Termiche e problematiche connesse.

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maxproject
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Termiche e problematiche connesse.

Messaggio da maxproject »

Un tema fondamentale nella costruzione e progettazione di uno strumento, con lo scopo di poter performare al massimo le prestazioni dell'ottica, è quello relativo delle termiche relative al tubo ottico.
Ci riferiamo ovviamente sia ai problemi di raggiungimento e mantenimento della termostatazione delle masse vetrose, e alla elimi****one della colonna d'aria calda insistente nella parte meccanica.
Nella realtà il problema è ancora piu' complesso. Occorrerebbe parlare del materiale con cui è costruita la meccanica, del delta termico tra ambiente esterno (variante nel corso della sessione osservativa), e della massa vetrosa fondamentale soprattutto in diametri e spessori consistenti.
compatibilmente con i costri di realizzazione, ciascuno cerca di affrontare questo tema nel modo piu' semplice e funzionale, ed è in realtà uno dei fattori fondamentali che possono pregiudicare anche un buon strumento ottico.
Molti amatori non si rendono conto di quanto questa problematica sia deleteria.
Il Prof. Dalio ha spiegato in modo molto scientifico e chiaro, in innumerevoli scritti, la formazione e il comportamento di queste termiche all'interno del tubo di un telescopio, ha anche dato indicazioni preziose su come ridurre il fenomeno, almeno in alcuni schemi ottici e per alcuni diametri.
NortheK ha cercato di seguire alcuni criteri costruttivi, meno restrittivi nei diametri piccoli, ma molto piu' sofisticati in ottiche con diametro superiore ai 300 mm., in modo da ridurre il piu' possibile l'interferenza di questo problema con le prestazioni delle ottiche utilizzate.
Ridurre il problema delle inerzie termiche non è ne semplice ne economico, occorre inoltre prevederlo già in fase di progettazione iniziale, proprio per non dover stravolgere strutture accuratamente costruite.
Nel proseguimento di questo argomento cercheremo di approfondire gli aspetti tecnici del problema, lasciando da parte per il momento tutta la parte delle considerazioni di base che risulterebbero troppo tediose ai lettori.
Maxproject


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Edited by maxproject on Oct 29, 2008 at 11:11 PM

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maxproject
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Messaggio da maxproject »

Il primo aspetto affrontabile in modo semplice e con buoni risultati è quello relativo alle masse vetrose.
Nel sito NortheK è indicato un link libero dal quale si puo' verificare l'andamento del diagramma termico di uno specchio. Questo in funzione del tipo di vetro e dello spessore del medesimo (in Se vuoi saperne di più, in Ottiche). La risposta, osservando il link lavorare, è che basta ridurre la massa vetrosa! Semplice ma molto pericoloso.
Se realizziamo un 300 mm. con un disco di pyrex da 50 mm. di spessore, il peso è di circa 5 kg., la massa è dunque molto consistente, ma di converso avremo una estrema libertà progettuale della meccanica e quindi un costo inferiore della cella. Ma come potremo portare a livelli ottimali la temperatura del disco di vetro, considerando che anche i diversi punti della massa vetrosa hanno temperature diverse? Questa non è una soluzione semplice, la massa c'è e c'è anche il delta termico con l'ambiente esterno.
Inutile ripetere che ovviamente il telescopio richiederà un tempo X per raggiungere il suo equilibrio termico, e qualunque osservatore questo lo sa, che gli accorgimenti classici vanno adottati ecc., ma resta il fatto che il nostro disco di vetro impiegherà molto a termostatarsi e fatto ancor piu' grave seguirà con fatica l'andamento della curva termica ambientale.
Una soluzione parziale al problema la si ha adottando specchi sottili (per esempio 300 mm. con 25/30 mm. di spessore, a questo punto il peso scende a 2,5-3 kg.), ma sia ben chiaro che poi si apre tutta un'altra problematica relativa alle meccaniche, che devono essere forzatamente complesse e purtroppo costose.......
Maxproject

