di scoprire che il grande e costosissimo specchio parabolico che avete appena pagato una fortuna non puo’ focalizzare tutta la luce entrante fino ad un punto infinitamente piccolo ma che, viceversa , la concentra in un disco dalle dimensioni ben definite e con alcuni cerchi sfumati attorno……
Vi è stato detto che il disco di Airy non puo’ essere evitato poiché è provocato dalla diffrazione e dalla natura della luce, ma alla fine ogni spiegazione possibile si trasforma in molta matematica, un po’ di ragionamento e qualche compromesso!
Mi dispiace ma non è proprio possibile evitare un po’ di matematica se si vuole affrontare a fondo la questione, ma è possibile ottenere una discreta conoscenza di cio’ che succede senza troppi calcoli ma con un po’ di riflessione in bagno, un po’ di lavoro sul tavolo da cucina con un righello e un compasso.
Forse il modo più semplice per iniziare a visualizzare cosa succede con lo specchio parabolico è considerare il fronte d’onde della luce che arriva da una stella lontana. La stella è cosi’ lontana che i raggi di luce che arrivano possono essere considerati paralleli e i fronti d’onda che si avvicinano possono essere considerati linee rette piane perpendicolari ai raggi paralleli che entrano.
Se vivete al mare, fermatevi e guardate la serie di onde che si avvicinano alla spiaggia. Se le onde sono abbastanza forti e si vanno ad infrangere su un muro di cemento non sarà difficile vedere come siano respinte all’indietro. E, se il muraglione fosse curvo (simile alla concavità di uno specchio), potreste vedere convergere alcune delle onde riflesse all’indietro in un unico punto (il fuoco o focus).
Sfortunatamente, non molti muraglioni sono disegnati con una perfetta forma parabolica tale da esemplificare esattamente il funzionamento di uno specchio parabolico! Ciononostante, qualsiasi curva concava dovrebbe poter mostrare un effetto di focus sufficiente da potervi dare un’idea di cio’ che accade.
Quindi tornando alla luce e allo specchio parabolico, i fronti d’onda piani si avvicinano allo specchio e vengono riflessi come le onde del mare. La forma parabolica dello specchio trasforma i fronti d’onda piatti in fronti d’onda riflessi e sferici.Questi fronti d’onda sferici convergono in un punto focale dello specchio, come da diagramma qui di seguito (fig. 1).

(Fig. 1 – Cosa aspettarsi da uno specchio parabolico perfetto)

Se lo specchio fosse perfetto, la luce non fosse sotto forma d’onda e la diffrazione non esistesse, il punto focale dove la luce converge sarebbe infinitamente piccolo. Purtroppo la realtà non è cosi’!La diffrazione è un fenomeno che avviene sui bordi. Quando qualcosa come la luce incontra il bordo di un oggetto solido un po’ dell’energia cerca di oltrepassarlo.
Il diagramma classico, usato in tutti i libri di Fisica per spiegare il fenomeno della diffrazione, illustra un fronte (fig. 2) d’onda piatto che si avvicina ad uno schermo con dei fori. I fori sono

(fig. 2 – diffrazione ai fori)

piccoli e vicini alla lunghezza d’onda della luce usata. Come si vede, la luce passa attraverso i fori e, al contempo, una parte di essa cerca di oltrepassare i bordi dei fori stessi. Se i fori sono piccoli, con una grandezza di non molte lunghezze d’onda, allora il fronte d’onda risultante da ciascun foro è sferico. Sembra quasi che la luce sia generata da fonti puntiformi situate nei fori stessi piuttosto che da una fonte proveniente da dietro lo schermo.
La cosa veramente interessante si ha quando ci sono due o piu’ fori che agiscono come fonti puntiformi,reciprocamente la luce di ciascun foro andrà ad interferire con quella di un altro.
Nel caso di uno specchio parabolico, il disco di Airy e i suoi anelli si formano nello stesso modo.
E’ possibile fare un esperimento che illustra lo stesso effetto d’onda direttamente nel bagno di casa vostra ma, attenzione, potrebbe non essere un’ottima idea lasciare che vostra moglie vi veda fare un esperimento di questa natura!
Sgaiattolare in bagno con alcuni pezzi di legno e fateli galleggiare nella vasca. Questi pezzi dovranno essere disposti in modo da avere un piccolo spazio fra l’uno e l’altro. Producete delle onde da un lato e guardate come si propagano attraverso tale spazio (o buco)

(fig. 3 – effetto sul bordo dello specchio)

La diffrazione non ha bisogno di un foro, le basta un bordo (fig. 3). Nel caso del nostro specchio parabolico questo bordo è l’estremità dello specchio a determinare la diffrazione.Immaginate un raggio di luce singolo che arrivi dritto da una stella e vada a colpire il bordo affilato dello specchio; questo lo rifletterà ma, trovandosi esattamente sul bordo dello specchio esso si diffonderà in modo simile a quello dei raggi di luce che attraversavano il foro in uno schermo. La luce riflessa dal bordo si diffonde in un fronte d’onda sferico che si espande come se arrivasse da una fonte puntiforme situata sull’estremità dello specchio.
In realtà, la luce riflessa dal bordo dello specchio, si unisce al resto del fronte d’onda che si riflette dalla superficie principale dello specchio. Il fronte d’onda proveniente dal corpo principale dello specchio è principalmente sferico ma si curva in direzione opposta verso i bordi. Sono queste curvature ai bordi che determinano il disco di Airy centrale (fig. 4).

