Celle flottanti, autoportanti e tipi diversi per ogni esigenza .

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maxproject
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Celle flottanti, autoportanti e tipi diversi per ogni esigenza .

Messaggio da maxproject »

Ragioniamo liberamente, prendendo bene in esame le celle dei telescopi riflettori amatoriali.

Quando una cella viene venduta a 2-400 euro è già un campanello d'allarme sul come è stata fatta. Il primo aspetto è che si sono eliminati tutti i lavori più costosi di finitura (non estetica ma di conformazione), la seconda è che si è fatto ricorso a lamierati commerciali. La terza è che il sistema di collimazione e di aggancio al tubo sono realizzati in modo obsoleto.

Sulla collimazione non ripetiamo quanto abbiamo già detto in altri post di questo forum (perchè poi alcuni non estimatori dicono che il nostro forum è noioso, ovviamente, meglio era postare una foto di M42 e farsi 4 pagine di complimenti), sono li da leggere e sono qui da provare. Piuttosto ci soffermiamo sul sistema di congiunzione al tubo del telescopio. Parlammo a suo tempo del nostro collega che realizzava gli angoli dove forare con il goniometro da cancelleria, così quando smonti la cella e la rimonti i buchi non combaciano e devi fare roteare tutto quanto. E' un aspetto secondario?

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Di tutto questo, o caro lettore, lascio a te l'ulteriore considerazione. Io scendo dall'Ippogrifo; tu, se ti aggrada, puoi continuare la volata.
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Andrea Maniero
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Messaggio da Andrea Maniero »

200/400 euro sono il prezzo di vendita quindi con ricarico , logico pensare al valore
della cella stessa compresa lavorazione , e' ovvio che non ci si puo trovare di fronte
ad un pezzo studiato e progettato a dovere e nemmeno lavorato a dovere .
Parlando di celle per specchi forati quindi a fuoco posteriore ho avuto l'occasione tuttora di confrontare sistemi elementari di sostegno con il progetto Northek e parlando con amico astrofilo autocostruttore anche lui e giunto alla conclusione che il sistema adottato va a garantire la totale performance dell'ottica sostenuta , niente a che vedere con le soluzioni industrialmente utilizzate dai mass market che il sottoscritto ha posseduto . Se posso portare la mia personale esperienza devo dire che nello strumento che adotta la cella StabilobloK 25 non ho mai notato deformazioni di alcun genere dell'immagine di diffrazione
anche in condizioni termiche non stabilizzate o in osservazioni sotto i 45° , nessun mirror shift
delle immagini anche in repentini spostamenti del tubo ottico . Ovviamente cio' se si desidera
avere un tubo ottico che performi al top in ogni occasione .
Edited by Andrea Maniero on Jan 13, 2012 at 04:20 PM

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maxproject
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Messaggio da maxproject »

Quanto dice Andrea, essendo lui fruitore dei nostri prodotti, potrebbe sembrare di parte. Sappiamo che molti pensano e dicono questo. Invitiamo chi ha dubbi del genere a venire in sede e a verificare come è realizzato un qualsiasi telescopio NortheK.
Poi vorremmo spiegare che non è proprio così immediato ottenere simili risultati, soprattutto a coloro che la fanno tanto facile e che discutono di quanto è semplice far bene un telescopio (salvo poi metterci mesi per farlo funzionare).

Una cella per primari è una cosa seria. E' all'interno di questa che si risolvono molti problemi che spesso e in modo grossolano vengono imputati alle ottiche. Siamo pronti a scommettere che ottiche malgiudicate performeranno perfettamente, se montate in modo corretto e intubate da manuale.

NortheK sostiene la linea delle cella a punti flottanti e NON sostiene la linea delle celle autoportanti per specchi conici o meno. Questo non vuol dire che solo quelle a punti flottanti funzionano, vuol dire che anche un sistema autoportante per poter lavorare in modo adeguato ha bisogno di pesi e costi non proprio popolari.

Detto questo, vorremmo far analizzare ai nostri lettori, la complessità di sistemi diversi ma che comunque funzionano in modo corretto. Ovviamente si sconfina in considerazioni meccaniche abbastanza ardite e forse non è il caso di dare in pasto il nostro lavoro a stimati colleghi e costruttori della domenica che arrotondano vendendo qualche tubo.