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massimoboe
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Messaggio da massimoboe »

Per poter usare la prima arma disponibile, ovvero vetri sottili, abbiamo detto che necessitiamo di una meccanica abbastanza sofisticata.
Il primo punto: cosa intendiamo per vetri sottili. Rivalendoci sullo standard commerciale dei blank di Suprax/Pyrex/Vetroceramica possiamo dire che per ottiche fino a 300 mm. un vetro di 30-25 mm. è considerato sottile, per ottiche da 400 mm. 30-35 mm., per ottiche fino a 500 mm. 40-45 mm., sono gli spessori massimi da noi considerati.
Di consuetudine la gran parte dei costruttori per diametri da 200 a 600 mm. utilizza 46-50 mm., avremo cosi' una situazione esuberante per i diametri piccoli e una situazione (se non compensata opportunamente) di scarsità nei diametri maggiori.
Per specchi secondari il range di spessori va da 10 a 15 mm. , o a spessori leggermente inferiori per piccolissimi pezzi, o superiori (20-25 mm.) per secondari mastodontici in campo amatoriale.
Perchè una meccanica (per esempio) per una cella di un 250 mm. sottile costa molto? Partiamo dal concetto che a questi diametri una delle tante esigenze che si intersecano con quella dell'equilibrio termico, è la trasportabilità. Trasportabilità o montature relativamente leggere sono le due facce del medesimo problema.
Se ragioniamo in termini progettuali i pesi della massa vetrosa sono molto bassi (circa kg. 2,5 per un 250 mm.) e non abbiamo pertanto bisogno di parti metalliche particolarmente robuste. Ma presupponendo che il nostro progetto si porti dietro un accurato disegno complessivo, ricorreremo - e non ci sono altre strade - a lamierati lavorati interamente a macchina. La conseguenza di questa operazione, ad esempio con un lamierato in lega di alluminio dello spessore di 5 mm., è che diventa difficile o laborioso mantenerne le caratteristiche di planarità (soprattutto per pezzi grandi come dimensioni) in fase di fresatura.
Possiamo ridurre il problema aumentando lo spessore del metallo, ma aumenterà di molto anche il peso e i delta dei vari valori che il metallo si porta dietro rispetto al vetro.
E' un gioco di equilibri che si cerca di raggiungere con quello che è possibile usare e che il mercato permette di usare. Certamente potendo avere un telescopio in postazione fissa, una montatura performante e una possibilità di spesa consistente, si ricorrerà ad una tipologia specifica di acciaio che non solo garantisce l'assoluta precisione nella lavorazione a macchina, ma ha anche valori di comportamento termico decisamente migliori.
Una cella cosi' costruita, e con questo spessore nella parte ottica, obbliga anche ad un accurato studio delle deformazioni della medesima rispetto al proprio peso e alle varie posizioni del tubo. Ecco dunque spuntare molti punti di appoggio, a loro volta montati su ponticelli e snodi sferici, insomma una miriade di pezzi meccanici e costruiti secondo un progetto ben definito.
Una meccanica siffatta come si comporta rispetto al disco di vetro? Come si comporta la colonna d'aria che sta sopra la superfice riflettente e che ci da tanto fastidio durante le osservazioni?....

maxproject

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maxproject
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Messaggio da maxproject »

