Autocostruzione: ovvero padronanza della tecnica.

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maxproject
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Autocostruzione: ovvero padronanza della tecnica.

Messaggio da maxproject »

Inizieremo nei prossimi post ad illustrare una bellissima opera del nostro Roberto Milan. Si tratta di una esecuzione di alto livello, che sta a dimostrare come sia necessaria la assoluta conoscenza della materia, quando ci si impegna verso obiettivi di valenza prestazionale.

Questo lavoro sarà poi riepilogato in Argomenti Tecnici.

Tanto per farci capire meglio, il costo del manufatto NON è inferiore ad un prodotto di pari prestazioni costruito da NortheK, e questa è un'ulteriore dimostrazione per i molti che parlano e non sanno, oppure si improvvisano progettisti meccanici, portandosi dietro stupidate senza capo ne coda. I risultati poi si vedono e si conoscono.

Resta molto importante capire che questo progetto è durato anni ed è frutto di molta esperienza, meccanica ed astronomica. Non si è badato a spese e non si sono utilizzati materiali di risulta o da Brico Center. Ogni pezzo ha un suo perchè, come la buona norma richiede e non si sono eliminati elementi per risparmiare qualche euro.

Roberto ha affrontato diverse questioni discusse in questo forum e le ha risolte brillantemente, questo ha avuto un prezzo in termini di massa e di materiali utilizzati. Il risultato è che oggi il telescopio funziona al massimo delle sue potenzialità, a differenza di prima quando il costruttore glielo ha consegnato con il tubo a banana e il secondario incollato.

Buona lettura.
Maxproject

Di tutto questo, o caro lettore, lascio a te l'ulteriore considerazione. Io scendo dall'Ippogrifo; tu, se ti aggrada, puoi continuare la volata.
(G. Schiaparelli)

salvatorelovecchio
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Autocostruzione: ovvero padronanza della tecnica.

Messaggio da salvatorelovecchio »

Allora resto sintonizzato, i lavori di Roberto sono sempre spettacolari.
Sul fatto che con l'autocostruzione (fatta bene) si risparmia è una credenza
che non ha alcun fondamento, specie al giorno d'oggi.
Proprio nei giorni scorsi dicevo a Frank che ho messo tutto da parte proprio
per una questione di costi di gestione, parlo chiaramente delle macchine utensili.

Saluti

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maxproject
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Messaggio da maxproject »

Come ho ricostruito il Dall Kirkham

di Roberto Milan

Sono appassionato in osservazioni di Luna e pianeti da sempre. Le buone condizioni di seeing dal cielo sotto cui osservo mi permettono di osservare molte notti all'anno e questo mi ha spinto ad acquistare, nel Giugno del 2009, dal noto costruttore veneziano Romano Zen, un riflettore Dall Kirkham con ottica in Pirex da 316 mm di diametro con focale equivalente di 6 metri.

Il tubo, in alluminio calandrato di 3 mm di spessore, è lungo 1350 mm e ha un diametro esterno di 350 mm. Internamente sono presenti due anelli, spessi 10 mm, che servono per sostenere il supporto del secondario e la culatta. Su quest'ultima non ci sono le ventole di raffreddamento e lo spazio tra il tubo e la periferia del primario è di soli 15 mm.

Sebbene lo strumento fosse posizionato in un capanno, la turbolenza strumentale, generata da colonne d'aria insistenti nel tubo e da una termostatazione della massa vetrosa difficile da raggiungere, rendeva lo strumento utilizzabile solo per poche notti all'anno.

Le immagini fornite, anche nelle notti di buon seeing, sono meno stabili e incise in confronto con le immagini osservate in contemporanea al rifrattore apocromatico da 150 mm di diametro aperto a f 10.

Di fatto, è inevitabile che più grosso è il telescopio, più il medesimo risenta della turbolenza atmosferica che cancella dettagli che pure sarebbero alla portata dello strumento, ma è anche vero che da sola non può rendere invisibili quei dettagli che un telescopio più piccolo riesce a mostrare in condizioni analoghe.

