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maxproject
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Messaggio da maxproject »

Sarebbe estremamente produttivo per noi astrofili riuscire a determinare quanto disturbo qualitativo sia portato dal problema delle termiche ai telescopi amatoriali. Abbiamo considerato telescopi anche di considerevole mole (400-600 mm.) che vengono realizzati con enormi masse vetrose, questo per semplificare al massimo la meccanica, ma - ovviamente come conseguenza tecnica - anche le meccaniche vengono costruite con spessori esagerati e in pratica masse metalliche molto molto importanti.
Avremo quindi due ordini di problemi: la massa vetrosa che non riesce MAI a seguire l'andamento delle termiche relative all'ambiente circostante; le masse metalliche che a loro volta schermano in modo pauroso l'interno del tubo. Questi due problemi sono figli di tecnologie vecchie e obsolete, che ancora oggi vengono proposte al mercato. Una simile concezione costruttiva una volta era giustificata dalla mancanza di tecnologie, oggi non più, e telescopi che potrebbero lavorare molto si trovano mortificati da situazioni molto peggiori di quanto non siano nella realtà.
Maxproject

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maxproject
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Messaggio da maxproject »

Sembrerebbe che nei mesi prossimi maturi una commessa per uno strumento assolutamente lontano dalla norma e quotidianità per l'astrofilo, sia per lo schema un po' desueto, sia per la sua mole impressionante. Approfitteremo di questa commessa per dimostrare fino a che punto si possono dominare le termiche in un telescopio. Sarà un capostipite che farà scuola per molti e che renderà ragione dei nostri concetti tecnici.
Prenderemo gli accordi con il committente appena questi deciderà di affidarci il lavoro e da quel momento inizieremo a descrivere soluzione per soluzione, argomentandola in modo molto serio e tecnico.
Maxproject

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maxproject
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Messaggio da maxproject »

Mentre stiamo mettendo a punto i disegni delle celle da 350 mm. e 600 mm. ci rendiamo anche conto che , nel tema del controllo relativo alle termiche, è necessario tenere ben presenti i comportamenti non solo dei flussi termici ma anche delle relative ventole di aspirazione. Le medesime vanno ovviamente accese fino al raggiungimento dell'equilibrio e poi spente. Ma è veramente impossibile tenerle in funzione (una parte ovviamente) anche mentre si osserva? Non diamo per scontati alcuni dogmi che non vengono affrontati dai più.
Noi sosteniamo che in determinate situazioni e con determinate masse, anche l'abbattimento delle colonne d'aria calda sono possibili durante l'osservazione.
Ci sono accorgimenti abbastanza economici e ben funzonanti che danno risultati di sicuro interesse.
Appena monteremo la cella da 350 mm. metteremo al banco il test per vedere dal reale il comportamento delle termiche, tramite opportune misure di diversi sensori dentro e fuori la cella e sul vetro, interno del disco compreso.
Maxproject

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maxproject
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Messaggio da maxproject »

Telescopi rifrattori.

In questa classe di telescopi non è abitudine dei costruttori intervenire sulla gestione delle termiche interne al tubo e relative ai vetri. Ma dobbiamo prima considerare che possiamo discutere sia degli acromatici a due lenti, dei apo a tre lenti o ai più complessi quadrupletti e anche apo con correttore ecc. Dunque masse vetrose molto variabili come consistenza e spessori in gioco.

Il primo punto è che anche il rifrattore abbisogna del suo acclimatamento. Il tempo non è poco, potremmo dire che senza sbalzi termici enormi possiamo partire da almeno mezz'ora per un piccolo acro a due-tre ore per un apo più complesso ma sempre in diametri modesti.

I costruttori non hanno mai affrontato questo tema, semplicemente perchè cercare di stabilizzare termicamente un rifrattore, vuol dire ripensare a fondo anche la cella di contenimento, il sistema di collimazione e la controcella. Questo si riflette in modo pesante sui costi finali del telescopio, già costoso di per se.

In NortheK abbiamo realizzato il piccolo DP 100 che tante soddisfazioni ci sta dando e che molti fruitori di apo e acro cinesi rivaluterebbero mettendolo fianco a fianco......In questo schema e questo diametro non abbiamo operato con grossi interventi sulla termostatazione, pur avendo il tubo in carbonio (che a detta di fantomatici "guru" della rifrazione è estremamente deleterio). Ora si sta disegnando un primo approccio alla cella del DP150 ben più complesso e sicuramente a livello meccanico, un punto di svolta nella classe dei 150 mm.