Si è parlato di vetri sottili e di celle per primari realizzate a controllo, e con un rigoroso mantenimento dei pesi a livelli il piu' possibile "amatoriali".
Prima ancora di affrontare la questione del raffreddamento della massa vetrosa, è pero' d'obbligo inserire a quanto detto, la problematica del tubo di supporto.
Se infatti abbiamo fatto una cella per primario con tutti i criteri costruttivi, abbiamo applicato tutti gli accorgimenti tecnici alla massa vetrosa per evitarne deformazioni, per acclimatare il piu' rapidamente possibile la medesima, e fare in modo che segua il delta termico durante la sessione osservativa, rimane da considerare ancora come applicazione collaterale il tubo in cui inseriremo la nostra ottica.
Inutile ripetere quanto già riportato altrove. Resta il fatto che frequentemente i telescopi vengono rovinati da intubazioni molto "spartane" o "pressapochiste", in questi casi si incontrano i soliti problemi: trasmissione di vibrazioni, impossibilità di controllare la massa d'aria dentro il tubo o in prossimità delle superfici vetrose, torsioni e flessioni. Costruire un tubo esente o parzialmente esente da questi problemi, costa e costa molto.
Il classico ripiego con la lamiera calandrata, magari nemmeno rettificata al tornio, è già indice di uno strumento costruito in economia.
Dobbiamo controllare la colonna d'aria sopra il primario in caso di tubo completo ed aperto ad una sola estermità, e questa operazione è estremamente difficile. Quello che a noi importa alla fine è che il telescopio raggiunga un equilibrio termico velocemente e che lo mantenga nell'arco della notte, ma.......come insegna il buon Dargery grande esperto in osservazioni planetarie ad alta risoluzione, già ai suoi tempi (anni 70) ci si rese subito conto che ** anche ** il calore del corpo umano gioca il suo ruolo. Esperimento semplicissimo da fare in casa: avvicinarsi ad uno specchio acclimatato (tipo un 250-300 mm) in bk7 nella stagione invernale, le distorsioni ad alto ingrandimento diventeranno rapidamente visibili, queste distorsioni sono facilmente visibili al banco ottico dove un 500 mm. con uno spessore di 40 mm. si deformava in continuazione con due persone poste a 3 metri di distanza.
In queste condizioni anche la nostra tanto decantata precisione ottica va a farsi benedire.
Vedremo piu' avanti questa problematica e come si puo' attenuare o risolvere.
Tornando al nostro tubo: ci sono dunque alcune possibilità progettuali e ciascun costruttore ci mette la propria fantasia a partire da tubi "inesistenti" , ai truss tube, a tubi interi, a tubi ostruiti. Ogni singolo progetto ha delle prerogative, dei vantaggi e degli svantaggi.
NortheK, col progetto UnitorK, ha scelto l'opzione di eliminare dal tavolo delle discussioni tutte le problematiche di ordine meccanico (torsioni, flessioni, dilatazioni), e di applicare gli accorgimenti migliori, ma pesati in funzione del diametro e della classe dello strumento, per affrontare la tematica del delta termico.
Il prossimo intervento spiegherà questa scelta dal punto di vista meccanico, che è la base per poter poi affrontare l'argomento sotto l'aspetto delle masse vetrose.

Maxproject

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maxproject
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Messaggio da maxproject »

