Categoria: OTTICA

Descrizione

Qual’è il ruolo della elaborazione nelle immagini?

(Libera traduzione di Massimo Boetto su autorizzazione di Thierry Legault, del testo “Quel est le role du traitement d’image?” visibile in originale nel sito dell’autore www.astrophoto.fr)

Ci sono numerose cose che l’elaborazione delle immagini può fare….e altre non può!

Che cosa l’elaborazione delle immagini può fare.

In alta risoluzione, oltre alle funzioni abituali di pretrattamento (correzione dell’offset, il dark e il flat), l’apporto della elaborazione alle immagini è di due tipi: aumento del contrasto dei dettagli e riduzione del rumore.

Aumento del contrasto.

I dettagli planetari sono in generale poco contrastati in paragone alla luminosità media del disco. E’ per questo che una immagine planetaria grezza, visualizzata tale e quale sul video del pc, mostra poche informazioni: i diversi elementi di un dettaglio poco contrastato occupano un solo livello di grigi. E’ necessario accrescere il loro contrasto con il fine di poter meglio distinguerli.
Tutti gli algoritmi di trattamento delle immagini destinati ad aumentare il contrasto lavorano nello stesso modo: amplificano le alte frequenze dell’immagine. E’ per questo che sono chiamati filtri passa-alto, e il più conosciuto tra questi è senza dubbio la maschera flou. Questa tecnica, difficile da mettere in opera in fotografia su pellicola, funziona nella ripresa digitale nel modo seguente ( figura sotto):

  • una immagine flou (curva blu) è prodotta partendo dall’immagine planetaria grezza (curva rossa) con l’applicazione di un filtro passa-basso (gaussiano) in cui la potenza è regolabile; le alte frequenze sono soppresse,
  • questa immagine flou è sottratta dall’immagine iniziale; il risultato (curva verde) contiene solamente i dettagli più fini (altre frequenze), ma il suo aspetto è strano ed inestetico (sfortunatamente, questa immagine contiene anche del rumore),
  • quest’ultima immagine è moltiplicata per un coefficiente regolabile n (abitualmente compreso tra 2 e 10) e poi aggiunta all’immagine iniziale. Il risultato (curva nera) è una immagine in cui l’aspetto è “normale” ma nella quale i dettagli di piccola scala (alte frequenze) sono stati amplificati.
 

 

Questo tipo di filtro è molto efficace ma sfortunatamente non è senza inconvenienti.
Principalmente, l’effetto Gibbs: degli artefatti possono appare in alcune zone dell’immagine, specialmente dove si trovano delle variazioni di forte intensità: bordo di un pianeta, ombra di un satellite su Giove, divisione di Cassini, ecc.. Questo effetto è allora visibile come delle aureole scure intorno a delle zone chiare, o delle aureole chiare intorno a delle zone scure. Su di un dettaglio quale l’ombra di un satellite su Giove, l’artefatto è facilmente riconoscibile sotto forma di un anello brillante lungo la circonferenza dell’ombra. Ma su dettagli di forma più complessa, questo effetto può essere più difficile da scoprire. Tuttavia può essere presente e creare dei “falsi” dettagli molto difficili da distinguere dai “veri”. Sfortunatamente, questi artefatti sono legati ai dettagli reali, appaiono nella stessa maniera sulle differenti immagini trattate. Il solo modo di ridurre il rischio di provocarli è di limitare per come possibile la forza della elaborazione, essa non è fattibile qualora il contrasto sia già sufficientemente elevato nelle immagini grezze.
Un’altra conseguenza noiosa dei filtri passa-alto concerne il rumore. In una immagine grezza, il romore è principalmente localizzato nelle alte frequenze…. come i dettagli amplificati dal filtro!  Dato che è impossibile separare i dettagli dal rumore, tutti e due sono amplificati nello stesso modo, e il risultato può essere una immagine dove sono talmente mescolati che è impossibile distinguerli. A volte l’immagine sembra molto dettagliata ma  una comparazione con delle immagini più fini (HST, Pic-du-Midi) mostra quanto in realtà sia dominata dal rumore!

