Categoria: ARGOMENTI TECNICI ASTRO FOTOGRAFIA

Che cosa è l’alta risoluzione?

Libera traduzione di Massimo Boetto autorizzata da Thierry Legault, dal suo testo “Qu’est-ce que la haute resolution?” L’originale è visibile in www.astrophoto.fr
L’imaging ad alta risoluzione è la tecnica che consiste nell’ottenere delle immagini planetarie, lunari o solari  fini e dettagliate il più possibile.
Sebbene numerose immagini planetarie e lunari sono qualificate immagini ad alta risoluzione, poche lo sono realmente. Solo le immagini in cui la risoluzione non è troppo lontana dalle capacità teoriche dello strumento con la quale sono state riprese meritano questo appellativo.
Sfortunatamente, non è sufficiente installare una camera CCD su non importa quale strumento (anche se di grande diametro) e non importa in quali condizioni per ottenere automaticamente delle immagini ad alta risoluzione!
La dimensione dei più piccoli dettagli planetari che può ritrasmettere un certo strumento non deve essere confusa con il suo potere separatore visuale  dato dalla formula (empirica e approssimativa):

R = 120/D (R in secondi d’arco, D in millimetri)

Questo valore si applica unicamente alle stelle doppie, egli indica la separazione minima approssimativa che deve presentare una coppia di stelle della stessa magnitudine per poter essere visualmente separata.  Il fatto che un dettaglio planetario sia o non risolto dipende da numerosi fattori quali la sua forma e il suo contrasto. Nelle condizioni favorevoli, dei dettagli di una dimensione inferiore al potere separatore stellare dello strumento possono esserci. L’immagine di Saturno della home page [del sito dell’autore www.astrophoto.fr]  è un esempio: la divisione di Cassini misura 0,7″ alle estremità dell’anello, ma solamente 0,3″ quando l’anello sfiora il bordo del pianeta.  Tuttavia è ancora nettamente visibile in questa situazione, considerando che il potere di risoluzione stellare teorico dello strumento è 0,55″.
La figura che segue presenta le curve MTF relative  allo stesso strumento, comparate su degli oggetti a debole contrasto (superfice planetaria) e di forte contrasto (Luna, stelle doppie, divisione di Cassini, ombre dell’anello o di satelliti, bordo  di un pianeta). Per essere rilevato, un dettaglio deve presentare un contrasto sufficiente. La soglia di contrasto è qui fissata arbitrariamente al 5% ma il suo valore reale dipende in pratica da fattori quali la luminosità dell’oggetto e la tecnica impiegata (visuale, fotografica o CCD).  Si constata che il limite della risoluzione di un oggetto di forte contrasto (intersezione delle curve rossa e verde) è più elevato che il limite su di un oggetto debole (intersezione delle curve blu e verde).

 

 

Nella pratica, tutti i problemi che affliggono lo strumento e  il suo ambiente contribuiscono a diminuire il contrasto, e per conseguenza ad appiattire la curva di MTF: ostruzione, aberrazioni ottiche (cromatismo, sferica, astigmatismo, errori zonali, rugosità, ecc.), riflessi, turbolenza atmosferica, difetti di equilibrio termico, scollimazione, messa a punto difettosa, ingrandimento inadatto, vibrazioni, ecc.. Le degradazioni si accumulano le une sulle altre e, la maggior parte del tempo, la curva reale dello strumento non ha sfortunatamente che un lontano rapporto con la curva teorica presentata qui sopra. Tutte le difficoltà dell’imaging in alta risoluzione (e in modo generale l’utilizzo efficace di uno strumento) consistono nel minimizzare questi diversi problemi alfine di ottenere una curva reale non troppo diversa dalla curva ideale.

Qual’è l’apporto dei CCD in alta risoluzione?