(segue)


Edited by maxproject on Jun 16, 2014 at 06:02 PM

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maxproject
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Messaggio da maxproject »



La struttura a traliccio del progetto UnitorK 35 con barre in alluminio e totalmente aperto.

Su consiglio di Massimo Boetto, ho sostituito il tubo in alluminio calandrato una con intubazione a traliccio del progetto modulare, UnitorK 35 integrato con il supporto dello specchio secondario AxyS A1. Alla consegna, ho potuto apprezzare pienamente la realizzazione e le finiture della struttura, un serrurier totalmente aperto e con barre in alluminio, (il progetto originale utilizza barre in carbonio) che presenta una lunghezza massima di 1335 mm, una larghezza di 500 mm e un peso complessivo di 18 chilogrammi.

Ogni parte della intubazione è realizzata con materiale idoneo allo scopo cui è destinata. I materiali usati sono lega di alluminio Halo 25, l'acciaio e i tecnopolimeri a matrice autolubrificante.

Una nota molto interessante sono le due barre tipo Losmandy AW 361, robustissime, installate di serie.

Parte integrante del sistema UnitorK è il supporto per specchi secondari AxyS A1, un pezzo meccanico complesso dotato di traslatore orizzontale centesimale con precisione 0,02 mm, montato su nodo sferico in acciaio, di un doppio supporto in lega Halo 25 che impedisce torsioni, anche nel caso di pesanti secondari e di una crociera a tre razze in acciaio inox di 1 mm di spessore che irrobustiscono in modo adeguato tutto il sistema.

Per tutto il 2011 sono stato impegnato nella progettazione e nella realizzazione della culatta, della cella e del paraluce del primario.

Tutti gli elementi sono stati realizzati con leghe di alluminio Anticorodal e Ergal, anodizzato nero, lavorato interamente alle macchine utensili dal pieno e assemblati con cura, prestando particolare attenzione a non introdurre tensioni e stress meccanici dannosi all’ottica.

La fase successiva alla manutenzione prevede l’allineamento di tutti i componenti meccanici del tubo ottico che devono essere assemblati dentro tolleranze meccaniche molto piccole. Questa operazione è fondamentale per poter eseguire successivamente la collimazione ottica e lo star test, poichè vengono esclusi tutti quelli elementi di disturbo che potrebbero disorientare l’osservatore nell’interpretazione delle immagini di diffrazione.

La culatta é inscritta in un complesso sistema meccanico formato dalla cella del primario, il suo paraluce e il fuocheggiatore. E’ collegata e centrata in asse alla struttura UnitorK 35 tramite un accoppiamento meccanico H6/h5 e riscontro frontale. Ha un diametro di 360 mm e uno spessore di 14 mm. Viene bloccata alla struttura UnitorK 35 per mezzo di viti in acciaio inox posizionate a 120° sul riscontro frontale.

(segue)


Di tutto questo, o caro lettore, lascio a te l'ulteriore considerazione. Io scendo dall'Ippogrifo; tu, se ti aggrada, puoi continuare la volata.
(G. Schiaparelli)

Edited by maxproject on Jun 16, 2014 at 06:05 PM

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maxproject
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Messaggio da maxproject »

Parte integrante della culatta è la cella del primario. E’ formata da un canotto portante di 62 mm di diametro e da una flangia di riscontro frontale di 174 mm di diametro, spessa 11 mm. La parte anteriore del canotto presenta un terminale vite accoppiato ad una ghiera madrevite M62 X 1,25, che svolge il compito di antiribaltamento dello specchio primario, mentre quella posteriore ha un terminale cilindrico di 72 mm di diametro e 8 mm di lunghezza, che permette di conseguire l’asse ottico per mezzo di quattro grani perimetrali M5. La flangia di riscontro frontale svolge il compito di blocco-movimento basculante per mezzo di quattro viti a passo fine in acciaio inox con terminale in polimero.

Il canotto portante viene forzato sul disco di vetro per mezzo di cinque o-ring in Viton D.I. 60,05 X 1,78 mm di corda, che sono ubicate e tenute in sede all’interno di gole realizzate sulla superficie del medesimo. In tal modo tutte le sollecitazioni e il peso del vetro medesimo vengono distribuite su tutta la superficie di contatto.