Abbiamo dunque parlato di UnitorK come parte integrante di un progetto globale, al quale si innesta la cella StabilobloK che deve performare, sotto ogni punto di vista e non solo meccanico, con la massa vetrosa.
Avrete notato che UnitorK è disponibile in due versioni: naked (cioè solo il traliccio) e intubato (cioè con l'incameramento tramite un tubo in carbonio sottile). Al di là delle differenze di prezzo, queste due scelte hanno valenze tecniche ben diverse e che si riportano all'oggetto di questa discussione.
Un primario "tutto nudo" soprattutto se sottile ha dalla sua il problema di risentire, e non poco, anche del calore del corpo umano (un test a temperatura ambiente , cioè intorno ai 18°, puo' mostrarvi il fenomeno in tutta la sua potenza devastatrice, semplicemente piazzando lo specchio su di un banco ottico.......), nella versione naked si è cercato di eliminare questo problema proteggendo lo specchio nella parte posteriore con una meccanica a tutta copertura di raggio ben superiore al medesimo dello specchio, insomma uno scudo, che elimina praticamente il problema, d'altro canto la superfice riflettente rimane tranquillamente esposta all'ambiente esterno e quindi meglio segue il delta termico della sessione osservativa. Questa opzione ha una valenza interessante per chi ha postazioni osservative buie o poco disturbate oppure siti protetti. In caso contrario si puo' sempre mettere un telo nero del valore di pochi euro. L'appannamento dei vetri è in questo caso abbastanza controllato proprio perchè non vi sono elementi di disturbo tra interno ed esterno.
La versione intubata è interessante, ad esempio, nel caso non si debba fare alta risoluzione, o nel caso in cui il luogo di osservazione non sia a temperature estremamente basse (in tal caso è opportuno un sistema anti condensazione), oppure in cui si deve utilizzare un sito osservativo disturbato da luci varie. Una accurata costruzione di iperventilazione, che puo' essere ulterioremente migliorata, aiuta molto a mantenere in ordine il nostro specchio, certo bisognerà aver cura di seguire l'acclimatamento e di verificare con attenzione, magari mantenendo accese le ventoline, che questo rimanga nei range stabiliti. I "mezzi tubi" non servono a niente, sono solo un costo in piu'.
Nel sistema di intubazione NortheK si è fatto ricorso a lamierati sottili, ottimizzati per le strutture progettate, ma non si è voluto caricare la cella o il tubo di materiale inutile, che per chi progetta a spanne è una sicurezza, ma per l'utente è fonte di ulteriore disturbo per quanto riguarda l'argomento in oggetto.
Un cella StabilobloK ha uno spessore (inteso come spazio fisico) tra la superfice dello specchio e la base della messa a fuoco di 70-90 mm. , cioè si è cercato di creare fronti d'aria/metallo abbastanza consistenti che con l'aiuto delle ventole vengono rimescolati continuamente, il risultato è decisamente migliore di celle compresse in pochissimi centimetri, che faticano parecchio a far ricambiare aria "usata" con aria fresca (questo lo si fa per avere back focus maggiori, ma come tutte le cose, anche questo ha un prezzo nella pratica).
Termintata questa sommaria esposizione delle motivazioni meccaniche passeremo in un post successivo alla questione del "vetro".
Maxproject

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maxproject
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Messaggio da maxproject »