Riduzione del rumore.
Tenendo conto dei livelli di luminosità molto elevati raggiunti in una immagine planetaria, il rumore è largamente dominato dal rumore dei fotoni (nella maggior parte gli altri rumori sono ininfluenti). Questo rumore proviene dalla luce dell’oggetto medesimo (il segnale), è dovuto alla natura  della luce. In una immagine grezza, le leggi della statistica ci informano che il livello medio del rumore è proporzionale alla  radice quadrata del segnale. Per conseguenza il rapporto segnale sul rumore è esso stesso proporzionale alla radice quadrata del segnale.
Esempio: su una immagine planetaria presa con l’aiuto di una camera in cui il convertitore A/D satura a 5000 elettroni, il livello medio di luminosità del disco è di circa 30000 elettroni. Il livello medio del rumore è allora di circa 170 elettroni. Il rapporto segnale sul rumore è vicino a 170.
Su un calcolatore  che usi 64 livelli di grigio, il rumore è generalmente invisibile su di una immagine grezza perchè la sua ampiezza media è inferiore a quella di un livello di grigio (rapporto del segnale sul rumore superiore a 100). Ma, come abbiamo visto, il rumore è amplificato dal filtro passa-alto e diventa evidente dopo l’elaborazione. Nell’esempio precedente, se il coefficiente  di amplificazione della maschera flou è di 8, il rapporto del segnale sul rumore scende a circa 20, e allora il rumore occupa diversi livelli di grigio. Si mantiene perfettamente visibile, mescolato ai dettagli.
Sfortunatamente, in una immagine singola, è impossibile ridurre il rumore in quanto non è separabile dal segnale. Ma, grazie alla sua natura aleatoria, il rumore è differente da una immagine all’altra. Compositare 4 immagini moltiplica il segnale per un fattore 4 e il rumore per un fattore 2 solamente. Il rapporto segnale sul rumore è dunque moltiplicato per 2. Nell’esempio precedente, combinare 10 immagini moltiplica il suo rapporto per 3,3: il suo valore diventa 560 sull’immagine composta, e 70 nell’immagine elaborata. Questa immagine è molto dolce al video, e i dettagli reali sono facilmente visibili (ancora una volta, attenzione agli artefatti!).
Esaminate le immagini qui sotto. La prima (in alto a sinistra) è una immagine grezza di Giove. La seconda (in alto a destra) è un compositage di 15 immagini. Tutte e due sono morbide, la differenza è invisibile. Ma dopo l’elaborazione con la maschera flou (in basso), questa differenza diventa chiara: la seconda immagine è molto meno rumorosa che la prima, dove si distinguono più dettagli perchè emergono dal rumore.

   
1 immagine grezza 15 immagini grezze
   
1 immagine grezza + maschera flou 15 immagini grezze + maschera flou

 

Nelle riprese di profondo cielo, è ancora più difficile utilizzare dei trattamenti tipo la maschera flou o di restauro (Richardson-Lucy, aumento dell’entropia, ecc.) in cui gli effetti indesiderabili sono più pronunciati. In effetti, il rapporto segnale sul rumore è nettamente più basso che in una immagine planetaria, il rumore è dunque considerevolmente amplificato e gli artefatti, in particolare gli aloni neri intorno alle stelle (gli “occhi di panda”), danno all’immagine una apparenza molto discutibile. Di nuovo, il migliore mezzo per evitare questi problemi è di ottenere direttamente delle buone immagini grezze.
Senza dubbio per analogia con gli effetti speciali del cinema, alcune persone pensano che l’elaborazione delle immagini è efficace perchè può rimediare a dei problemi di ripresa quali la turbolenza, un’ottica scadente o mal regolata, un cattiva messa a fuoco, un cattivo inseguimento, ecc… E’ una leggenda. Il ruolo dell’elaborazione delle riprese non è di inventare i dettagli che si sono rivelati evanescenti , ma di trasformare l’immagine  perchè si possano meglio distinguere i particolari…. se ci sono! E’ impossibile ottenere una buona immagine elaborata a partire da una ripresa grezza mediocre, esattamente come nella fotografia in pellicola è impossibile trasformare un cattivo negativo in una buona stampa. Sicuramente, poichè i dettagli sono difficilmente discernibili in una immagine grezza, la differenza apparente tra una buona ripresa grezza e  una scadente è difficile da distinguere. Ma dopo l’elaborazione la differenza diventa enorme in quanto il trattamento non può creare dei dettagli a partire dal nulla (vedi le immagini qui sopra). I più grandi sforzi nella elaborazione non valgono il più piccolo miglioramento dell’immagine finale: quando i fotoni arrivano sul sensore, tutti i giochi sono fatti. L’elaborazione delle immagini fa delle prodezze, non dei miracoli!