L’ottica è formata da un primario ellissoidale e un secondario sferico. Il primario, a sezione conica, spesso 51 mm e dal peso di 5 chilogrammi, ha una superficie alluminata di 314 mm e una lunghezza focale di 1470 mm. Il secondario ha un fattore di moltiplicazione di 4X e presenta un disco vetro di 85 mm di diametro, spesso 15 mm. L’apertura effettiva del primario è limitata da un diaframma posizionato poco sopra di esso, che la riduce a 310 mm di diametro.

Lo specchio primario viene appoggiato su due dischi in teflon di 90 e 148 mm di diametro, spessi rispettivamente 1 e 4 mm, che consentono di avere un punto di contatto con poco attrito e di interfacciare la superficie piatta con il riscontro frontale della cella.

La parte anteriore del disco di vetro è ammortizzata da un o-ring in Viton realizzato con una corda di 8 mm di diametro inserito all’interno della ghiera di antiribaltamento del medesimo.

Con l’inserimento forzato sul canotto portante, il punto di appoggio rigido e la ghiera di antiribaltamento, tutte le forze vengono livellate deformando solo la parte dell’ottica che viene sempre coperta dal paraluce del secondario e la corretta dilatazione del vetro avviene senza interferire sulla conica.

Per centrare il primario è stato realizzato un disco di riscontro che presenta da un lato, lo stesso diametro dell’ottica (318 mm), sul lato opposto lo stesso diametro del diaframma (310 mm) e al centro un foro filettato M50 X 1,25 realizzato in tolleranza ISO 1. Il disco di riscontro, con il tubo ottico posizionato in verticale e con lo specchio primario inserito sulla cella, viene avvitato sul terminale filettato del 1° modulo del paraluce primario e tramite rotazione coassiale, viene posizionato e bloccato alla distanza di 4 decimi dal disco di vetro sottostante.

Per conseguire l’allineamento del primario, si devono allentare le viti di blocco-movimento basculante della flangia di riscontro e con una chiave a brugola modificata si interviene, con micro regolazioni, sui quattro grani radiali posizionati sul terminale cilindrico del canotto.

(segue)

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maxproject
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Centratura del primario: il disco di riscontro è posizionato alla distanza di 4 decimi dal primario.

Il diaframma, formato da un anello di 350 mm di diametro esterno e 310 mm di diametro interno, viene posizionato sopra il disco di vetro tramite tre distanziatori di 62 mm di lunghezza fissati sulla culatta del telescopio. Per centrare basta eseguire una semplice operazione: con il diaframma appoggiato sopra i distanziatori e con le viti di blocco M5 allentate, si avvita il disco di riscontro sul 1° modulo del paraluce primario tramite rotazione coassiale, si inserisce il medesimo all'interno del foro del diaframma (l'accoppiamento non presenta gioco meccanico) obbligando quest'ultimo a posizionarsi in asse con il tubo ottico. A seguire si chiudono le viti di blocco e si rimuove il disco di riscontro.



Centratura del diaframma: il disco di riscontro è inserito all'interno del foro del diaframma.

La grande lunghezza focale dello strumento, che lo rende particolarmente adatto alle osservazioni visuali degli oggetti del sistema solare ad alti ingrandimenti, mi ha spinto a realizzare, nella primavera del 2012, un “sistema modulare dei paraluce” che mi da la possibilità di osservare alternativamente con un campo di piena luce di 6 e 18 mm sul piano focale.

L’intervento richiede solo 15 minuti, ovvero il tempo necessario per cambiare il paraluce sul secondario, il quarto modulo sul paraluce primario e i diaframmi interno ad esso. I paraluce sono stati dimensionati in modo opportuno per sopprimere la luce laterale, che potrebbe entrare direttamente nel campo dell'oculare.

Il paraluce del primario è stato realizzato in quattro moduli meccanici uniti tra loro tramite un accoppiamento filettato vite-madrevite M50 X 1,25, lavorato in tolleranza ISO 1. Nel suo interno, sono presenti otto diaframmi sostituibili e disegnati a cono di luce. Viene centrato in asse e collegato sulla culatta con il primo modulo, tramite un accoppiamento meccanico H6/h5 e flangia di riscontro frontale di 118 mm di diametro, spessa 5 mm, che svolge il compito di blocco-movimento basculante del paraluce per mezzo di quattro viti a passo fine in acciaio inox con terminale in polimero.