Abbiamo affrontato in modo molto sommario la parte relativa alla meccanica, ma ora è il caso di considerare con la medesima importanza la parte relativa all'ottica.
Portare alla giusta temperatura di utilizzo e fare in modo che la medesima segue il variare di quella ambientale non è molto semplice.
Ci sono alcune strade da seguire, ciascuna con le proprie problematiche ed i propri costi.
Il primo aspetto riguarda senz'altro la tipologia del vetro utilizzato. Si potrebbe rispondere che vetri a bassissimo coefficente di dilatazione (e alta conducibilità = maggiore rapidità di allineamento alla termica ambientale) sono i piu' consigliati. Dando questa affermazione per scontata, occorre anche confrontarsi con le esigenze del mercato.
Nel caso di NortheK si sono scelti come vetri a basso coefficente di dilatazione i CLEARCERAM-Z (r) di Ohara. Attualmente questo vetroceramico risulta essere molto performante e con le necessarie garanzie di costanza qualitativa. Astrositall pur essendo un ottimo materiale non ha i medesimi standard da lotto a lotto, Zerodur è praticamente difficile da avere. CLEARCERAM-Z è disponibile, puntuale e qualitativamente al vertice.
Ma quando è opportuno utilizzare vetri di così elevata classe (e costo)? Di norma sono caldamente consigliati qualora si voglia una superfice ottica meno rugosa rispetto allo standard, e parliamo qui di lucidature a macchina visto che quelle manuali travalicano di norma i costi accessibili agli astrofili, quando si desideri in ogni caso portare ai massimi livelli di performance il proprio set up ottico, in diametri superiori ai 300 mm. dove la massa vetrosa comincia a far sentire i propri effetti. In particolare in osservazioni ad alta risoluzione questi vetri evidenziano una sostanziele differenza rispetto a quelli piu' economici.
Ma torniamo ad un discorso piu' semplice: salvo richieste diverse NortheK utilizza il piu' economico Suprax di Schott per gli specchi primari e il Pyrex per i secondari (o il medesimo Suprax), questo per tutti i diametri al di sotto dei 350 mm. salvo richieste diverse del cliente.
La motivazione è molto semplice: in masse limitate la meccanica di StabilobloK e di UnitorK riescono già a compensare le minori prestazioni di Suprax, grazie anche al fatto che si mantengono gli spessori molto bassi (tipicamente 25-30 mm.) e quindi minore inerzia termica. Si scarta a priori l'utilizzo del BK7 in quanto non è assolutamente idoneo alla realizzazione di superfici a diffrazione limitata (1/10 pv - 1/30 rms).
Naturalmente piu' vorremo spingere la qualità ottica del nostro specchio piu' sarà indispensabile spostarsi in vetri di classe elevata. Si sa che un vetro a bassissima dilatazione consente un controllo migliore delle termiche in fase di lucidatura e parabolizzazione, e si sa anche che la lucidatura risulta notevolmente migliorata a parità di tempo e materiali utilizzati,
in definitiva piu' cercheremo un RMS elevato piu' costerà non solo il lavoro ma anche il disco di vetro. Oldham Optical riesce a spingere il valore RMS con vetro Suprax fino ad un massimo di 1/40, mentre lo standard è 1/32 circa.
In esecuzioni di altro pregio, come quelle lucidate a mano, crediamo valga la pena di investire un po' di piu' nel disco di vetro, in modo da mettere l'operatore in condizioni di raggiungere facilmente e bene i risultati cercati. La scelta di usare dischi sottili ha il vantaggio di aver poca massa da acclimatare, ma lo svantaggio di renderne la realizzazione e il controllo piu' difficile. Non a caso chi è "zoppo" nella parte meccanica e non si vuole esporre troppo con i fattori di correzione, abbonda smodatamente negli spessori del vetro.
Quindi abbiamo parlato della intubazione, della cella, dei tipi di vetro che si possono utilizzare nel nostro telescopio.
Prossimamente discuteremo come ottimizzare ed aiutare il nostro specchio a performare in funzione delle termiche presenti nel sito osservativo.
Maxproject


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Edited by maxproject on Nov 15, 2008 at 02:55 PM

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maxproject
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Messaggio da maxproject »