Anche la cella sarà incaricata della termostatazione del doppietto e alla medesima saranno assegnati altri compiti gravosi.

continua

Maxproject

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maxproject
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Messaggio da maxproject »

Aggiungiamo solo che per diametri superiori ai 160 mm., nei rifrattori, è necessario utilizzare nelle celle o leghe di alluminio particolarmente indurite (Ergal con trattamento di anodizzazione dura in superfice) o meglio ancora acciaio nelle sue diverse configurazioni.
E' estremamente importante che per doppietti o tripletti pesanti la cella mantenga la sua forma da progetto e non sia soggetta a deformate non prevedibili, che comporterebbero in automatico una variazione del parallelismo dei vari elementi vetrosi impacchettati dentro la medesima.

Ma ritorniamo a strumenti più piccoli, cioè 150 mm. per esempio.

Gestire queste termiche è semplice se si hanno le idee ben chiare di come si comportano le colonne d'aria dentro il tubo e i flussi tra la cella e il doppietto/tripletto. Ci sono semplici accorgimenti da adottare, non ultimo e meno costoso è il corretto disegno e montaggio dei diaframmi interni. Abbiamo già detto che alcuni hanno pedestremente adottato nostri suggerimenti per la costruzione dei loro OTA, vorremmo aggiungere - comunque - che il concetto espresso va sviluppato anche in altre direzioni, non ultima una severa regolamentazione dello scambio termico interno/esterno.

continua
Maxproject

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Granz
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Messaggio da Granz »

Molto interessante questa discussione, purtroppo si parla sempre poco (e male soprattutto) del raffreddamento delle ottiche.
Una domanda: è opinione comune che il tubo aperto sia deleterio all'osservazione, per tutta una serie di motivi ben noti. Per quanto mi riguarda, l'unico problema si pone quando l'aria riscaldata dal nostro corpo passa nel cammino ottico, generando disturbo (molto ben visibile sfocando).. in questo caso è utile usare un telo, o mettersi sotto-vento.
Secondo te, il tubo aperto è più utile o dannoso?
Ciao!

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maxproject
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Messaggio da maxproject »

Ciao Granz, io dico la mia per la mia esperienza personale.

Il tubo aperto (io intendo il truss e penso che anche tu intenda quello, senza nessuna protezione sul disco di vetro o al piu uno spezzoncino di tubo interno), secondo me è l'ideale se devi fare alta risoluzione e magari te ne stai a un paio di metri davanti al pc a fare ripresa.

Non mi metterei mai dietro al dall kirkham o al cassegrain a tubo aperto soprattutto in tele piccoli (250 mm) dove lo scudo presentato dalla culatta c'è ma è piccolo. In quel caso preferisco intubare e via.
Poi certamente molto dipende da come è fatto il tele e da dove si osserva, se comunque uno ha le idee chiare su quello che vuole fare, si consiglia - di solito - la variante più idonea che magari non piace.....pero'.......

Noi in un posto pessimo come il nostro non abbiamo problemi di acclimatamento con il DK 250 f 20 intubato in carbo portandolo fuori un'ora prima e lasciando girare le ventole tutto il tempo. Quando arrivi ad osservare, anche in virtu del vetro da 25 mm, sei a posto con le termiche, resta la turbolenza FUORI dal tubo che non dipende da noi.......

ciao
max

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maxproject
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Messaggio da maxproject »