(fig. 4 – cosa accade nella realtà)

Benché sembri molto complicato in effetti è molto semplice dimostrare quello che accade sedendosi semplicemente al tavolo della vostra cucina per disegnare i fronti d’onda su un foglio di carta con compasso e righello.
Incominciate a disegnare uno specchio di circa 2” di diametro . Dopo di che, con l’aiuto di un compasso, disegnate degli archi concentrici da ogni bordo dello specchio per rappresentare i fronti d’onda, come nello schema qui di seguito. Ogni arco deve essere fatto ad una distanza regolare uno dall’altro per rappresentare la lunghezza d’onda (fig. 5).

(fig. 5 – angolo del primo anello di Airy)
(fig. 5 – angolo del disco di Airy)

Disegnate dunque 10 archi da ogni bordo dello specchio partendo con un raggio di circa 2”, e ad ogni ½” fino a circa 7½”. Gli archi ad ogni bordo si intersecheranno.
Se questi archi disegnati fossero onde di luce essi interferirebbero l’uno con l’altro e, nel punto dove due archi si incrociano , ci sarebbe una macchia luminosa, mentre dove un arco si trova a metà stra fra altri due dal secondo bordo, essi si cancellerebbero a vicenda definendo una macchia scura.
Se date un’occhiata a quello che avete disegnato vedrete che è possibile tracciare delle linee rette attraverso l’intersezione degli archi. Tutte le linee incominciano approssimativamente dal centro dello specchio. Queste linee rappresentano i punti luminosi.
Di tratta delle linee tratteggiate che si vedono nella figura, dove il punto luminoso centrale è disegnato con una pesante linea scura.
Adesso tornate al vostro disegno e mettete dei punti là dove una linea da un bordo è a metà strada fra due linee dall’altro bordo. Quando avrete finito, su questi punti potrete tracciare una seconda serie di linee che, di nuovo, incominciano dal centro dello specchio e si espandono attraverso i punti. Questa serie di linee sono le macchi scure che esistono fra il disco di Airy e gli anelli.
Le prime due che definiscono il disco di Airy sono quelle blu tratteggiate nella figura.
Benché su un foglio di carta piano queste sono disegnate come delle linee in realtà, in uno specchio parabolico tridimensionale, esse sono dei coni di luce. Dove questi coni intersecano il piano focale del vostro telescopio essi appariranno come un disco luminoso centrale con dei cerchi intorno. Il disco centrale è ovviamente il disco di Airy.
Di fatto quando si guarda attraverso un telescopio gli anelli si sbiadiscono rapidamente e, in pratica, c’è soltanto il primo anello o al massimo il secondo ad essere visto.
L’angolo del disco e del primo anello è illustrato sul diagramma piu’ sopra. Il primo anello di Airy è facile da trovare, è la prima serie di intersecazioni che si trovano a partire dal punto centrale. Mentre il disco di Airy non è poi cosi’ facile da vedere inizialmente. La dimensione del disco di Airy convenzionalmente accettata è quella che si misura dal centro della prima macchia scura da ogni parte del punto centrale. Il diagramma dovrebbe darvi la chiave.Invece di usare il termine “angolo del disco”, il termine più comunemente utilizzato in astronomia è “Diametro Angolare” percio’, quando di seguito in questo documento si utilizza l’espressione “Diametro Angolare” si intende l’angolo del disco di Airy (o anelli), come descritto sopra. Se rifate il disegno con specchi di diametro differente, diciamo 1” e 3”, utilizzando però sempre anelli di ½” per rappresentare la stessa lunghezza d’onda, troverete che man mano che aumentate il diametro dello specchio i diametri angolari del disco e gli anelli diminuiscono.
Benché questa illustrazione sia semplicemente qualcosa fatto al tavolo della cucina, l’aspetto matematico è lo stesso che si applica alla luce che forma il vero disco di Airy e agli anelli. Il diametro angolare del disco e degli anelli è calcolato esattamente con le stesse regole, il disco di Airy diventa più piccolo man mano che il diametro dello specchio aumenta. Prima che coloro che veramente se ne intendono di Matematica saltino sulla loro sedia e protestino che le intersezioni non sono veramente su linee rette, ma sono su curve iperboliche, confermiamo che effettivamente sono su leggere curve! Le linee provenienti dall’infinito curvano leggerissimamente man mano che si avvicinano allo specchio. Percio’, anche sul tavolo di cucina dovrebbe vedersi una leggera curvatura con uno specchio da 2” e lunghezze d’onda di ½”…. Comunque, poichè la luce ha una lunghezza d’onda di circa 500 nm, la linea per il primo anello di Airy arrivando dall’infinito, vicino allo specchio, curverebbe al massimo di ½ lunghezza d’onda, che è circa 250 nm. Una linea che, arrivando dall’infinito, curva di 250 nm direi che sembra piuttosto diritta! In ogni caso, la formula comunemente accettata per determinare la dimensione e il diametro angolare del disco di Airy considera che le linee siano diritte, percio’ non ci sono motivi perché noi non facciamo lo stesso! La descrizione di cui sopra considera solo la luce dal bordo dello specchio – quindi, cosa succede alla luce del resto dello specchio Lambda – Non dimenticare che il resto dello specchio riversa luce in un punto centrale. La spiegazione molto semplice è che questa luce si unisce alla luce che si diffonde dal bordo dello specchio per determinare il disco di Airy luminoso.
L’unica cosa pratica che un costruttore di telescopi puo’ fare per rendere il disco di Airy piu’ piccolo è avere uno specchio di diametro maggiore; cio’ fa si che il diametro angolare del disco di Airy sia piu’ piccolo. L’angolo è definito per ogni diametro che il disco puo’ avere.
Una volta definito l’angolo, la dimensione reale del disco di Airy è determinata semplicemente dalla lunghezza focale dello specchio. Una formula comunemente utilizzata per determinare le dimensioni del disco di Airy utilizza il rapporto focale (focal ratio), che include entrambi, il diametro dello specchio e la lunghezza focale in un solo valore. Una formula per definire il diametro del disco di Airy è la seguente:

D = 2.43932 x Lambda x Focal Ratio
D = Diametro del disco di Airy in mm
Lambda = Lunghezza d’Onda in mm (es. 546nM = 0.000546mm)
(per esempio se il Rapporto Focale = F/4 e la lunghezza d’onda e` 546nM allora D = 0.0533mm)

Una formula per definire il diametro angolare del disco di Airy è la seguente:

A = 7200 (Arc Tan (1.21966 x Lambda /d))
A = Diametro angolare del disco di Airy in Arc Secondi
d = Diametro dello specchio in mm

Ok! – adesso sapete cos’è il disco di Airy! E, dalla precedente descrizione potreste pensare che c’è un metodo semplice per evitarlo! – Infatti se la diffrazione fosse causata dalla luce al bordo dello specchio, basterebbe mascherare semplicemente il bordo dello specchio con un anello in cartone…questo impedirebbe infatti alla luce di colpire il bordo dello specchio. Questo sistema potrebbe eliminare il disco di Airy Lambda

No, purtroppo questo sistema non funziona! Viceversa, si ottiene una diffrazione dal bordo della mascherina! – Infatti ciò che avete fatto coprendo il bordo dello specchio si chiama “Ostruzione dell’apertura” al vostro sistema ottico.
In questo modo infatti se aumentate leggermente il rapporto focale del “sistema” il disco di Airy percio’ diventa piu’ grande. Questo spiega anche perché lo specchio ellittico o specchio secondario del vostro secondario devono essere sostenuti da uno spider il piu’ piccolo e meno intrusivo possibile. Ogni ostruzione provoca ulteriore diffrazione.
Infine – ecco la soluzione – immaginate di poter coprire magicamente il bordo dello specchio senza provocare ulteriore diffrazione. Siete riusciti a limitare il raggio di luce che colpisce lo specchio a meno del diametro dello specchio percio’ il bordo dello specchio non è illuminato. Pensate di essere riusciti a risolvere il problema Lambda

Mi spiace! Non funziona neanche questo! L’estremità del raggio di luce che colpisce la superficie dello specchio è esso stesso discontinuo. Quando colpisce lo specchio e si riflette, si comporta esattamente come se ci fosse un vero bordo fisico. La diffrazione che c’è dal bordo del raggio di luce è la stessa che ci sarebbe se ci fosse un bordo fisico dello specchio. Per questa situazione non c’è nessuna spiegazione “terra terra”. A questo punto io mi arrendo e dico che tutto ciò è dovuto alla natura della luce e che, se volete, potete andare piu’ a fondo nei libri di Fisica.
Accadrebbe la stessa cosa se voi dipingeste il bordo esterno del vostro specchio con della vernice nera. Là dove la vernice nera finisce e comincia la superficie riflettente si crea diffrazione. Tutto cio’ che avete fatto con la vernice è ridurre il diametro dello specchio. Il risultato è che il disco di Airy diventa più grande.
La sostanza è che non si puo’ evitare il disco di Airy.
Quel che si puo’ fare è renderlo piu’ piccolo, riducendo il diametro dello specchio – il che riduce il diametro angolare del disco di Airy – oppure ridurne la lunghezza focale – che riduce invece la dimensione effettiva del disco di Airy.
Poiché i recenti progressi tecnologici delle fotocamente digitali, che hanno portato la dimensione dei pixel del CCD ad essere altrettanto piccoli o addirittura più piccoli della dimensione del disco di Airy, improvvisamente il problema della dimensione del disco di Airy è diventato molto importante per gli Astrofili.
E’ probabile che per il futuro il diametro e la lunghezza focale dello specchio di un telescopio dovranno essere in funzione della dimensione dei pixel/CCD.
Per concludere, sarebbe possibile evitare il disco di Airy utilizzando uno specchio infinitamente grande. Prima di provare, suggerirei rispettosamente di fare due chiacchere con vostra moglie o con un dottore.