   
immagine grezza – telescopio collimato immagine grezza – telescopio scollimato
   
immagine elaborata – telescopio collimato immagine eleborata – telescopio scollimato

 

Inoltre, una immagine astronomica è qualcosa di fragile che è pericoloso (ed inutile) torturare per estrarre informazioni. I programmi di elaborazione delle immagini sono ormai cosi potenti che sembrano delle Ferrari…. ma non li conduciamo come Ayrton Senna! In realtà, è meglio elaborare una immagine il meno possibile: la prima qualità di un amatore in questo settore non è la sua tecnicità, ma la sua moderazione. Ricordiamo le immagini planetarie del HST: sono dettagliate ma tuttavia molto morbide, senza molte tracce di sovratrattamento che affliggono tante immagini amatoriali. Se una immagine grezza è buona, una elaborazione moderata sarà sufficiente a mostrare il contenuto. E se una immagine elaborata mostra pochi dettagli, è un problema d’acquisizione, non di elaborazione.

 

Thierry Legault ©

 

Alcuni appunti per astrofotografia

(Libera traduzione di Daniela Bigatti per NortheK®  su autorizzazione della Oldham Optical)
In un’altra pagina del sito dedicata ai telescopi newtoniani si suggerisce di stare su specchi piu’ lenti di F/8 per applicazioni astrofotografiche. Ecco qui una spiegazione piu’ dettagliata.
Questa pagina da per scontato che stiate considerando un Newtoniano o Cassegrain / RC per astrofotografia al fuoco primario. Il supporto sarà una pellicola 35mm o medio formato, oppure una macchina fotografica digitale, e si presume che siate interessati a valutare le possibilità e i limiti di entrambe le scelte. Dà anche per scontato che si prenda in considerazione una lunghezza focale di 1000mm o oltre (in caso contrario, probabilmente eïï preferibile orientarsi verso obiettivi fotografici standard piuttosto che un telescopio). Discuteremo anche le Schmidt camera e Companar camera per fotografia a campo larghissimo.

 

Focuser Restriction Drawing
 

Per prima cosa ci si deve accertare che il telescopio abbia un fuocheggiatore che ci dà un campo di piena luce sufficientemente grande. Un 2″ (50mm) è davvero il minimo in pratica, per fotografia con pellicola 35mm o digitale. In effetti, un fuocheggiatore da 2″ non ha un campo di piena luce di 44mm (che corrisponde alla dimensione massima di un negativo di 35mm), ma il livello di luminosità a bordo campo è circa il 70% di quello al centro, il che lo rende accettabile per molti utenti.