Ma, ad esempio, consideriamo uno strumento che sta girando tra le leggende metropolitane (nel senso buono), in cui il proprietario ha pensato di far realizzare due spezzoni in carbono honeycomb (lunghi circa due metri cadauno), essendo un 200 mm. acromatico f 20. Di questo strumento si è discusso molto in altri luoghi, cercando di portare ciascuno il proprio contributo. Noi abbiamo sostenuto la nostra tesi:
il carbonio honeycomb non è adatto per questo genere di costruzioni, sopratutto sul tema del controllo delle termiche;
allineare due spezzoni con alla estremità un obiettivo e una messa a fuoco, il tutto mantenuto in asse con una tolleranza di 0,02 mm. è impresa titanica, soprattutto e a causa della struttura dell'honeycomb.
Quello che ci interessa in questo momento è il controllo delle termiche. Sappiamo che il costruttore del doppietto ha un progetto nativo delle celle piuttosto "semplice", quindi così è e così te le tieni, senza poterci intervenire se non rifacendole. Questo è il primo collo di bottiglia che ci taglia un po' le gambe su futuri miglioramenti del progetto generale.
In questi diametri i più rinomati costruttori di rifrattori utilizzano acciai speciali che devono mantenere una buona lavorabilità, e un controllo delle deformate assoluto (cosa che l'alluminio non riesce a fare se il diametro è troppo grande in relazione agli spessori richiesti).
Se pensiamo al problema delle termiche all'interno del tubo (e dimentichiamo il problema di portare tutto in asse), ci rendiamo subito conto che il tubo in honeycomb con le sue belle cellette surriscaldate pone pesanti dubbi sul funzionamento del medesimo, ed è un problema pesante soprattutto se chi usa questo strumento è un cultore della qualità ottica.
Maxproject

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Messaggio da maxproject »

Resta dunque per uno strumento come quello che abbiamo descritto sopra, che il controllo delle termiche è di assoluta e prioritaria importanza, soprattutto perchè si è scelto un sistema alveolare in carbonio che**forse** ci ha risolto il problema del peso, ma di converso ha creato moltissimi problemi di allineamento e un quasi non risolvibile problema di gestione termica.
Non ci vuole molto a capire che un telescopio come questo non potrà essere riposto in cupola, essendo uno strumento amatoriale, stabilizzata per tutto il giorno anch'essa, ma che sarà o riposto in un capanno o ricoperto da un telo. Un cannone che svetta a 4 metri pieno di aria calda e che non vuole saperne nemmeno dopo 5 ore di andare in termica, ventoline o no......
Maxproject

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maxproject
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Messaggio da maxproject »

Sempre in tema di controllo delle termiche, noterete che cerchiamo di non aprire argomenti nuovi ma di proseguire su quelli vecchi in modo da costruire discussioni il più complete possibile, ci agganciamo alla discussione sul DK 350 in cui si è dibattuto su come organizzare un sistema di controllo delle termiche.

Bisogna essere molto chiari su questo argomento. Blasoni non di poco prezzo limitano il loro intervento alla gestione delle ventole di aspirazione e, poi, per dare un tocco di scienza applicano centraline con due o tre sensori termici che ci dicono la situazione termica del tubo. Questo si chiama sistema di controllo passivo.

Se, in strumenti piccoli (fino a 350-400 mm) il controllo passivo è sufficiente, così come sono inutili le varie centraline di reporto a bordo tubo, è anche chiaro che in strumenti più grandi e per determinate applicazioni il cliente può avere l'esigenza di un controllo ATTIVO delle termiche.

Questo processo è consueto nel settore professionale e non solo nei sensori elettronici con criostati adeguati, ma anche nel controllo dei vetri. Occorre una profonda padronanza di questa tecnologia per poter offrire al cliente l'opzione del controllo attivo delle termiche.

Ci sono astrofili che hanno autocostruito sistemi similari, ma ovviamente con i mezzi che sono alla portata di un amatore (seppur bravo) e non ad una azienda che si può permettere sperimentazione e subfornitura da parte di aziende ad alta specializzazione.

Il sistema di controllo ATTIVO delle termiche è un progetto che sta finalmente prendendo forma sul nostro tavolo da disegno, con la serie di opzioni e flessibilità d'uso che sono una prerogativa di primo piano a livello mondiale. Sarà applicabile a molti telescopio anche piccoli NortheK, di serie sulle strutture professionali, upgradabile su telescopi prodotti da altri.

Vorremmo spiegare di più, ma teniamo per ora uno stretto riserbo sull'argomento vista la consistente provvidenza economica necessaria per sviluppare il sistema (che non vogliamo regalare ai nostri stimati concorrenti).

Maxproject

Di tutto questo, o caro lettore, lascio a te l'ulteriore considerazione. Io scendo dall'Ippogrifo; tu, se ti aggrada, puoi continuare la volata.
(G. Schiaparelli)