Di norma, sia in soluzioni truss tube aperto che a tubo completo, vengono montate sulla culatta del telescopio 3 ventole aspiranti per diametri fino a 350 mm. e 6 ventole per i diametri superiori. Tante ventole (6) perchè sono di piccole dimensioni e perchè non introducono vibrazioni anche in caso di uso durante l'osservazione. La struttura meccanica è ben stabilizzata e i supporti in polimero assorbono bene le microvibrazioni delle medesime.
Lo stesso risultato si otterrebbe con una ventola molto grande o 3 piu' grandi anziche' 6 piccole. A parte che non c'è vantaggio economico nel farlo (si parla di ventole da 4-5 euro), rimane poi il problema ergonomico e degli ingombri oltre che delle vibrazioni con ventole grandi.
Uno dei principali compiti del progettista è anche quello di aiutare la massa vetrosa ad acclimatarsi velocemente e a seguire la curva termica della sessione osservativa.
Ma nulla si puo' fare per quanto riguarda il sito osservativo. Ci sono ancora astrofili convinti di fare alta risoluzione dal balcone di casa.
Questa sera stavamo testando un Dall Kirkham 254 mm f 20. Si trattavano di test meccanici e non ottici visto che già ad occhio si vedevano luccicar le stelle ......... Ci siamo dunque posizionati sul terrazzo da cui abbiamo una buona visuale fin quasi allo zenit e di tutto orizzonte (dallo stabilimento, essendo incassato in mezzo a diversi immobili cio' non è possibile se non allo zenith), Giove e Venere erano ben visibili con un orizzonte sgombro e molto pulito.
Lo strumento è con intubazione truss totalmente aperta, primario in suprax da 25 mm., è stato portato all'esterno circa 3 ore prima della sessione osservativa, già sapendo che serviva a poco, ma tanto valeva provarci.
A parte i settaggi meccanici, tra cui la prova sul campo del nuovo supporto per secondari, ed una modifica al sistema di centratura col cannocchialino Taka (caldamente consigliato in luogo di tutto quel ciarpame che viene venduto e quasi mai funziona), abbiamo anche avuto modo di constatare quanto non solo il seeing del cielo sia importante, ma ovviamente.......anche il punto da dove si osserva.
Le termiche sulla superfice del primario non si sono mai attenuate in 2 ore (a circa 200x e poi a 600x in extrafocale si vedevano molto bene). Il fatto che la superfice vetrosa fosse cosi sotto stress non è da imputare al cielo ma al luogo osservativo: pavimento piastrellato, porte finestre alle spalle, e piano di ulteriore terrazza sopra la testa. Questo test non ha alcun significato in quanto non era lo scopo della sessione osservativa, tuttavia la dice lunga su quanto si deve soffrire per ottenere condizioni osservative decenti.
Le nostre ventole aspiranti devono trovarsi in condizioni di esercizio ottimali. Celle per primari super impacchettate sono deleterie. Per quanto aspirino le ventole il ricambio di aria vecchia con aria nuova è difficile, si rimescolano le due situazioni e non si ha l'estrazione e il rimpiazzo costante e continuo. Del resto il compito primario è quello di demolire costantemente la colonna d'aria calda (nel nostro caso in cui parliamo di vetri sottili) sopra la superfice riflettente del primario. Se cio' non avviene in modo energico e costante tale superfice non raggiungerà mai un equilibrio adeguato. In alta risoluzione questo è fondamentale.

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daniela
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Termiche e problematiche connesse.

Messaggio da daniela »

Ma qual era il divario di temperatura quando hai portato fuori il tele? In ogni caso piu' che le termiche sulla superficie dello specchio, in queste condizioni gioca un ruolo distruttivo il microclima locale e relativa turbolenza. Nel cemento della citta' si incominciano ad avere prestazioni dignitose dopo le 2, le 3.... Le condizioni per far lavorare al meglio un 250mm da hi-res, sul terrazzo, non ci sono mai

Daniela

"L'essenza della liberta' e' la matematica"

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maxproject
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Si come dicevo il telescopio è stato portato fuori 3 ore prima, diciamo che in casa c'erano 20 gradi e fuori al momento della osservazione 10 gradi circa. Il fatto che il sito non fosse adatto lo dimostra il fatto che queste termiche erano presenti, indipendentemente dal punto in cui si puntava il telescopio (per esempio in direzione del tetto di un immobile sottostante, o in direzione del bosco), ed anche slegate all'altezza in cui si puntava (dal quasi orizzonte per venere alla quasi massima altezza raggiungibile per vega).
Maxproject

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maxproject
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Messaggio da maxproject »

I test sono andati avanti, proprio per capire anche quanto e come si comporta nel suo insieme lo strumento nei confronti delle termiche.
Sempre dal solito sito osservativo sfavorevolissimo e assolutamente inadatto a quella configurazione ottica, abbiamo dunque sperimentato il tubo totalmente incamerato nel carbonio.
Con due ore di acclimatamento e temperatura esterna di -4° in fase di star test (ovviamente impossibile per seeing pessimo) era visibile una piuma di calore lieve ma visibile. Scomparsa dopo circa un'ora.
Successivamente, giorni dopo, con le medesime condizioni (temperatura a -3°) ma con ventole accese, e in moto, nessuna piuma di calore. Spegnendo le ventole la situazione è rimasta stabile per oltre un'ora di test.
L'incameramento gioca il suo ruolo dunque, ma le ventole ristabiliscono una situazione ottimale in modo efficace.
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Edited by maxproject on Jan 12, 2009 at 11:32 PM