Culatta – cella – specchio primario e 1° modulo paraluce


(segue)





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Edited by maxproject on Jun 17, 2014 at 12:57 PM

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maxproject
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Il paraluce primario, assemblato dei quattro moduli viene orientato a 90° dall’ asse, utilizzando una dima autocostruita a lunghezza variabile, che svolge il compito di misurare la distanza tra la superficie interna del secondo anello di supporto della struttura UnitorK 35 e la superficie cilindrica esterna del quarto modulo del paraluce.

La collimazione è conseguita, quando abbiamo la stessa distanza, a intervalli di 120°, tra le due superfici.



Il paraluce primario assemblato a progetto per osservare con un campo di piena luce di 6 mm sul piano focale.

I due paraluce dello specchio secondario vengono collegati sul supporto AxyS A1 tramite un filetto M86 X 1.

Il supporto viene centrato utilizzando la dima, per misurare la distanza (in corrispondenza degli spider) tra la superficie interna del terzo anello di supporto della struttura UnitorK 35 e la superficie esterna del supporto dello specchio secondario.

L’asse ottico viene conseguito per mezzo di viti in acciaio inox che collegano gli spider al blocco centrale e ai blocchi periferici ancorati sul primo e secondo anello della struttura a traliccio. Gli spider sono posizionati e tensionati rigidamente con viti che tirano e spostano ogni singolo spider su degli archetti ricavati alla fresa.

Lo specchio secondario viene centrato all’interno del barilotto di 90 mm di diametro tramite spessori calibrati e con grani laterali con terminale in polimero sul barilotto di 98 mm. In questo modo, il centro del disco di vetro, che va determinato sul retro del medesimo facendo la media delle misure dei raggi, è posizionato esattamente al centro del perno di supporto che rappresenta idealmente il fulcro di tutto il sistema. La collimazione del secondario viene conseguita per mezzo di viti in acciaio inox con terminale in polimero e sistema di blocco manuale.

Il disco di vetro viene ammortizzato, nella sua parte anteriore, da un o-ring in Viton D.I. 82,22 X 2,62 mm di corda, mentre la parte posteriore, appoggia su un o-ring in teflon D.I. 78,97 X 3,53 mm di corda, che mi consente di avere un punto di contatto rigido e con poco attrito. In tal modo tutte le forze vengono livellate deformando solo la parte del disco di vetro che viene coperto dal diaframma del cerchio di luce realizzato all’interno dei barilotti.


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Il supporto del secondario AxyS A1 assemblato con il barilotto paraluce realizzato per osservare con un campo di piena luce di 6 mm sul piano focale.



Lo specchio secondario, il barilotto paraluce progettato per osservare con un campo di piena luce 18 mm sul piano focale e componente della struttura AxyS A1.

Il fuocheggiatore é un crayford della JMI, mod. EV – 1c, da due pollici di diametro in alluminio anodizzato nero lavorato dal pieno ed è predisposto per il montaggio su telescopi Schmidt – Cassegrain con la filettatura da 2 pollici Witworth. La messa a fuoco ha una escursione di 16 mm, presenta una doppia velocità con demoltiplica 09:01 e contatore numerico della posizione. Un giro della manopola di destra (corsa fine) sposta la posizione del draw tube di 1,62 mm, mentre quella di sinistra lo sposta di 14,7 mm.

Il fuocheggiatore è assemblato con una flangia di interfacciamento basculante che viene collegata sulla culatta del telescopio per mezzo di quattro viti a passo fine in acciaio inox con terminale in polimero, che ne consentono il blocco-movimento durante la collimazione. L’asse ottico viene conseguito utilizzando un collimatore autocostruito, simile a un calibro differenziale, che viene inserito sul draw tube e fatto scorrere, azionando la manopola di corsa fine, all’interno di un diaframma calibrato inserito sul primo modulo del paraluce primario. Il centraggio è raggiunto quando il collimatore si muove e ruota liberamente a 360° sul foro del diaframma calibrato in modo uniforme per tutta la corsa del draw tube.