Nonostante tutto cercheremo di spiegare meglio i concetti che ci portano a determinate scelte, concetti poi rivoluzionati nelle ST 60.

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Edited by maxproject on Jan 13, 2012 at 07:03 PM

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maxproject
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Messaggio da maxproject »

In un post precedente abbiamo discusso dell'interfaccia cella/tubo del telescopio. Non certo per denigrare la pochezza di mezzi di alcuni costruttori ma soprattutto per far capire che un buon funzionamento è dato dall'insieme di progetto. Possiamo pensare che il progetto è stato disegnato con cura se anche solo i buchi per le viti sono fatte col trapanino a colonna, disegnando gli angoli col goniometro di plastica? Ecco da queste ipotetiche marginalità si intuisce chi ha costruito un telescopio e come lo ha costruito.

Alcuni diranno che sono sottigliezze inutili, vero. Peccato che a lavorare bene costa come lavorare male, e perchè dovremmo comperare da chi lavora male? Ovvio: costa meno in quanto ha fatto scelte costruttive di dubbia funzionalità e un pochino preistoriche.

La cella del telescopio è IL PRIMO elemento su cui si va ad innestare tutto il progetto ottico e meccanico dello strumento. Dalla medesima dipende la collimazione, l'assenza di aberrazioni indotte sul primario, la corretta ventilazione, il corretto posizionamento di tutto l'asse ottico e meccanico. Fino a poco tempo fa MOLTI contraddivano questi nostri pensieri, oggi se ne ammantano come propri rimarcando il tema della precisione come un tema importante, ma sanno poi di cosa stanno parlando?

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Edited by maxproject on Jan 13, 2012 at 09:18 PM
Edited by maxproject on Jan 13, 2012 at 09:19 PM

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Messaggio da maxproject »

Presto vedremo scopiazzature maldestre anche dei sistemi di collimazione NortheK. Qualche indizio cominciamo ad averlo, ad arrivare secondi si fa sempre la figura miserrima.......... Ma il sistema di collimazione a micrometri è - insieme al sistema autocentrante unico nei telescopi amatoriali - uno dei punti di forza dei nostri strumenti.
Certamente costa, ogni micrometro è un pezzo di alta precisione meccanica e come tale va pagato, inoltre è costruito con criteri di robustezza quasi a norma militare. Non va dimenticato che il suo punto di contatto con la culatta e il piastrone è corredato di opportuni sistemi che gli permettono di lavorare al meglio, in termini assoluti.
Spiace vedere che gli astrofili, i meno preparati, pensano che due viti da 20 cent fanno lo stesso lavoro........forse perchè non sanno cosè un telescopio collimato, o forse perchè non sanno cosa vuol dire lavorare con sistemi ottici in asse, o forse perchè usano abitualmente materiale di dubbia funzionalità e non si rendono conto di come sarebbe se messo in condizioni di lavorare ottimamente.............

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Messaggio da maxproject »

Il fatto di usare una cella a punti flottanti, ha come diretta conseguenza la progettazione della culatta del nostro tubo ottico.

Il piastrone dove sono collocati i ponticelli e lo specchio a cosa si aggancia e come si aggancia? Su questo bisogna discutere un attimino. Se osserviamo alcuni telescopi costosi (e altri da fabbro ferraio) notiamo subito che i più qualificati hanno realizzato una culatta (cioè dove metto la messa a fuoco) molto spessa alleggerendola poi con una fresatura a nido d'ape, con tale sistema si può utilizzare alluminio spesso 20-40 mm con pesi ridotti a un terzo. RCOS per non far nomi è uno di questi. Va da se che questo genere di lavorazioni hanno un costo molto alto, più che altro per il tempo di lavoro della macchina utensile che non è proprio poco.

Chi ha coscienza del proprio lavoro parte da lega di alta qualità, la spiana e poi fa l'alveolatura (come RCOS sempre per non far nomi), poi da li innesta il suo sistema di collimazione e supporto.