Lavorazione delle superfici ottiche

E’ forse il caso di affrontare in modo un pochino più esteso questo argomento. Si leggono spesso dissertazioni sulla realizzazione di superfici ottiche, sulla loro relativa precisione, sul metodo per arrivare a determinati risultati.
Il succo di queste letture è che quasi nessuno degli intervenuti conosce quantomeno teoricamente la materia, e disserta in affermazioni fantasiose che ingenerano confusione e poca chiarezza.
Posteremo alcuni pensieri, volti a spiegare in modo schematico quali sono oggi le tecniche per la produzione di specchi o lenti, che siano al di la della Draper in  legno.
Esistono diverse metodologie per la produzione di una superficie ottica, ciascuna legata al settore di destinazione, ai volumi, al grado di precisione richiesta.
Eviteremo dunque di parlare delle linee totalmente automatizzate per le lenti destinate al settore fotografico (di piccolo diametro, anche le più grandi) e delle tecniche di occhialeria che è di bassissima qualità ottica.
Nel nostro settore una lente (o specchio) può essere prodotta in due modi:

  1. il metodo “artigianale”, quindi con tempistiche relativamente lunghe, con risultati piuttosto ondivaghi da pezzo a pezzo, con macchine costruite dall’artigiano stesso e frequentemente con parti di recupero. I risultati variano in funzione dell’abilità del costruttore e del cliente di destinazione. Chiameremo questo metodo “artigianale”.
  2. il metodo “industriale”, quindi con tempistiche brevi, con risultati abbastanza costanti, con impianti a controllo numerico molto costosi e con standard medio bassi, per evitare di far intervenire l’uomo alla fine del processo – che falserebbe la linea dei costi totali. Chiameremo questo metodo “industriale”.

Il processo uguale per i due metodi, salvo che per le macchine impiegate (nel primo caso autocostruite, nel secondo realizzate da case specializzate), è quello di generare la curva sul disco di vetro. La macchina generatrice di curve è per l’artigiano una sorta di trapano molto robusto a testa inclinabile, o una fresa medesima se i dischi sono molto grandi, a cui viene applicato un utensile apposito in polveri diamantate, per la parte industriale una struttura complessa e costosissima in cui la generazione della curva è assolutamente precisa e molto veloce. Il controllo avviene con un CNC, ad altissima velocità e con tolleranza molto stretta. A titolo di esempio una macchina generatrice di curve per uno specchio di 400 mm di diametro pesa circa tre ton, impiega circa 15 minuti per generare la curva, e consuma una quantità impressionante di acqua e aria compressa. Ma il lettore consideri i 15 minuti, la ripetibilità e si potranno contare gli specchi che si generano in due turni lavorativi. I costi sono presto fatti. Ci sono macchine più leggere per volumi più piccoli.
Avendo dunque generato la curva con uno o con l’altro metodo è poi il momento di passare alla finitura di questa curva (molto ruvida e imperfetta otticamente parlando). Gli artigiani impiegano macchine di vario disegno secondo i propri gusti e le proprie preferenze. Nel settore industriale si usano delle derivate della Draper controllate elettronicamente. Questo processo usa ancora abrasivi piuttosto grossi, e nel settore professionale slurry ad immersione o pads diamantati applicati sul maschio. L’uso di questi slurry o pads dà una vita lunghissima all’utensile (circa 5000 superifici) e quindi ne azzera il costo, permette di lavorare a velocità  estremamente elevate e di ammortizzare rapidamente la macchina, se ci sono i numeri per sostenerla. Tempo di lavoro 15 minuti circa con macchine a controllo.
La terza fase, è denominata in gergo “lappatura”. La lappatura rappresenta per le ottiche artigianali la lucidatura e qui ci si ferma per verificare e consegnare lo specchio al cliente. Nel settore industriale esistono due grandi rami:

  1. ottiche con correzione corrente, cioè 1/4 d’onda, che sono poi i prodotti consumer dei vari produttori mondiali; lo specchio viene raccolto e rapidamente controllato e se sta nei parametri minimi richiesti va immediatamente al coating;
  2. ottiche con correzione di diversi gradi per le più disparate applicazioni e quindi vengono poi passate al processo di polishing o lucidatura.

Attenzione a non confondere la lucidatura artigianale con quella industriale, sono due cose molto diverse, e salvo casi molto ben conosciuti, non si applica mai al settore amatoriale.

Definizione dei difetti di lucidatura in ottica.
Scratch-Dig è il parametro tecnico usato nell’industria e nel campo professionale per determinare la qualità di una superficie ottica in relazione alla sua rugosità, secondo la norma ben chiara MIL-O-13.830A. I numeri riportati rappresentano  l’ampiezza delle rugosità in microns. Questo sgombera rapidamente il campo sulle  continue dissertazioni relative alla rugosità di uno specchio astronomico. Se non è superlucidato (vedi sotto), è inteso come lappato e buona notte senza tanti discorsi inutili. Il grado di qualità della lucidatura dipende anche dal tipo di vetro usato.