Tuttavia se state costruendo un telescopio che intendete usare come astrografo a pellicola e volete piena luce fino ai bordi del negativo, potrebbe essere preferibile prendere in considerazione un fuocheggiatore più grande, da 2.7″ o anche da 4″.
Se siete orientati alla fotografia su medio formato, sarà senz’altro necessario un fuocheggiatore da 4″. Se state utilizzando pellicola da 35mm con un fuocheggiatore da 2″, andate alla pagina Progettazione dove troverete un foglio elettronico con tutti i dettagli per calcolare il campo massimo a partire dalle dimensioni del fuocheggiatore. Si noti anche, nella stessa pagina, il paragrafo che discute la vignettatura indotta da questa limitazione.
Prima del 2004, pochi astronomi amatoriali  facevano astrofotografia digitale, ma con la diffusione di DSLR relativamente a buon mercato, d’improvviso questa scelta è diventata molto interessante. Dal 2004 queste macchine fotografiche hanno adottato lo standard di un sensore CCD di circa 23 mm. x 15 mm. Questo dà una diagonale, e una dimensione del campo, di circa 28 mm, che si adatta bene al campo di piena luce di un fuocheggiatore da 2″. I sensori tipici delle DSLR sono da 6-8 megapixel. Questo in effetti è il limite pratico in quanto, per sensori di queste dimensioni, la dimensione del pixel è paragonabile a quella del disco di Airy.
Intorno al 2007, alcune DSLR da oltre 8 megapixel sono diventate disponibili, ma l’area del sensore di questo gruppo di macchine fotografiche è tornata ad aumentare, verso il formato delle vecchie pellicole da 35mm.
Se avete in mente di comprarvi una macchina fotografica per fare un pò di prove di astrofotografia, e avete già un telescopio con fuocheggiatore da 2″, forse una DSLR di seconda mano, con un sensore da 6-8 megapixel nel formato 23mm x 15mm potrebbe essere un buon investimento iniziale. Avrebbe un campo di piena luce sull’intero sensore, e poi, sarebbe ottima per le “solite” fotografie!
Il passo successivo è decidere il campo reale. Questo è determinato da due fattori: la lunghezza focale del sistema e le dimensioni del sensore. E’ utile servirsi come termine di confronto della luna, che sottende un angolo di 0.5 gradi.
La tabella illustra le possibilità con pellicola da 35mm per diverse linghezze focali. Si noti che gli angoli indicati in colonna sono validi nel senso della larghezza della pellicola – che per la pellicola da 35 mm è in effetti di 36 mm.
Tabelle simili sono facili da costruire per il medio formato o per qualunque altro formato su pellicola o CCD. Potete utilizzare il foglio elettronico alla pagina Progettazione. 

System Focal Length

Angle of View Across 35mm Film  (Degrees)

Resulting View of Moon on 35mm Film

Some Example Mirror Sizes

900mm

2.29

x

150mm, F6;  100mm F9

1200mm

1.72

x

200mm, F6; 100mm F12

1500mm

1.38

x

250mm, F6; 300mm F5

1800mm

1.15

x

300mm, F6; 150mm F12

2000mm

1.03

x

250mm F8

2400mm

0.86

x

400mm, F6; 300mm F8

3000mm

0.69

x

500mm, F6; 400mm F7.5

3600mm

0.57

x

600mm, F6; 400mm F9
 

(Per costruire la tabella per il medio formato – diciamo 70 x 70 mm – selezionate il foglio di calcolo Newtoniano e inserite 70mm nella casella “Campo”. Provate differenti diametri o rapporti focali nel foglio di calcolo in modo da ottenere diverse lunghezze focali per la tabella, e notate gli angoli sottesi dal campo reale per differenti valori della lunghezza focale. Per le digitali, usate la larghezza fisica del sensore anzicheïï quella della pellicola.)

System Focal Length

Angle of View Across 70 mm Film  (Degrees)

Some Example Mirror Sizes

300mm

13.31

300mm F/1

600mm

6.68

300mm F/2

1200mm

3.34

600mm F/2
 

Gli angoli derivati per ciascuna lunghezza focale sono validi indifferentemente per rifrattori, newton, cassegrain, schmidt-cassegrain, camere schmidt, e per qualunque lente “normale” che lavora con qualunque tipo di digitale, 35mm, o medio formato.