Si puo' realizzare un triangolo molto robusto in alluminio che viene posto di fronte alla culatta, ai suoi vertici lavorano le viti di collimazione (con un effetto leva molto preciso, tanto che è il filetto della vite che genera imprecisioni). Il medesimo triangolo si innesta del foro del primario (cella autoportante) conico e con un sistema di viteria interna permette il centraggio del medesimo sul cannotto che poi porterà paraluce ecc. Detto così è semplice, fatto che funzioni non è semplice soprattutto perchè le masse metalliche sono molto grandi e quindi molto pesanti. La cella autoportante ha un senso in diametri fino a 30-40 cm, per strumenti stazionati FISSI, e senza problemi di peso. Oltre anche RCOS adotta sistemi diversi. Stiamo però parlando di una eccellenza ottica e meccanica e con costi di conseguenza. Tutti gli altri si devono accontentare di un tubo in alluminio tornito che "speriamo" non fletta e non "impanci" la piastra della culatta.

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Messaggio da maxproject »

L'altro dettaglio che dobbiamo osservare è il modo in cui si tiene tutto l'asse ottico (teorico) e quello meccanico perfettamente centrati.
Nella cella monoblocco, come quella di cui sopra abbiamo parlato,il cannotto portante collega il paraluce e poi si blocca nella culatta. Come si blocca è una caratteristica di ogni strumento. A vederli ci sono delle ingenuità costruttive che fanno sorridere, altri - i più qualificati - partono da progetti meccanici molto precisi e poi collegano il tutto, ma la regolazione delle parti ottiche è molto contenuta, cosi' da ridurre anche gli spostamenti a monte del cannotto. Ecco perchè si devono usare culatte di grande resistenza.

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Messaggio da maxproject »

Nel secondo caso, quello delle costruzioni molto precise, è tipico di strumenti molto grandi e con masse consistenti, dove per ovvie ragioni strutturali non si può sindacare molto sui punti di sostegno della cella portaspecchio. In questo caso o ci si attacca alla culatta rinforzata o, nei diametri maggiori, il piatto portaspecchio svolge anche la funzione di culatta. Stiamo ovviamente parlando di soluzioni non amatoriali.

Nel caso di diametri piccoli (fino a 600 mm circa), la nostra strategia è stata quella di creare un sistema che usa i micrometri di collimazione come vertici di sostegno del piatto, con precisi calcoli sulla portata e sull'effetto leva che questo comporta, ma per far funzionare il tutto è stato necessario scollegare il sistema autocentrante dalla culatta. E' per questo che possiamo figurare un qualunque strumento per qualunque peso posteriore ed è per questo che quanto si collima il primario, tutto il sistema (specchio, paraluce, messa a fuoco) seguono il posizionamento con la massima precisione.

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Utilizzare sistemi flottanti è l'unico modo per non ricorrere a strutture estremamente pesanti (che funzionano) anche in diametri modesti. Non dimentichiamo che nel caso di una cella autoportante il disco di vetro "dovrebbe" essere alleggerito il più possibile, rendendo la parte posteriore conica, ma questo introduce altri problemi circa la stabilità del medesimo disco quando il diametro diventa sensibile.
Allora possiamo dimostrare, conti in mano, che non è vero che il sistema flottante costa di più del sistema autoportante, mentre - vero - costa di più di soluzioni spannometriche regolamente proprinate in campo amatoriale.
Ricordiamo, per completare, che il sistema flottante se eseguito con un progetto ben studiato diventa molto facile da assemblare e "automaticamente" funzionante quando i processi di controllo e collaudo sono in linea con il montaggio.

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Ricapitolando dunque ci sono pochi aspetti fondamentali quando ci si appresta alla progettazione di un telescopio, con criteri industriali avanzati (quello che dai più semplici viene scambiato per artigianalità, nella realtà si tratta di industrializzare processi complessi per piccole serie, mentre artigiano è colui che realizza quello che può e come può), e in particolare per una cella per specchi primari:

a) riproducibilità infinita del progetto, mantenendo INALTERATO lo standard qualitativo, con un grado di difettosità K = 1 (1 difetto di costruzione o montaggio su 10 elementi);
b) applicazione rigorosa degli elementi di calcolo e COLLAUDO finale del progetto;
c) costo contenuto in relazione al risultato finale;
d) modularità, per incrementarne l'uso su più strumenti e ridurre il costo;
e) facilità di upgrade tecnologici;
f) lavorazione precisa in modo da evitare ogni possibile interferenza qualitativa nel risultato e nel montaggio;
g) certezza del risultato.

Nelle ST 60 il discorso diventa molto interessante perchè scavalca e sovverte quanto affermato nei post precedenti, portando il sistema ad una evoluzione superiore.

Maxproject

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