Scratch – Dig legenda.

80/50 standard di polishing comunemente accettato, nel nostro caso è il mercato consumer;
60/40 superfici ottiche commerciali molto buone (la produzione artigianale per astronomia, Oldham, Orion, ecc. compresi;
40/20 superfici ottiche di alta qualità (qualche superlucidato nel nostro caso, e un paio di nomi che operano anche a livello professionale);
20/10 altissima qualità di lucidatura non destinata al settore laser;
10/5 altissima qualità prodotta su richiesta del settore laser e telecomunicazioni.

 

Misure e definizioni.

Scratch Dig
80 8 microns di ampiezza 50 0,50 mm di diametro
60 6 microns di ampiezza 40 0,40 mm di diametro
40 4 microns di ampiezza 20 0,20 mm di diametro
20 2 microns di ampiezza 10 0,10 mm di diametro
10 1 microns di ampiezza

E’ utile notare quanto questi valori siano  bassi, trattandosi di metodi abrasivi, quando ci si inoltra nel settore più specializzato.

Aggiungiamo un altro termine, che NortheK non considera un grado di difettosità, e che viene evidenziato qualora i trattamenti riflettenti siano molto sottili (1 microns). Nelle produzioni massive questo elemento di disturbo viene eliminato aumentando gli spessori dell’evaporato:
Sleek Scratch: la norma stabilisce che sono graffi le cui dimensioni sono talmente piccole da non poter essere agevolmente misurate, ma comunque visibili ad occhio nudo. Si tratta di linee difformi e spurie normalmente dovute a contatto della superficie ottica con granelli di polvere. La presenza degli sleek non viene considerata come un difetto ottico e quindi non viene presa in considerazione.
Quanto sia poi importante la lucidatura in un’ottica amatoriale, è argomento di grande discussione, pregno di correnti e ragionamenti in parte veri e in parte falsi. Se da un lato abbiamo incontrovertibili elementi di studio, e analisi fisica che ci dimostrano come un’ottica superlucidata funziona meglio in termini prestazionali finali, dall’altro abbiamo una chiara dimostrazione di come – in campo amatoriale – determinati assunti non sono applicabili. Ovvero: anche supponendo di potersi permettere l’acquisto di un’ottica superlucidata, potro’ poi anche permettermi l’acquisto della relativa intubazione (l’insieme di tutto performa come l’anello più debole della catena: ottica, meccanica, seeing, accessori) e del contorno necessario? Prevalentemente no, e infatti ci pensa poi il seeing a spianare il resto. Ma naturalmente se si riesce ad avere a disposizione una superficie meglio lavorata è un indubbio vantaggio, quello di cui bisogna essere coscienti è che la tecnologia a disposizione dei costruttori di ottiche amatoriali non permette il raggiungimento di determinati risultati, è altresì importante sapere a “priori” che l’artigiano può seguire questo aspetto se gli viene formalmente richiesto e cercare di migliorare il proprio standard qualitativo. Da questo ragionamento, ovviamente, vanno scartate le ottiche scartavetrate che non hanno nulla a che vedere con strumenti minimamente performanti.

Parliamo di lappatura.
Lappatura industriale o “lucidatura per amatori” durata da 1 minuto a 45 minuti a seconda di come e di chi la fa e di quale parametro approssimativo si vuole ottenere.
Ci sono poi i settori “industriali” e qualche produttore di ottiche astronomiche amatoriali che si spinge oltre. E’ il dominio delle ottiche superlucidate o dell’ottica industriale a livello normato e garantito.
Il superlucidatore artigianale continua la fase precedentemente sopra descritta, semplicemente riducendo le dimensioni del prodotto lucidante. Se in precedenza ci si era fermati a dimensioni dell’abrasivo di 9 microns, ora si comincia a scendere, anche in funzione del tempo disponibile e del risultato che si vuole ottenere. Si arriva a slurry da 0,2 microns e molte e molte ore di lavoro (ma veramente tante e che vanno profumatamente pagate).

Il lucidatore industriale ha diversi modi:

  • con pads diamantati da 4 microns e circa 15 minuti di lavoro a macchina;
  • con poliuretano e slurry abrasivi per una migliore qualità e circa 60 minuti di lavoro a macchina;
  • con pece e slurry abrasivi molto sofisticati a circa due ore di lavoro a macchina.

Non a caso quando si comincia a parlare di “lucidatura” nel settore industriale, si parla di temperature ambientali controllate con uno scarto max di 1°, di molti tipi di pece diversa, di oli da inserire durante l’abrasione, di controllo delle temperature dei refrigeranti, ecc. Insomma una cosa ben diversa da quanto siamo abituati a vedere dai costruttori di ottiche amatoriali, che non possono, per questi e altri limiti – arrivare a certi risultati (eccezion fatta sempre per 1 o 2 produttori mondo che possono permettersi certe impiantistiche non certo per i telescopi dei dilettanti).