Drawing of Coma for different distances off axis Telescopio Newtoniano 
Il newton è interessante dal momento che è quasi sempre meno costoso di un Cassegrain RC.
Purtroppo, c’è un grosso inconveniente nell’utilizzo di un telescopio newtoniano per astrofotografia, specie per telescopi dal rapporto focale veloce pensati per sensori piuttosto grandi. Il Newton soffre di un’aberrazione detta “coma”. Mentre uno specchio parabolico mette felicemente a fuoco tutti i raggi assiali in un singolo dischettino –  non è questo il caso per i raggi che giungono lievemente inclinati, i quali formano un’immagine leggermente fuori asse – ma questa immagine non è un cerchietto; ha invece una forma simile ad una cometa con la sua coda, di qui il nome. Più i raggi incidenti sono fuori asse, più l’immagine è formata lontano dall’asse e più è estesa e gonfia la “cometa”. Questo è spesso un problema significativo per astrofotografia coi newtoniani.
C’è una risoluzione minima che la pellicola non puo’ superare, dovuta ai limiti fisici dell’emulsione. Se il rigonfiamento dovuto al coma è sempre mantenuto inferiore alla risoluzione minima della pellicola (che solitamente si assume pari a 0.025 mm) allora non c’è problema, tanto, non si vede. Nella pagina Progettazione ottica si puo’ vedere che ci vuole un campo reale di 44mm per illuminare pienamente un negativo da 35mm (36 x 24 mm) e un campo reale di 100mm per il medio formato (diciamo 70 x 70 mm). Questo corrisponde a 22mm fuori asse, da entrambi i lati, per un negativo da 35mm e a 50mm per il medio formato.Il diagramma poco sopra (rappresentato con le stesse convenzioni del libro “Telescope Optics” citato nella bibliografia in basso) mostra il coma di uno specchio da 200mm. Vi sono due cerchi che rappresentano 0.025mm e 0.1mm. Il cerchio più piccolo da 0.025mm è la risoluzione spaziale più piccola che la pellicola è in grado di rilevare. Fin tanto che l’elongazione del coma è inferiore a questo valore, si otterranno fotografie dove il collo di bottiglia è l’emulsione, anche se forse resterete sorpresi di sapere che per raggiungere questo risultato fino ai bordi di un campo da 44mm, e’ necessario un rapporto focale esasperantemente lento, circa F/15.
Se si richiede qualita’ eccellente della foto fino a bordo campo, questo e’ inevitabile. Si noti che il diagramma per lo specchio da 200mm ha valori di 12mm e 18mm fuori asse, che corrispondono a campi reali di 24 e 36mm rispettivamente, cioeïï, le due dimensioni di un comune negativo da 35.
x
 

Ma come al solito, si può cercare qualche compromesso. La maggior parte dell’energia nella “coda” della cometa è concentrata vicino alla punta. Il resto è molto debole e difficilmente viene registrato dalla maggior parte delle emulsioni. La regola a spanne proposta da Rutten e Van Venrooij è che la lunghezza massima dell’estensione del coma può essere fino a 0.1mm a bordo campo, e si ottiene lo stesso una risoluzione adeguata. Questo significa che rapporti focali più veloci, quali F/8, diventano utilizzabili per un negativo da 35mm. (Da qui il nostro suggerimento di lavorare a F/8 e rapporti più chiusi.)

Il grafico piu’ sopra mostra il coma al variare del rapporto focale insieme alle due lunghezze significative per la pellicola, di 0.025 e 0.1mm, e al semicampo di 22mm per un negativo da 35mm completamente in piena luce.

Se vi serve un rapporto focale più veloce di quello suggerito nella tabella a fianco, avete parecchie opzioni:
una e’ semplicemente prendere atto che gli oggetti verso il bordo del campo saranno sfuocati, ben sapendo che l’mmagine al centro del campo sarà di ottima qualità. Forse vi potrete accontentare di un campo utilizzabile di, diciamo, 24 o 36mm, invece di 44mm? Non dimentichiamo che con un fuocheggiatore da 2″, il campo da 44mm non sarebbe in ogni caso pienamente illuminato.

Se avete già un telescopio, una macchina fotografica da 35mm, e un raccordo, mi raccomando non desistete dal provare a fare qualche foto lo stesso. Costa poco, e magari i risultati vi sorprenderanno in positivo. Non dimenticate di dire al fotografo che avete esposto la pellicola nel cuore della notte a riprendere stelle, che non butti via i vostri negativi “tutti neri”! – o magari tagli a metà un fotogramma…

Se vorreste scendere sotto il limite di 0.1mm con uno specchio più veloce di F/8, o sotto il limite di 0.025mm con uno specchio più veloce di F/15, un’altra possibilità è utilizzare un correttore di coma, cioè, un gruppo di lenti che si introduce nel percorso ottico e rimuove o riduce il coma. Si può mettere vicino alla macchina fotografica o montarlo insieme al secondario piatto. Il correttore di coma modifica le caratteristiche ottiche del telescopio e a volte modifica anche la focale.