La tecnica del CCD presenta due vantaggi cruciali in rapporto alla fotografia su pellicola:

  1. la sua sensibilità, che permette dei tempi di posa molto corti (meno di 1/10 di secondo sulla Luna) permette di attenuare considerevolmente gli effetti dell’agitazione delle immagini dovuta alla turbolenza atmosferica.
  2. il trattamento dell’immagine in cui la potenza di calcolo permette di ricavare il massimo da delle immagini brutte.

Grazie a questi vantaggi, in circostanze identiche il CCD ottiene oggi del risultati molto migliori in alta risoluzione che non la fotografia su pellicola. Il CCD permette di esplorare il pieno potenziale dello strumento, il livello dei dettagli ottenibili può essere molto vicino a quelli che l’occhio distingue  all’oculare (tuttavia, non ho mai provato che il CCD sia capace di registrare molte più informazini che l’occhio non possa vedere su di un pianeta o sulla Luna).
E’ necessario essere coscienti che il CCD è un eccellente rivelatore della qualità dell’immagine restituita dallo strumento, esso è ugualmente un formidabile rivelatore di …… assenza di qualità.  Se l’immagine è scadente all’oculare, le immagini CCD saranno tutte di conseguenza. Contrariamente a una idea molto diffusa ma falsa, ne la camera ne il trattamento dell’immagine sono capaci di compensare i danni causati da uno strumento difettoso o mal utilizzato. In più,  se il trattamento dell’immagine comporta un certo comfort innegabile e permette d’affrancarsi dalla tappa penosa del laboratorio, la messa in opera della camera al momento della ripresa è più delicata che una fotografia su pellicola, specialmente a causa dei problemi di centraggio e di messa a fuoco. CCD non è un sinonimo di risultato garantito. Tutte le qualità richieste in alta risoluzione fotografica sono ancora indispensabili con il CCD: perseveranza, rigore, desiderio di progredire e rimettere in discussione permanentemente delle acquisizioni e delle certezze. Al contrario, alcune competenze particolari in elettronica o in informatica non sono realmente necessarie.

 

Thierry Legault ©

Qual’è il ruolo della elaborazione nelle immagini?

(Libera traduzione di Massimo Boetto su autorizzazione di Thierry Legault, del testo “Quel est le role du traitement d’image?” visibile in originale nel sito dell’autore www.astrophoto.fr)

Ci sono numerose cose che l’elaborazione delle immagini può fare….e altre non può!

Che cosa l’elaborazione delle immagini può fare.

In alta risoluzione, oltre alle funzioni abituali di pretrattamento (correzione dell’offset, il dark e il flat), l’apporto della elaborazione alle immagini è di due tipi: aumento del contrasto dei dettagli e riduzione del rumore.

Aumento del contrasto.

I dettagli planetari sono in generale poco contrastati in paragone alla luminosità media del disco. E’ per questo che una immagine planetaria grezza, visualizzata tale e quale sul video del pc, mostra poche informazioni: i diversi elementi di un dettaglio poco contrastato occupano un solo livello di grigi. E’ necessario accrescere il loro contrasto con il fine di poter meglio distinguerli.
Tutti gli algoritmi di trattamento delle immagini destinati ad aumentare il contrasto lavorano nello stesso modo: amplificano le alte frequenze dell’immagine. E’ per questo che sono chiamati filtri passa-alto, e il più conosciuto tra questi è senza dubbio la maschera flou. Questa tecnica, difficile da mettere in opera in fotografia su pellicola, funziona nella ripresa digitale nel modo seguente ( figura sotto):

  • una immagine flou (curva blu) è prodotta partendo dall’immagine planetaria grezza (curva rossa) con l’applicazione di un filtro passa-basso (gaussiano) in cui la potenza è regolabile; le alte frequenze sono soppresse,
  • questa immagine flou è sottratta dall’immagine iniziale; il risultato (curva verde) contiene solamente i dettagli più fini (altre frequenze), ma il suo aspetto è strano ed inestetico (sfortunatamente, questa immagine contiene anche del rumore),
  • quest’ultima immagine è moltiplicata per un coefficiente regolabile n (abitualmente compreso tra 2 e 10) e poi aggiunta all’immagine iniziale. Il risultato (curva nera) è una immagine in cui l’aspetto è “normale” ma nella quale i dettagli di piccola scala (alte frequenze) sono stati amplificati.
 