Parte integrante del fuocheggiatore è il supporto per la rotazione a 360°. E’ formato da quattro componenti meccanici assemblati tra loro, di cui due sono rotanti. Il movimento è conseguito tramite un accoppiamento meccanico H6/h5 stabilizzato con due cuscinetti assiali a rullini SKF AXK 5070 contrapposti tra loro e precaricati in modo tale che la loro posizione relativa non si modifichi durante il movimento. Il fuocheggiatore viene bloccato nella posizione desiderata da tre volantini a testa zigrinata. Durante e dopo la rotazione non si evidenziano flessioni e disallineamenti che potrebbero scollimare il treno ottico durante l’osservazione. A titolo di esempio, Giove osservato a 860 ingrandimenti con un oculare ortoscopico di 7 mm di focale, senza interporre il diagonale, rimane al centro del campo visivo dell’oculare nonostante il fuocheggiatore sia ruotato liberamente a 360°.




Culatta - flangia basculante e fuocheggiatore.

(segue)


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Edited by maxproject on Jun 17, 2014 at 12:59 PM

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maxproject
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Il fuocheggiatore, integrato del supporto di rotazione a 360°, è collegato alla culatta tramite la flangia di riscontro frontale. Si noti il giunto flangiato che collega il diagonale prismatico Zeiss sul fuocheggiatore.

Salvo modifiche strutturali, l’asse ottico della culatta, del gruppo fuocheggiatore, del paraluce primario e del supporto dello specchio secondario, è stabilmente conseguito, poiché questi elementi, essendo solidali alla struttura UnitorK 35, mantengono la loro posizione relativa.

Gli accessori vengono inseriti sul tubo ottico tramite un giunto meccanico formato da due raccordi flangiati accoppiati, con tolleranza di lavorazione H6/h5, in modo non permanente da due volantini M 5. Il raccordo flangiato di interfacciamento, che è stato inserito e bloccato in modo permanente da sei grani perimetrali all’interno del draw tube, viene accoppiato al raccordo flangiato integrato con gli accessori. Quest’ultimo è dotato di un terminale filettato M42 X 0,75 e di un diaframma intercambiabile disegnato a cono di luce.

Il riscontro frontale e l’accoppiamento meccanico di precisione consentono una perfetta ortogonalità degli accessori, mentre il terminale filettato conforme al Sistema Astro T2 consente di adattare qualsiasi accessorio da 31,8 mm o 2 pollici.

La collimazione preliminare dello strumento viene eseguita utilizzando un collimatore autocostruito simile al Cheshire, mentre per la collimazione fine, (start test) che viene eseguita in cinque fasi, vengono impiegati oculari ortoscopici, il diagonale a 45° e il visore binoculare. Nella prima fase, l’immagine di diffrazione della stella di riferimento viene osservata direttamente all’oculare, (senza inserire accessori intermedi nel treno ottico) con ingrandimenti compresi fra 600 e 1200X. Nella seconda fase si esegue il ribaltamento del tubo ottico dall’altra parte del meridiano. Questa operazione è molto importante, poiché ci consente di verificare se durante il movimento i componenti ottici e meccanici hanno rispettato la loro posizione relativa.

Nella terza fase si ripete lo start test con le stesse modalità operative della prima fase.

Nella quarta fase, lo start test viene eseguito con il diagonale a 45° inserito nel treno ottico, con ingrandimenti compresi fra 600 e 1200X.

Nell’ultima e quinta fase, la figura di diffrazione della stella di riferimento viene osservata con il diagonale prismatico a 45° integrato con il visore binoculare e tre coppie di oculari ortoscopici, con ingrandimenti compresi fra 480 e 860X.

Dopo questa lunga trafila operativa, semplice da eseguire, ma che può impiegare una serata, il telescopio è finalmente pronto all’uso. A quando la prossima collimazione? Dopo e solamente a fronte di una manutenzione, come ad esempio la pulizia dell’ ottica, che in genere viene eseguita una volta l’anno.