Se avete intenzione di costruire un telescopio con un correttore di coma, dovrete essere consapevoli di come lavora e quali sono i suoi effetti prima di iniziare a progettare lo strumento. Dovrete confermare che questo lavora bene con il vostro primario di una certa apertura e rapporto focale, a che distanza dal sensore va posto, e quale effetto avrà sulla lunghezza focale del sistema.

Un esempio ben noto e ampiamente pubblicizzato di correttore di coma è il Paracorr TeleVue. Si dice che riduca il coma di sei volte per rapporti focali tra F/3.5 e F/8. Lo si innesta direttamente tra un fuocheggiatore da 2″ e una macchina fotografica da 35mm. Si deve controllare, prima dell’acquisto, che la macchina fotografica si possa adattare al Paracorr cosicchè la lente più vicina sia a 55mm dal sensore. Si noti che, anche se non abbiamo mai avuto occasione di prendere in mano uno di questi correttori, si dice che abbiano apertura libera di circa 42mm, e quindi, danno un campo di piena luce di circa 30mm con uno specchio a F/5.

Un altro correttore di coma commerciale e’ il Lumicon Coma Corrector. Questo viene consigliato per sistemi F/4-F/5 e ho sentito dire che ha 48mm di apertura libera. E’ quindi più grande del Paracorr, ma deve essere posizionato più distante, a circa 90.5mm dalla pellicola. Controllate sempre che il fuocheggiatore e la camera siano compatibili con questi vincoli. All’aumento del rapporto focale il campo di piena luce cresce più velocemente del Paracorr, ma raggiunge un valore limite di soli 36mm, a F/8.

Se state prendendo in considerazione di usare un correttore di coma, potete usare la pagina Progettazione ottica e il foglio di calcolo per il campo reale visibile dal fuocheggiatore per calcolare approssimativamente il campo disponibile. Su quella stessa pagina vedrete che le cifre tipiche di 30-32mm di apertura corrispondono grossolanamente a una percentuale di illuminazione del 70% circa al bordo di un campo da 44mm – cioè, sono ancora utilizzabili con una 35mm.
Oldham Optical può fornire le ottiche per correttori di coma più grandi, ma sono richieste almeno due lenti, per minimizzare l’aberrazione cromatica. Cio’  significa quattro superfici ottiche da lavorare. Il correttore è piccolino, soprattutto se confrontato col primario, ma costoso. Potrebbe costare più dello stesso primario – e forse costerebbe meno scegliere un Cassegrain RC.

Per la pellicola, la grana dell’emulsione è il fattore che limita la risoluzione a 0.025mm (o a 0.1mm a seconda di come vogliamo mettere la faccenda); per le digitali tale fattore limitante è la dimensione del pixel individuale nel CCD. Una camera da 6 megapixel tipicamente ha pixel di circa 0.008mm, cioè, molto più piccoli della risoluzione della pellicola, e circa equivalenti al diametro del disco di Airy di un F/6. Per cui, se desideriamo che sull’asse ottico la risoluzione ottica sia paragonabile a quella del CCD, dobbiamo costruire un F/6 o più veloce. Ma fuori asse il coma ci spingerebbe a preferire un rapporto focale molto più chiuso. Per ottenere prestazioni costanti fino al bordo di un sensore CCD dalla diagonale di 28mm, in teoria ci vorrebbe un telescopio intorno a F/16. Quanto alla regola spannometrica di Rutten e van Venrooij, che ci darebbe un F/12, se applicata a un CCD è un pò discutibile. Forse il limite reale è la dimensione in cui vogliamo visualizzare l’immagine digitale. Un’immagine normale da 6 megapixel si puo’ stampare in A3 senza che i singoli pixel siano visibili; forse, se possiamo aspettarci un po’ di degradazione dell’immagine, potremo scegliere di fermarci all’A4 che per molti scopi è sufficiente.
A questo punto dovrebbe essere chiaro che ottenere un campo corretto sufficientemente ampio per una macchina fotografica, digitale o a pellicola, da 35mm, potrebbe essere difficile con un newton. Se avevate in mente una medio formato, si deve usare un correttore di coma dedicato e costoso. Forse potreste prendere in considerazione un telescopio di tipo cassegrain?