 

Questo tipo di filtro è molto efficace ma sfortunatamente non è senza inconvenienti.
Principalmente, l’effetto Gibbs: degli artefatti possono appare in alcune zone dell’immagine, specialmente dove si trovano delle variazioni di forte intensità: bordo di un pianeta, ombra di un satellite su Giove, divisione di Cassini, ecc.. Questo effetto è allora visibile come delle aureole scure intorno a delle zone chiare, o delle aureole chiare intorno a delle zone scure. Su di un dettaglio quale l’ombra di un satellite su Giove, l’artefatto è facilmente riconoscibile sotto forma di un anello brillante lungo la circonferenza dell’ombra. Ma su dettagli di forma più complessa, questo effetto può essere più difficile da scoprire. Tuttavia può essere presente e creare dei “falsi” dettagli molto difficili da distinguere dai “veri”. Sfortunatamente, questi artefatti sono legati ai dettagli reali, appaiono nella stessa maniera sulle differenti immagini trattate. Il solo modo di ridurre il rischio di provocarli è di limitare per come possibile la forza della elaborazione, essa non è fattibile qualora il contrasto sia già sufficientemente elevato nelle immagini grezze.
Un’altra conseguenza noiosa dei filtri passa-alto concerne il rumore. In una immagine grezza, il romore è principalmente localizzato nelle alte frequenze…. come i dettagli amplificati dal filtro!  Dato che è impossibile separare i dettagli dal rumore, tutti e due sono amplificati nello stesso modo, e il risultato può essere una immagine dove sono talmente mescolati che è impossibile distinguerli. A volte l’immagine sembra molto dettagliata ma  una comparazione con delle immagini più fini (HST, Pic-du-Midi) mostra quanto in realtà sia dominata dal rumore!

Riduzione del rumore.
Tenendo conto dei livelli di luminosità molto elevati raggiunti in una immagine planetaria, il rumore è largamente dominato dal rumore dei fotoni (nella maggior parte gli altri rumori sono ininfluenti). Questo rumore proviene dalla luce dell’oggetto medesimo (il segnale), è dovuto alla natura  della luce. In una immagine grezza, le leggi della statistica ci informano che il livello medio del rumore è proporzionale alla  radice quadrata del segnale. Per conseguenza il rapporto segnale sul rumore è esso stesso proporzionale alla radice quadrata del segnale.
Esempio: su una immagine planetaria presa con l’aiuto di una camera in cui il convertitore A/D satura a 5000 elettroni, il livello medio di luminosità del disco è di circa 30000 elettroni. Il livello medio del rumore è allora di circa 170 elettroni. Il rapporto segnale sul rumore è vicino a 170.
Su un calcolatore  che usi 64 livelli di grigio, il rumore è generalmente invisibile su di una immagine grezza perchè la sua ampiezza media è inferiore a quella di un livello di grigio (rapporto del segnale sul rumore superiore a 100). Ma, come abbiamo visto, il rumore è amplificato dal filtro passa-alto e diventa evidente dopo l’elaborazione. Nell’esempio precedente, se il coefficiente  di amplificazione della maschera flou è di 8, il rapporto del segnale sul rumore scende a circa 20, e allora il rumore occupa diversi livelli di grigio. Si mantiene perfettamente visibile, mescolato ai dettagli.
Sfortunatamente, in una immagine singola, è impossibile ridurre il rumore in quanto non è separabile dal segnale. Ma, grazie alla sua natura aleatoria, il rumore è differente da una immagine all’altra. Compositare 4 immagini moltiplica il segnale per un fattore 4 e il rumore per un fattore 2 solamente. Il rapporto segnale sul rumore è dunque moltiplicato per 2. Nell’esempio precedente, combinare 10 immagini moltiplica il suo rapporto per 3,3: il suo valore diventa 560 sull’immagine composta, e 70 nell’immagine elaborata. Questa immagine è molto dolce al video, e i dettagli reali sono facilmente visibili (ancora una volta, attenzione agli artefatti!).
Esaminate le immagini qui sotto. La prima (in alto a sinistra) è una immagine grezza di Giove. La seconda (in alto a destra) è un compositage di 15 immagini. Tutte e due sono morbide, la differenza è invisibile. Ma dopo l’elaborazione con la maschera flou (in basso), questa differenza diventa chiara: la seconda immagine è molto meno rumorosa che la prima, dove si distinguono più dettagli perchè emergono dal rumore.