Se vogliamo tabellare i tempi per chi costruisce industrialmente le ottiche con macchine a controllo ecco un esempio semplice:

  • bassa qualità o consumer:  30 – 60 minuti al pezzo escluso il coating;
  • media qualità: 30 – 90 minuti al pezzo escluso il coating;
  • alta qualità: 1 – 3 ore al pezzo escluso il coating.

Ecco dunque una spiegazione molto sommaria ma che chiarisce molto di quella che è una relatà, diversa dalle favole e diversa dalle congetture, in mezzo ci sta tutto ovviamente, compresa la produzione di superfici ottiche con torni per ottica, ma dai costi inaffrontabili anche per chi è dotato di tasche molto capienti.

Esercizio: gli strumenti amatoriali molto ben fatti (i soliti noti, e neanche su tutti i telescopi), hanno precisioni centesimali. Ammesso e non concesso che si stia entro il centesimo di mm. Domandina: quanti lambda sono un centesimo di mm, cioè 10 microns? Fatevi questa domanda e vi risponderete.

Considerazioni generali, miscellanea.
La differenza tra un impianto o macchina concepita con rigorosa applicazione delle norme costruttive, non votate al risparmio o al riciclo dei pezzi dal rottamaio di turno, rispetto ad un progetto amatoriale è uno dei motivi che portano rapidamente ad un risultato “X”, e alla sua facile riproduzione. Naturalmente il controllo finale spiana in un certo modo diseguaglianze qualitative troppo accentuate, se lo si vuole applicare, altrimenti il grado di standardizzazione sulla qualità di prodotto è abbastanza buono (70% circa).
E’ interessante notare come – ad esempio – alcuni dettagli non siano applicabili in sistemi economici e che questi dettagli siano poi il contributo che fa funzionare o meno un sistema di produzione. Abbiamo osservato con attenzione alcuni sistemi di produzione artigianale e abbiamo notato come non si siano applicate tecniche relative alle pressioni di lavoro (ficcano un peso standard di solito), alle temperature dei vetri e dei liquidi e ai sistemi di ritenzione dei dischi di vetro. Qualcuno obietterà che sono fandonie, ma voi pensate che tralasciando questi elementi si arrivi a precisioni nanometriche? Francamente è difficile stabilire quale sia l’influenza negativa di questi fattori, noi  possiamo dire – ad esempio – che in funzione di un metodo di ritenzione dei dischi di vetro da lavorare, un costruttore (conosciuto)  riporta un errore sistematico in tutte le sue ottiche che abbiamo potuto analizzare. Evidentemente questo errore è minimo tanto da non impensierire ne i clienti ne il costruttore, ma c’è e si potrebbe evitare semplicemente.
Un altro fattore importante, quando parliamo di impianti tecnologicamente sicuri rispetto a costruzioni preistoriche, è la possibilità di ripetere praticamente all’infinito un oggetto ben riuscito, almeno fino al limite della precisione che il metodo ci consente. Questo spiega anche  perchè le grandi produzioni a controllo numerico ricoprono pochi schemi e pochi rapporti focale. Il raggiungimento di risultati accettabili a costi molto bassi richiede una messa a punto maniacale del  processo, fin nei più piccoli dettagli, e nel mantenere questi parametri costanti lungo tutta la produzione del lotto da immagazzinare. Infatti con questa impiantistica si parte con uno schema ed un rapporto focale e lo si completa mettendo a magazzino un numero di pezzi pari al budget fissato per avere un costo ben definito, solo successivamente si passa ad un rapporto focale diverso per esempio. Questo testimonia la difficoltà di settare linee produttive complesse che comunque sfornano buoni risultati (che potrebbero essere molto buoni se solo fossero eseguiti con un po’ più di accortezza e tempo), solo di poco inferiori a  produzioni artigianali che posso ancora dire la loro in schemi desueti, difficili o tirati in piccolissima serie.
Anche marchi molto blasonati che sub – appaltano determinate produzioni sono costretti a forti giacenze di magazzino (che incidono enormemente sul costo finale del prodotto), proprio perchè il produttore può garantire certi standard solo dopo aver predisposto le macchine in modo opportuno.
Abbiamo determinato i costi vivi (cioè materiale e lavoro, esclusi i variabili e i  fissi aziendali) di un famoso tripletto fotografico di alta gamma. Il rapporto è stato di 1 a 6 (cioè il costo di partenza è stato moltiplicato per 6).