 

Telescopio Cassegrain

Dopo aver letto la sezione dedicata ai newtoniani, sarete certamente felici di sapere che un telescopio Cassegrain / Ritchey-Chrètien è privo di coma. Questo significa che il suo campo corretto può essere molto più grande, prima che altre aberrazioni ottiche incomincino a farsi sentire. Ottenere un campo corretto di 44mm per un negativo da 35mm è facile, e un campo corretto di 100mm per una medio formato è fattibile.

All’aumento della curvatura di campo, la successiva aberrazione, quella che è più probabile affligga gli RC, è la curvatura di campo.
Il raggio della curvatura di campo per i Cassegrain è una delle cifre calcolate dal foglio di calcolo che trovate alla pagine Progettazione ottica. Dal momento che i sensori normali sono piatti, l’effetto della curvatura di campo è che i bordi dell··immagine sono fuori fuoco quando il centro è a fuoco. Si può ridurre questo effetto mettendo a fuoco, non il centro, ma la regione a metà fra il centro e i bordi. Finchè l’effetto di sfuocatura è inferiore alla risoluzione del sensore, l’mmagine andrà benissimo. Noi produciamo delle ottiche cassegrain da 20″, F/8.2, progettate per fornire un campo di piena luce da 100mm per fotografia con medio formato senza correttori o spianatori – ma si deve fuocheggiare come descritto poc··anzi. Per il nostro 20″ F/8.2, il valore effettivo della dimensione dell’immagine sfuocata è circa 0.066mm senza nessuna compensazione, che diventa circa 0.033mm quando si adotta il metodo sopra descritto; questo valore  è leggermente superiore a 0.025mm al bordo estremo del campo, ma è ben al di sotto di 0.1mm. Ovviamente le stesse ottiche possono lavorare in maniera eccellente per pellicole più piccole quali la 35mm, dove la dimensione dell’immagine a bordo campo è solo di 0.012mm. Possiamo anche produrre delle ottiche cassegrain 20″ F/12 che ha lunghezza focale maggiore e ostruzione più bassa, pur mantenendo un campo corretto ampio a sufficienza per una 35mm a pellicola o digitale.

Field Curvature of Cassegrains
 

Se la curvatura di campo vi preoccupa, ci sono due opzioni. Una è progettare un sistema cassegrain con curvatura di campo nulla (meglio descritta come “a raggio di curvatura infinito”) – fate riferimento alla pagina Progettazione ottica per i dettagli. I due punti deboli di questa scelta sono la lunghezza focale aumentata e una maggiore ostruzione, intorno al 50%, e di solito non ne vale la pena. Un’altra possibilità, analoga al correttore di come per newton che abbiamo discusso precedentemente, è introdurre nel cammino ottico di un Cassegrain uno spianatore di campo. Se è possibile posizionarlo vicino alla superfice del sensore, di solito è sufficiente una sola lente, ma se si usa una DSLR standard e lo spianatore di campo deve stare ad una certa distanza dal sensore, è necessario utilizzarne almeno due. Lo spianatore di  campo avrà un  (piccolo) effetto sulla lunghezza focale, e se intendiamo utilizzarlo, dobiamo controllare che il backfocus sia sufficiente. Si noti che lo spianatore introdurrà un pochino di aberrazione cromatica, ma se correttamente progettato, i benefici saranno molto superiori agli svantaggi.

Se un Cassegrain è progettato in modo da essere privo di coma e da avere un campo ragionevolmente spianato, l’aberrazione predominante di ordine successivo è l’astigmatismo; ma a quel punto, si tratta di un termine sufficientemente piccolo da non disturbare l’astrofotografia amatoriale nelle sue normali applicazioni.