Avere un telescopio ben costruito vuol dire anche poterlo usare senza problematiche. Non è forse questo un vantaggio? Coloro che eseguono la messa punto dello strumento ogni qualvolta viene utilizzato, dovrebbero meditare.


(p.s. nota di NortheK: da questo ragionamento sono esclusi coloro che sono itineranti e asseriscono di non collimare mai il telescopio, magari Made in China).


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(G. Schiaparelli)

Edited by maxproject on Jun 17, 2014 at 01:00 PM

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maxproject
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Il controllo diurno della collimazione viene eseguito con un collimatore autocostruito.

Gli astrofili che utilizzano telescopi pesanti e di leva consistente su montatura equatoriale alla tedesca, devono prestare attenzione al bilanciamento del tubo ottico sulla medesima. Questa operazione è fondamentale, poiché ci consente di mantenere nel tempo l’efficienza meccanica della montatura e assicura un preciso inseguimento della motorizzazione. Tuttavia, se è relativamente facile posizionare alla distanza opportuna il contrappeso sull’asta per bilanciare lo strumento in ascensione retta, non lo è altrettanto far scorrere la slitta sul morsetto per bilanciare il medesimo in declinazione.

Per eseguire questa operazione in tutta sicurezza, é stato realizzato un congegno meccanico a traslazione, con lettura della posizione, che trasforma il moto rotatorio mediante vite conduttrice in un movimento lineare. Il moto, fluido e senza gioco anche durante l’inversione, viene conseguito per mezzo di un accoppiamento vite – madrevite, integrato con due cuscinetti assiali a sfera SKF BA6, contrapposti fra loro e precaricati. Collocato tra la slitta Losmandy AW 361 e il morsetto, é la soluzione ottimale per spostare anche di pochi millimetri il telescopio in declinazione e per impedire improvvisi scivolamenti della slitta.



Il congegno meccanico utile per eseguire il bilanciamento in declinazione collegato tra la slitta Losmandy e il morsetto.



Il congegno meccanico utile per eseguire il bilanciamento in declinazione .

La montatura equatoriale autocostruita ha una portata complessiva di 160 chilogrammi e può sostenere un tubo ottico fino a 600 mm di diametro. Per osservare in alta risoluzione e per l’imaging degli oggetti del sistema solare non serve una montatura sofisticata, e’ indispensabile una montatura solida e realizzata secondo i canoni della meccanica di precisione. I materiali impiegati sono l’acciaio C 40, l’acciaio AISI 316 e l’alluminio Anticorodal.

Le basi, spesse rispettivamente 14 e 17 mm, hanno un diametro di 240 mm e consentono la regolazione fine in azimut di +/-10°. I due montanti in acciaio C40 di spessore 20 mm, sostengono il supporto dell’asse orario tramite due perni di 40 mm di diametro che sono integrati sul medesimo. I due volantini anteriori svolgono il compito di serrare o allentare l’accoppiamento perno - boccola per consentire la regolazione fine della latitudine (40° – 50°), mentre quelli posteriori, quando viene ripristinato il serraggio, rendono il tutto come un unico corpo che scarica le forze sull’ampia superficie d’appoggio dei due montanti. Il movimento degli assi in ascensione retta e declinazione e’ affidato a due cuscinetti per asse a rulli conici della SKF tipo Explorer, con esecuzione CL7C: quelli posizionati in AR hanno dimensioni di 60 X 125 X 37 mm, mentre quelli in DEC misurano 45 X 95 X 29 mm. Le ruote dentate in bronzo B 14 hanno un diametro di 180 mm con 240 denti e durante il moto vengono bloccate dall’ alto. Non sono protette da un carter, ma questa scelta insolita, rende possibile in qualsiasi momento di sostituirle con altre di diametro maggiore, anche fino a 250 mm. Le viti senza fine hanno un diametro di 30 mm e sono movimentate su cuscinetti a sfera. La motorizzazione prevede il sistema di puntamento elettronico FS2 a 30 V. Il peso della testa equatoriale e’ di 82 Kg.




La montatura equatoriale autocostruita.

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