Ma c’è un fatto importante che riguarda il mercato amatoriale delle ottiche astronomiche. Quando parliamo con un costruttore di lenti o specchi scopriamo che la gran parte di questi artigiani è nata dallo sviluppo di un hobby (non tutti ovviamente!), ritenuto poi relativamente ben retribuito e “tranquillo”, e quindi si è proseguito per anni su questa strada. Non ci sono dubbi che questi amatori evoluti , diventati ottici costruttori, siano anche estremamente abili e capaci (hanno una grande passione), ma – il vero punto dolente – è la assoluta mancanza di una visione imprenditoriale e/o manageriale del loro lavoro. Fino a pochi anni fa, quando non imperava internet, qualunque costruttore di ottiche produceva, consegnava e si realizzava così il suo giro di appassionati. Oggi, presto o tardi, qualunque ottica finisce sotto le mani di tester (più o meno preparati, più o meno onesti, più o meno interessati o sponsorizzati) che in funzione di tanti fattori, la analizzano e la propongono o distruggono. Se questo è positivo perchè “almeno” esiste un minimo di sentiment del mercato, è anche un simbolo della vacuità del mondo di oggi, dove chiunque con dei titoli o delle medaglie non sempre meritate puo’ buttare secchi di fango o innalzare nell’olimpo marchi e nomi. Questo non è ancora stato coscientemente assorbito da molti costruttori, e c’è una certa accettazione di uno status non legittimo, proprio per la loro non adeguata impostazione manageriale ed imprenditoriale. E’ importante che un costruttore serio non si faccia intimorire da valutazioni che vanno sempre e comunque discusse, dimostrate o confutate, ed eventualmente sanzionate dove la legislazione lo consente. Questo è importante per i clienti e per l’azienda stessa, per i primi perchè rischiano di trovare di colpo svalutato il proprio prodotto (magari per un esemplare difettoso o presunto difettoso o forzatamente difettoso),  e per la seconda perchè non puo’ permettersi che un test fatto magari da un dilettante con mezzi autocostruiti o di fortuna posti pesanti dubbi sulla  reputazione industriale del costruttore. Un fabbricante serio di telescopi ha normalmente investito somme a 5 o 6 zeri nel proprio progetto, ed è alquanto singolare che dei dilettanti, dotati di strumentazione non normata di cui non si conoscono a fondo i set up, i software e le metodologie (che sono ben previste e ben descritte nei laboratori di analisi), possano e si arrischino a pubblicare analisi qualitative ben assumendosene rischi e responsabilità in sede civile. E’ normale oltre che doveroso per chi è chiamato in causa avviare poi procedure di analisi approfondite e condivise che potrebbero pesare fortemente sul futuro dei tester medesimi. Non sono le pagine e pagine di numeretti e righe colorate che avvalorano una analisi tecnica. Una analisi tecnica si fa in un centro specializzato, che presenta regolare fattura, firma una relazione tecnica assumendosene la responsabilità di fronte a terzi, così come fa un qualunque professionista in tutti i campi moderni. In definitiva un “certificato ottico” ha un valore molto limitato se non si conoscono i significati del suo contenuto e, diremmo, che non dovrebbe servire nemmeno all’astrofilo, già che non sarà mai in grado di confutarne i contenuti. La vera prova la si fa sul cielo. Questa impostazione molto severa è una forte garanzia per il Cliente. Certamente è più facile presentare un test di cui si sa poco o nulla ad un consumatore che non è in grado di discuterne il contenuto, ma è molto più difficile saper mantenere una linea intransigente di fronte ai soliti giochi commerciali che internet permette, e questo costa non solo denaro ma anche in potenziali vendite. Ma del resto chi ama essere “tosato per bene” probabilmente non apprezza nemmeno l’onestà intellettuale che si cerca di dare alla propria attività.

L’amatore non ha ovviamente i mezzi per poter discernere il vero dal presunto vero, o da elucubrazioni teoriche che poco si sposano alle effettive esigenze del proprio hobby, e si fa quindi fuorviare talvolta, assorbendo nozioni frammentarie da forum generalisti e qualche libro divulgativo. Ben inteso che non c’è nulla di male a cercare di imparare, ed è anche un diritto del cliente manifestare al produttore una distonia  da quanto si è concordato al momento dell’acquisto (le garanzie esistono apposta, e vanno fatte valere nei tempi e nei modi dovuti), pero’ il dilettante deve sempre avere orecchio ben teso e parlare serenamente dei suoi pensieri, valutando le risposte e chiedendo eventualmente a terzi opinioni e idee. Classico è l’esempio dei valori di correzione di uno specchio o di una lente.
Ci sono stormi di appassionati che perdono ore e ore a discuterne, come poi questi valori funzionino, vengano ricavati, debbano essere ricavati e quali siano le loro implicazioni nell’uso dello strumento, esiste la confusione più totale. Riportiamo un testo gentilmente concessoci dal Prof. Dalio che lo ha tratto da altri testi, e che in modo molto sommario rappresenta uno status molto attuale, dove lo strumento non lo si valuta dalle prestazioni sul cielo ma dai fogli di carta colorati che ci vengono consegnati insieme al telescopio:
“Mi viene un po’ da sorridere poi quando leggo di differenze che sarebbero state notate su componenti ottici corretti a lambda/10. Ci sono due punti oscuri in questa affermazione che ha il tono della chiacchera da bar. Il primo punto riguarda la supposta correzione dell’elemento ottico. Come è stata misurata? C’è uno studio di S. Khoeler in cui diverse decine di interferogrammi sono stati analizzati in merito alla ripetibilità e forse sarebbe consigliabile leggerlo prima di dare per assodato che il tal componente che causava danno fosse davvero un lambda/10 mentre un tal altro che non lo causava fosse un lambda/che cosa? Il secondo punto riguarda la capacità di distinguere queste differenze. In una delle tante discussioni ho preparato una figura con lo star test a correzioni fra lambda/30 e lambda/70 rms e chi diceva di essere in grado di riconoscere le differenze ha  saputo distinguere solo lambda/30. Poi ho aggiunto un po’ di turbolenza e “l’esperto” non è stato in grado di distinguere nulla. Del resto, che pochissima turbolenza sia in grado di mascherare completamente differenze fra lambda/8 e lambda/infinito è evidente anche leggendo il Suiter (fig. 15-4 pag. 271).
Ricordo  anche un famoso esperimento di Peter Ceravolo (pubblicato su Sky and Telescope). Ceravolo realizzò 6 ottiche di 150 mm. f 8 con correzioni di 1, 1/2, 1/4 e 1/10 PV. Le ottiche furono messe fianco a fianco e fatte testare da diversi  osservatori. Le persone riuscirono facilmente a separare le ottiche a lambda/1 e  lambda/2 ma non lambda/4 da lambda/10. Sotto un cielo reale la turbolenza maschera completamente queste differenze.”