 

Schmidt Camera 

L´astrofotografia con newtoniani o cassegrain è limitata a campi relativamente stretti, diciamo fino a 2 gradi. E se uno volesse acquisire immagini grandangolo? Forse potreste prendere in considerazione una camera di Schmidt. Di solito noi la consigliamo a chi possiede già un altro telescopio di apertura significativa, o se ha necessità specifica di immagini dettagliate a largo campo. Praticamente qualsiasi telescopio si può bene o male usare per far foto, ma al contrario, la Schmidt camera non è un telescopio, si può solo usare per acquisire immagini a campo largo, e non è utilizzabile in visuale.

La progettazione è simile a quella degli altri telescopi, l’angolo di campo è funzione della lunghezza focale del sistema e della dimensione del sensore. Figurare specchi sferici più veloci di F/2 non è difficile, possiamo fare degli F/1 da 300mm senza grosse difficoltà, anche se la curvatura di campo per un’ottica di questo tipo potrebbe essere problematica – per lastre da 35mm si ottengono in questo modo circa 8 gradi. Va anche detto che una lente da 300mm di focale darebbe la stessa visuale e costerebbe un sacco di soldi in meno – certo però avrebbe apertura molto inferiore.

La Schmidt camera è una scelta sensata per sensori molto grandi, dal medio formato in su. Il limite pratico è la dimensione del sensore e del suo supporto e la notevole ostruzione che ne consegue. Tuttavia, grandangolo significa che si intende utilizzarlo per acquisire immagini di campi stellari che sono strutture ad altissimo contrasto, per cui, un’elevata ostruzione e la conseguente perdita di contrasto non ci disturba.

Si noti che l’utilizzo di una lastra correttrice significa che l’aberrazione cromatica non è assente – ma sarà abbastanza contenuta da non creare problemi.

 

Companar Camera

Abbiamo prodotto queste ottiche solamente a partire dal 2005. La seconda lastra correttrice richiede una lavorazione speciale. Questa camera è un’evoluzione di un matsukov. Utilizza i due specchi sferici e una lente correttrice a menisco come i Matsukov, ma ne differisce in quanto ha una seconda lente correttrice davanti al menisco. Il vantaggio del correttore in più è un campo corretto enorme e praticamente piatto, che permette di acquisire immagini quasi perfette, diciamo fino a 6″ di diametro, con un telescopio di soli 12″ di apertura. A differenza della Schmidt camera dove il sensore è interno al tubo – e andrebbe montato su supporto curvo – la Companar Camera produce un campo piatto e il punto di fuoco è esterno alla camera, dove il sensore viene posizionato e gestito comodamente. In teoria questo disegno ottico si può usare come un telescopio, ma avendo una focale velocissima risulta poco utilizzabile con gli oculari in commercio, e in ogni caso, è ottimizzato come astrografo. E’ però possibile, a differenza della Schmidt camera, effettuare il puntamento con un oculare. Anche qui, si tratta di uno schema ottico da prendere in considerazione per il medio formato e oltre; per una 35mm SLR, un Ritchey Chrétien fa un lavoro eccellente e costa molto meno.

In un Matsukov ordinario, la lente a menisco singola introduce aberrazioni che per campi estesi diventano significative. Il secondo correttore è progettato per cancellare il grosso dell’aberrazione cromatica (nei fatti si ottiene un correttore acromatico). La scelta dei vetri, delle distanze, e delle curvature, ci offre i gradi di libertà necessari per variare la curvatura di campo della coppia di correttori mantenendo ferma la condizione che l’aberrazione sferica sia cancellata.  Resta solo da misurare e cancellare il raggio di curvatura residuo mettendo a punto i raggi di curvatura e le separazioni fra i due specchi. Il risultato è una splendida camera dal campo enorme. Attenzione – un campo enorme avrà un pò di vignettatura fisiologica.

Se potete permettervelo, questo tipo di camera a campo larghissimo potrebbe essere l’unico per il quale valga la pena di spendere. Il dettaglio più delicato è il secondo correttore asferico, e questo non è nè facile da figurare, nè a buon mercato. No, non vi diremo come li facciamo. Sorry!

Nota: il termine Cassegrain viene giustamente usato anche per lo schema Ritchey-Chrètien, che è storicamente un Cassegrain derivato.

 

Oldham Optical – riproduzione vietata