   
1 immagine grezza 15 immagini grezze
   
1 immagine grezza + maschera flou 15 immagini grezze + maschera flou

 

Nelle riprese di profondo cielo, è ancora più difficile utilizzare dei trattamenti tipo la maschera flou o di restauro (Richardson-Lucy, aumento dell’entropia, ecc.) in cui gli effetti indesiderabili sono più pronunciati. In effetti, il rapporto segnale sul rumore è nettamente più basso che in una immagine planetaria, il rumore è dunque considerevolmente amplificato e gli artefatti, in particolare gli aloni neri intorno alle stelle (gli “occhi di panda”), danno all’immagine una apparenza molto discutibile. Di nuovo, il migliore mezzo per evitare questi problemi è di ottenere direttamente delle buone immagini grezze.
Senza dubbio per analogia con gli effetti speciali del cinema, alcune persone pensano che l’elaborazione delle immagini è efficace perchè può rimediare a dei problemi di ripresa quali la turbolenza, un’ottica scadente o mal regolata, un cattiva messa a fuoco, un cattivo inseguimento, ecc… E’ una leggenda. Il ruolo dell’elaborazione delle riprese non è di inventare i dettagli che si sono rivelati evanescenti , ma di trasformare l’immagine  perchè si possano meglio distinguere i particolari…. se ci sono! E’ impossibile ottenere una buona immagine elaborata a partire da una ripresa grezza mediocre, esattamente come nella fotografia in pellicola è impossibile trasformare un cattivo negativo in una buona stampa. Sicuramente, poichè i dettagli sono difficilmente discernibili in una immagine grezza, la differenza apparente tra una buona ripresa grezza e  una scadente è difficile da distinguere. Ma dopo l’elaborazione la differenza diventa enorme in quanto il trattamento non può creare dei dettagli a partire dal nulla (vedi le immagini qui sopra). I più grandi sforzi nella elaborazione non valgono il più piccolo miglioramento dell’immagine finale: quando i fotoni arrivano sul sensore, tutti i giochi sono fatti. L’elaborazione delle immagini fa delle prodezze, non dei miracoli!

   
immagine grezza – telescopio collimato immagine grezza – telescopio scollimato
   
immagine elaborata – telescopio collimato immagine eleborata – telescopio scollimato

 

Inoltre, una immagine astronomica è qualcosa di fragile che è pericoloso (ed inutile) torturare per estrarre informazioni. I programmi di elaborazione delle immagini sono ormai cosi potenti che sembrano delle Ferrari…. ma non li conduciamo come Ayrton Senna! In realtà, è meglio elaborare una immagine il meno possibile: la prima qualità di un amatore in questo settore non è la sua tecnicità, ma la sua moderazione. Ricordiamo le immagini planetarie del HST: sono dettagliate ma tuttavia molto morbide, senza molte tracce di sovratrattamento che affliggono tante immagini amatoriali. Se una immagine grezza è buona, una elaborazione moderata sarà sufficiente a mostrare il contenuto. E se una immagine elaborata mostra pochi dettagli, è un problema d’acquisizione, non di elaborazione.

 

Thierry Legault ©