(Peter Ceravolo, Terence Dickinson, and  Douglas George “Optical Quality in Telescopes”, Sky & Telescope, vol. 83, no. 3, pp. 253-257, march 1992)”
Per gentile concessione Prof. Dalio.

Parliamo un attimo dei vetri.
E’ importante notare che alcuni produttori di mass market  hanno messo nella loro pubblicità l’utilizzo di vetri di un produttore famoso (Schott). Pero’ anche su questo è bene fare chiarezza.
Se utilizzo un BK7 di Schott o un BSL 7 di OHARA ho comunque sempre il medesimo vetro, non intendiamo scadente, ma con delle caratteristiche fisiche ben precise. Rileviamo ad esempio che nei sistemi a riflessione di questo tipo di vetro, di una casa o dell’altra, è poco indicato anche se viene usato in ragione del suo basso costo d’acquisto.
Un sistema a riflessione deve partire da vetri a bassa dilatazione come il Suprax per diametri piccoli e poi iniziare a salire con vetri più performanti (Supremax 33 che è il sostituto del Pyrex) fino ai vetroceramici, al quarzo, ecc.. L’uso di lastre a bassa dilatazione comporta anche una migliore qualità nella lavorazione della superficie (minori deformazioni termiche durante la lavorazione) e  una migliore lucidatura finale. Ovviamente il costo di questo materiale è abbastanza elevato e nei diametri piccoli non è sempre giustificato, soprattutto se si riesce a mantenere lo spessore piuttosto basso.
Ma osserviamo con attenzione, ad esempio, le ottiche di Norman Oldham. Affermiamo tranquillamente che corrispondono allo standard di qualità ottimale per l’uso amatoriale. Tuttavia ci sono varie correnti di pensiero, legate a singoli costruttori, che partecipano a sostenere un marchio piuttosto di un’altro. Siamo fortemente convinti che Oldham è stato un innovatore per quanto riguarda la costruzione di ottiche “sottili”. Altri realizzano i medesimi standard con vetri molto più spessi. E’ ovviamente un vantaggio dal nostro punto di vista, disporre di dischi sottili, per tutti i motivi di cui abbiamo discusso  in argomenti tecnici e nelle schede degli strumenti.
E’ molto più semplice produrre un 250 mm spesso 46 mm che non uno 23-25 mm , e qui si vede anche la bravura dell’ottico lavorante, ma il rovescio della medaglia è che occorre avere una padronanza assoluta delle meccaniche di sostegno (ci sono stati casi di specchi contestati, poi rivelatisi corretti, ma che deformavano a causa della cella non adeguatamente progettata, e in questo caso cosa si deve dire al Cliente?).
Certamente usare un vetroceramico ad esempio apporta notevoli vantaggi, non solo dal punto di vista delle deformate termiche, ma anche dalla propria costituzione fisica che ne agevola la lucidatura e il raggiungimento della forma geometrica come da progetto. E’ pero’ ben chiaro che tutto questo ha un costo e una logica di applicazione. Talvolta passare dal Suprax al Supremax ha già un significato notevole in termine di risultati finali.
Per gli specchi secondari, Oldham Optical nelle sue monografie spiega il motivo, è molto utile utilizzare vetri come il BK 7, il piccolo diametro (fino a 100 mm) e l’esiguo spessore (10-15 mm) non sono elementi di preoccupazione sui fattori di dilatazione, ammesso che non si usino colle e che le celle di supporto siano adeguatamente costruite.
E allora? In conclusione di questa breve esposizione speriamo di aver dato qualche indicazione di massima, che intendiamo ancora sviluppare con le tecnologie del coating e con i metodi di controllo delle superfici, interferometrici e non, con esempi chiari e lampanti di come non si utilizzano certificati ottici interferometrici o meno.
Passeremo, nel tempo, punto per punto i luoghi comuni dell’astrofilo, cercando di chiarire con la massima onestà intellettuale lo “status” tecnologico e non emotivo.

NortheK riproduzione vietata